Bolgheri… forever
“I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr…”
Comincia così la famosissima poesia Davanti San Guido di Giosuè Carducci, primo autore italiano a ricevere il premio Nobel per la letteratura nel 1906; proprio in questi versi viene celebrato l’indimenticabile viale dei Cipressi, strada lunga quasi cinque chilometri che collega il settecentesco oratorio di San Guido al centro storico di Bolgheri.
La “Cena dei Mille”
Bolgheri è una frazione del comune italiano di Castagneto Carducci, in provincia di Livorno, un territorio che si affaccia sul mare dal clima mite e ventoso, ma è anche un vino di qualità prodotto in quelle zone che esattamente trent’anni fa ha ricevuto la denominazione di origine.
Il 4 settembre di quest’anno lungo il famoso viale carducciano si è festeggiato questo traguardo con una tavola imbandita lunga un chilometro che ha accolto circa 1.200 invitati arrivati da tutto il mondo, serviti da 140 camerieri e 160 sommelier: 39 le aziende presenti e 43 i vini in assaggio, 17 dei quali campioni da botte. Una cena sotto le stelle “a lume di candela”, dove lo sguardo ammaliante della luna ha attorniato i commensali rendendo ancor più magico l’evento.
Una lunga storia che parte dagli Etruschi
La viticoltura associata a questi luoghi, uno dei più antichi insediamenti europei, ha radici storiche che risalgono all’VIII a.C. con gli Etruschi. Questa zona, in seguito, occupata dai romani seguì il destino di questo popolo prima in ascesa e poi in caduta per arrivare nel VI sec. d.C. nelle mani dei Longobardi e proprio da una delle loro nobili famiglie nacque il capostipite della stirpe della Gherardesca: Walfredo.
A difendere questi luoghi da attacchi provenienti dal mare c’era una popolazione di origine bulgara (i Bulgheri, appunto) alleati dei Longobardi da cui si ipotizza l’origine del nome della regione.
Zona da sempre paludosa a cui sono state effettuate periodiche bonifiche che, se non continue, riportavano il territorio allo stato iniziale.
Si deve attendere il 1600 perché i Conti della Gherardesca decidessero di provare a dare un nuovo impulso all’area, iniziando tra le altre cose, a piantare i primi vigneti pianeggianti nelle zone di San Guido e di Belvedere.
Guidalberto della Gherardesca
Il personaggio chiave vissuto a cavallo tra 1700 e 1800 fu Guidalberto della Gherardesca, che avviò in questa regione iniziative vitivinicole moderne (a quell’epoca), ristrutturando i vigneti del tempo e delineando un primo disegno di ciò che sarebbe diventato il territorio attuale solo dopo aver fatto prosciugare nuovamente e definitivamente questi luoghi.
Ma Guidalberto viene ricordato maggiormente per aver fatto piantare i famosi cipressi che decorano ancor oggi il celeberrimo viale, oggi monumento nazionale, con l’intento di abbellirlo. Inizialmente l’impianto ebbe una buona risposta e ciò incoraggiò a proseguire nella messa a dimora. Sembra che nel tempo in cui Carducci abitò a Bolgheri (1838-1848), il tratto non era ancora stato ultimato e proprio i versi del poeta hanno spinto a terminarlo. Così nacque “Il Viale dei Cipressi”, dove oggi se ne contano 2540.
Ma a fine del 1800 cominciarono ad arrivare i primi problemi: oidio, peronospora, ma soprattutto fillossera. La viticoltura, che a Bolgheri da circa due secoli stava diventando sempre più fiorente si azzerò quasi completamente.
Tutto ricomincia o comincia in maniera diversa nella prima metà del secolo scorso.
A mia memoria, mai contestualmente uno specifico anno e una unione di casate è stata così importante nella creazione di una icona.
I Marchesi Incisa della Rocchetta e Antinori
Era il 1930 quando il Marchese Mario Incisa della Rocchetta, piemontese da un lato e romano di discendenza Chigi dall’altro, sposa la Contessa Clarice della Gherardesca. Nello stesso anno il Marchese Niccolò Antinori sposa Carlotta, la sorella di Clarice.
Gli Incisa erano allevatori di cavalli da corsa, mentre gli Antinori si occupavano di vino dal 1385, anno in cui Giovanni di Piero Antinori entrò a far parte dell’Arte Fiorentina dei Vinattieri.
Inizialmente Mario e la moglie vissero a Roma per realizzare il loro sogno di allevare cavalli a ma intorno agli anni Quaranta Clarice ereditò una proprietà a Bolgheri che apparteneva alla sua famiglia da sempre e la coppia decise di tornare in Toscana per gestire la proprietà: Tenuta San Guido intitolata all’antenato di Clarice, Guido della Gherardesca, vissuto tra l’XI e il XII secolo e beatificato nel 1788, comunemente invocato come santo.
Il Sassicaia
Mario, quindi, arrivato in Toscana, oltre a far costruire stalle per i cavalli, ha l’idea di cominciare a produrre vino. Il marchese amava il vino rosso ed era un grande appassionato di quello di Bordeaux, ma in questo periodo in cui era in atto il secondo conflitto mondiale, risultava sempre più difficile procurarselo. Decise, quindi, di far arrivare barbatelle di cabernet franc e cabernet sauvignon proprio dalla rinomata zona francese e piantarle in questi luoghi, per produrre vino solo per sé e i suoi familiari, anche perché non era capito dagli abitanti del posto. Mario chiamò questo vino “Sassicaia”. I terreni su cui crescono questi vigneti, ad un’altitudine che raggiunge al massimo i 300 metri s.l.m., hanno una esposizione a Ovest/Sud-Ovest e una forte presenza di zone calcaree ricche di galestro, nonché di sassi e pietre: da qui il nome del vino.
Nonostante gli sforzi, quel vino non era quello che Mario voleva, quindi, chiese al cognato Niccolò Antinori, che il vino lo sapeva fare da generazioni, di aiutarlo nell’impresa. Nel 1962 Piero Antinori (all’epoca aveva solo 20 anni), fu mandato dal padre Niccolò in aiuto allo zio, accompagnato dal loro giovane enologo, Giacomo Tachis. I due intuirono subito il potenziale della zona e quello del nuovo vino e, con l’introduzione della barrique, il Sassicaia in pochi anni passò da vino a tavola (che non piaceva) a vino riconosciuto a livello internazionale.
La prima annata di Sassicaia fu la 1968, che fu immessa sul mercato solo nel 1972: 3.000 bottiglie. L’anno dopo, così come il 1973, questo vino non fu imbottigliato: unici due episodi accaduti finora.
La consacrazione e la nascita del mito
Fu Luigi Veronelli a farlo conoscere agli italiani, ma l’episodio che ne ha decretato il destino è stata una degustazione alla cieca di Decanter a Londra fatta da Clive Coates, Hugh Johnson e Serena Sutcliffe, che erano tra i più importanti assaggiatori di vino del mondo dell’epoca: il Sassicaia fu considerato il Cabernet più buono al mondo tra quelli presenti (33 vini provenienti da 11 paesi diversi). In seguito, i MW Serena Sutcliffe e David Peppercorn dichiararono: “Noi crediamo che il Sassicaia sia una delle più grandi creazioni vinicole del secolo”.
Con l’annata del 1985 il Sassicaia raggiunse l’apice della classifica con l’assegnazione dei 100 punti di Robert Parker, traguardo raggiunto per la prima da un vino italiano: Robert lo definì “ultraterreno”.
I Super Tuscan
Mentre nasceva il mito Sassicaia, Antinori e Tachis lavoravano in parallelo alla creazione di un altro vino nella zona del Chianti: Tignanello, dal nome della tenuta (che a sua volta potrebbe derivare dalla divinità etrusca Tinia, l’equivalente di Zeus), anch’esso affinato in barrique francesi. Il primo Tignanello uscì nel 1971 e stravolse il Chianti. Ma Antinori aveva ancora da stupire e nel 1978 nacque il Solaia, termine derivante dalla collina più assolata del vigneto da cui provenivano le uve.
Nel frattempo, il prezzo di questi vini sul mercato saliva sempre più e gli acquirenti stranieri, soprattutto inglesi, non capendo perché questi “vini da tavola” avessero una qualità oltre che un prezzo superiore a quella delle denominazioni famose del tempo, considerandolo il solito “pasticcio all’italiana”, li cominciarono a chiamare Super Tuscan.
In origine i Super Tuscan erano Sassicaia, Tignanello e Solaia. Nel 1985 si sono aggiunti l’Ornellaia e il Masseto: tutti etichettati come “vini da tavola”.
L’Ornellaia fu creata nel 1981 a Bolgheri dal Marchese Lodovico Antinori, cugino di Piero Antinori, ma dal 2005 la tenuta è di proprietà dei Frescobaldi, viticoltori da 700 anni, così come il Masseto, la cui prima produzione è datata 1986 e recava la sola denominazione “Merlot” cambiata poi nel 1987.
Nel 1983 il Marchese Mario Incisa della Rocchetta muore e nello stesso anno fu approvato il primo Disciplinare di tutela dei Vini Bolgheri, solo bianchi e rosati. Dobbiamo attendere il 1994 perché vengano aggiunti i rossi alla DOC che, tra l’altro, utilizzavano in blend uve come Cabernet e Merlot. Contestualmente, per il successo planetario del Sassicaia, viene creata una sottozona DOC solo per questo vino.
Nel frattempo, Piero Antinori, che dal 1971 al 1989 aveva avuto l’incarico di distribuire per gli Incisa il Sassicaia, liberatosi da questo compito poté dedicarsi a un vino per sé e proprio in questa zona fu creato Guado al Tasso, tanto che la prima annata del vino è la 1990. Vino dal nome abbastanza bizzarro: sembra che un giorno mentre Piero passeggiava con le sue tre figlie nella sua tenuta abbia visto camminare un tasso con tre figlioli, così in ricordo della zona paludosa e dell’evento con l’animale ha chiamato il vino in questo modo.
Il Consorzio di Tutela
Nel gennaio 1995 venne fondato il Consorzio per la Tutela dei vini DOC Bolgheri e fu nominato Presidente il Marchese Nicolò Incisa della Rocchetta che lo è stato fino al 2013, anno in cui ha rinunciato in favore di Federico Zileri Dal Verme, anch’egli discendente per via materna dai Gherardesca, proprietario della tenuta “Castello di Bolgheri”. Nell’ottobre 2019 è eletta quale terzo presidente nella storia del Consorzio Albiera Antinori, figlia di Piero. Oggi Bolgheri conta 1.365 ettari di territorio con 73 produttori e nel 2023 sono state prodotte 6.700.000 bottiglie.
Bolgheri è una zona bellissima legata ai Gherardesca, agli Incisa, agli Antinori e a moltissimi altri produttori.
Ci sarebbe molto altro da dire ma non è questo il luogo né il tempo. Di una cosa sono certa, cioè che di questa storia è stato scritto solamente il primo capitolo di una lunga meravigliosa serie.
Photo Credits: foto n. 1 di Christian Dübendorfer su Unsplash; foto n. 3 di Bolgheri DiVini; foto n. 4 di Peter Steiner 1973 su Unsplash; foto n. 6 di Marco Giuseppe Timelli su Unsplash.