L’industria vinicola di fronte alla crisi: un avvertimento anche per l’Europa
Tra strategie miopi e attacchi interni, il settore vinicolo rischia di aggravare la crisi anziché affrontarla. Un’analisi che riguarda da vicino anche i viticoltori europei.
L’industria vinicola, a livello globale, sta attraversando un periodo di difficoltà. A rifletterci sono Jennifer & Paul Tincknell, sul proprio sito. Dal 2018, le vendite sono in calo, con un breve rimbalzo durante la pandemia seguito da un nuovo declino. Le cause sono molteplici e interconnesse: la riduzione del consumo di alcol tra i giovani, le campagne neo-proibizioniste, la concorrenza di altre bevande, la consolidazione del settore e, non ultimo, l’impatto dei cambiamenti climatici. Mentre alcuni si aggrappano alla “buona notizia” che i consumatori, pur comprando meno, spendono di più per bottiglie di fascia alta, l’inflazione e l’aumento dei costi di produzione erodono i margini di profitto, mettendo a dura prova la sostenibilità economica di molte aziende. “I prezzi delle uve non sono aumentati in modo proporzionale ai costi”, afferma Jeff Bitter di Allied Grape Growers, sottolineando come i viticoltori siano spesso costretti a sacrificare la propria redditività.
E l’Europa? Seppur con alcune differenze, le sfide che l’industria vinicola statunitense si trova ad affrontare riguardano da vicino anche i viticoltori europei. Anche nel Vecchio Continente, infatti, si registra un calo dei consumi di vino, soprattutto tra le giovani generazioni, e la concorrenza di altre bevande, come birre artigianali e cocktail, si fa sempre più agguerrita. Inoltre, l’aumento dei costi di produzione, legato all’inflazione e alla crisi energetica, sta mettendo a dura prova la redditività delle aziende vinicole, spingendole a cercare soluzioni per ridurre le spese e aumentare l’efficienza. Anche in Europa, la questione della sostenibilità ambientale è sempre più centrale, e i consumatori sono sempre più attenti all’impatto delle loro scelte sull’ambiente.
Di fronte a questa crisi, l’industria vinicola, sia negli Stati Uniti che in Europa, sembra adottare strategie controproducenti. Invece di affrontare le cause profonde del calo della domanda, si concentra sulla riduzione dei vigneti, una soluzione miope che non risolve il problema e rischia di favorire ulteriormente la concentrazione della proprietà nelle mani dei grandi gruppi. Inoltre, i grandi produttori, anziché sostenere i viticoltori locali, spesso ricorrono all’importazione di vino sfuso a basso costo, mettendo in difficoltà le piccole e medie aziende e contribuendo alla sovrapproduzione. Sul fronte del marketing, le campagne promozionali ignorano la necessità di attrarre nuove fasce di pubblico, in particolare tra i giovani, e si concentrano sui consumatori esistenti, con messaggi spesso elitari e poco efficaci. A questo si aggiunge la tendenza a denigrare i prodotti innovativi che piacciono ai consumatori, come i vini dolci, frizzanti o a bassa gradazione alcolica, e a diversificare la produzione verso bevande a basso contenuto alcolico o analcoliche, spesso di qualità deludente.
Un settore frammentato e autoreferenziale
L’industria vinicola, sia negli Stati Uniti che in Europa, è caratterizzata da una forte frammentazione, con la presenza di grandi produttori di massa e piccole e medie cantine premium. Manca un’organizzazione unitaria che promuova il vino a livello nazionale e internazionale, e le campagne di marketing spesso si rivolgono a un pubblico già fidelizzato, con messaggi elitari e poco efficaci. Questo atteggiamento autoreferenziale rischia di allontanare i consumatori, soprattutto le nuove generazioni, che cercano prodotti autentici, accessibili e in linea con i propri valori.
Un invito al cambiamento
Invece di adottare strategie miopi e autolesioniste, l’industria vinicola dovrebbe cambiare rotta. Dovrebbe promuovere il consumo responsabile del vino, come accompagnamento al pasto e momento di convivialità, ed educare i consumatori sul vero costo di un buon vino, prodotto nel rispetto dei lavoratori e dell’ambiente. Dovrebbe aprirsi all’innovazione, accogliendo nuovi prodotti, packaging e occasioni di consumo, e celebrare la varietà dei vini, senza pregiudizi verso stili o gusti diversi. Infine, dovrebbe collaborare con altri settori, come produttori di birra, sidro e distillati, per promuovere la cultura del bere responsabile e ampliare la base di consumatori.
Solo così, l’industria vinicola potrà superare la crisi e garantire un futuro prospero a questo settore millenario. Altrimenti, a vincere saranno forze esterne al settore, che trasformeranno i vigneti abbandonati in terreni edificabili o in colture più redditizie.