L’arte incontra l’alcol: una strategia per conquistare i giovani?
Tra collaborazioni con artisti di fama internazionale e installazioni in cantina, i brand di alcolici cercano di sedurre la Generazione Z, sempre meno incline al consumo di alcol. Max Berlinger ne parla sul New York Times.
Nell’effervescente mondo dell’arte e del lusso, un nuovo connubio sta prendendo piede: quello tra alcol e arte. Dom Pérignon, iconica maison di Champagne, ha recentemente organizzato un party esclusivo alla Brant Foundation di New York, celebrando la sua partnership con l’eredità artistica di Jean-Michel Basquiat. Tra opere d’arte e bottiglie in edizione limitata, attori, modelle e influencer hanno brindato all’insegna di un connubio che mira a superare la semplice esperienza del consumo.
“Le persone cercano qualcosa di più della semplice consumazione“, afferma Jacques Giraco, managing director di Dom Pérignon. “Vogliono un’esperienza totale, che susciti emozioni e crei un legame più forte con il brand”.
Questa strategia non è nuova, ma acquista oggi un significato particolare, in un contesto in cui la Generazione Z si mostra sempre meno interessata all’alcol e più attenta a esperienze culturali e artistiche. Inoltre, l’incertezza economica rende i vini e i distillati di lusso un bene “non essenziale” per molti consumatori.
Ecco allora che nascono collaborazioni tra brand di alcolici e artisti di fama internazionale. Qui Tequila ha lanciato una serie di bottiglie in edizione limitata con etichette disegnate da KAWS, mentre Glenfiddich ha collaborato con l’artista di strada André Saraiva per il packaging di un suo single malt.
I prezzi di queste edizioni limitate possono raggiungere cifre stellari. Daniel Arsham ha creato una “capsula del tempo” in resina per una bottiglia di Moët & Chandon, venduta a 28.000 dollari, mentre Hennessy ha collaborato con lo scultore Jean-Michel Othoniel per due decanter in cristallo Baccarat, il cui prezzo arriva a 38.000 dollari.
“Questi brand non vogliono essere solo produttori di alcolici“, spiega Guy Wolfe di IWSR, società di analisi del mercato degli alcolici. “Vogliono posizionarsi allo stesso livello di brand di lusso come Louis Vuitton, Chanel e Dior”.
L’arte diventa quindi un modo per differenziarsi e creare valore aggiunto. “Il settore è saturo di collaborazioni con celebrity”, afferma Medhat Ibrahim, fondatore di Qui Tequila. “Noi volevamo qualcosa che offrisse un valore superiore al consumatore”.
Ma l’arte non si limita alle etichette e al packaging. Alcune aziende stanno trasformando le loro sedi in veri e propri musei. La nuova area visitatori di Ruinart a Reims, in Francia, è stata progettata dall’architetto giapponese Sou Fujimoto e ospita sculture di Eva Jospin e Pascale Marthine Tayou. In California, la cantina Donum Estate espone oltre 60 sculture contemporanee nei suoi vigneti, tra cui opere di Doug Aitken, Tracey Emin, Louise Bourgeois e Keith Haring.
“L’arte è un ottimo modo per connettersi con un pubblico colto“, afferma Fabien Vallérian, direttore arte e cultura di Ruinart. “È visiva, emotiva e immediata. Ti piace o non ti piace, ma reagisci sempre”.
L’obiettivo è quello di creare un’esperienza a 360 gradi, che vada oltre il prodotto e racconti una storia. E in un’epoca in cui l’attenzione dei giovani è sempre più difficile da catturare, l’arte può essere la chiave per aprire nuove porte e creare un dialogo con le nuove generazioni.