Alla scoperta della Biblioteca Internazionale “La Vigna”

L’“Opus ruralium commodorum” (Pietro De Crescenzi, Strasburgo, 1486) è il primo trattato di agronomia d’Europa. “Opera” (Bartolomeo Scappi, Venezia, 1596) è considerato invece il primo trattato di gastronomia moderna, scritto da colui che fu il cuoco di papa Pio V. Contiene quasi 1.000 ricette. “De naturali vinorum historia” (Andrea Bacci, Roma, 1596) è il testo più importante che sia mai stato scritto sull’enologia. Luogo per luogo, Bacci descrive le varietà di viti, le tecniche viticole ed enologiche, i metodi di conservazione e le loro caratteristiche. “Bacco in Toscana” (Francesco Redi, Firenze, 1685) è un componimento poetico che celebra i vini toscani. “Ampelographia” (Philippo Jacobo Sachs, Lipsia, 1661) è una formidabile raccolta di quanto gli studiosi scrissero sulla vite fino al 1100. “Ampelografia italiana” (Torino, 1879) è il censimento di tutte le uve del Belpaese voluto nella seconda metà dell’Ottocento dal Ministero dell’Agricoltura e del Commercio Italiano. Il compito di illustrare il volume fu affidato al giovane pittore Giuseppe Falchetti che, per 27 anni, ogni autunno andò in tutte le regioni d’Italia per ritrarre i vari tipi di uva. Le illustrazioni sono meravigliose, sembra di poter toccare quegli acini colorati. Quasi fossero disegni in tre D. Già questi pochi libri valgono la visita alla Biblioteca Internazionale “La Vigna” – Centro di Cultura e Civiltà Contadina di Vicenza, il più importante punto di riferimento per le ricerche ampelografiche a livello mondiale. Sono circa 2.700 i libri antichi, sono di grande valore, pertanto sono conservati in un caveau, e per consultarli sono previste alcune precauzioni come l’utilizzo di guanti e l’affiancamento del personale della biblioteca. Ma nelle stanze di palazzo Brusarosco (Contrà Porta Santa Croce a Vicenza), restaurato tra il 1962 e il 1965 dall’architetto veneziano Carlo Scarpa, di volumi, principalmente dedicati alla viticoltura ed enologia, se ne contano ben 62mila, databili tra il XV secolo e i giorni nostri, scritti in tutte le lingue del mondo: dall’inglese al tedesco, dall’arabo all’aramaico, dal cinese al giapponese, fino all’afrikaans, lingua ufficiale del Sudafrica e della Namibia. La biblioteca è il dono di un vicentino illuminato, Demetrio Zaccaria, classe 1912, uomo dai mille interessi.



Un archivio immenso
“Il pregio di questa biblioteca è che il fondatore è riuscito a concentrare in un unico luogo la maggior parte delle opere pubblicate sulla viticoltura e sull’enologia. Quando si rende conto di aver comprato tutto quello che si poteva comprare, allora allarga la sfera di interesse a tutto l’ambito delle scienze agrarie. Ci sono testi su temi specifici come la coltivazione della patata e dell’olivo, l’allevamento delle api, la produzione dell’olio e del miele, fino ad arrivare alla gastronomia, come dire dalla terra al piatto. Quando Zaccaria muore nel 1993, i libri sono 30mila, da allora sono più che raddoppiati, grazie a ulteriori acquisti e a donazioni”, spiega Alessia Scarparolo, responsabile archivio storico e comunicazione.
Oltre alla collezione generale iniziata da Demetrio Zaccaria e costantemente aggiornata dopo la sua morte, la Biblioteca ha acquisito nel corso degli anni alcuni fondi speciali: il Fondo Caproni con libri di scienze agronomiche; il Fondo Fagiani, dedicato a storia economica e realtà contadina; il Fondo Cerini, una raccolta di circa 1.400 volumi a stampa, databili fra il Cinquencento e il Novecento, tutti di enogastronomia e culinaria, raccolti dal visconte Livio Cerini di Castegnate, ex proprietario del fondo, uno dei più grandi scrittori di libri culinari del Ventesimo secolo, e per questo definito il “Galileo Galilei della cucina”; il Fondo Galla dedicato alla caccia; il Fondo Pelle su materie prime e cucine regionali. Molto interessante anche il Fondo Laverda macchine agricole che, attraverso 27mila fotografie d’epoca e video che hanno il sapore dell’Istituto Luce, documenta la vita della fabbrica e dei suoi protagonisti, gli stabilimenti e i reparti, le attrezzature, i prodotti. La Laverda Spa fu l’azienda fondata da Pietro Laverda nel 1873 a San Giorgio di Perlena (Vicenza), leader nel settore delle mietitrebbiatrici. Anche se oggi il marchio non esiste più, molte macchine agricole, prodotte negli anni Cinquanta e Sessanta, continuano a essere operative.


La straordinaria storia di Demetrio Zaccaria
Pilota d’aviazione, volontario nel conflitto abissino (1935-1936), Demetrio, intravvedendo le potenzialità che le nuove colonie avrebbero offerto agli italiani, nel 1937 si stabilì nella capitale etiope, Addis Abeba e, con il fratello Antonio, costituì una ditta di trasporti: portavano il sale dalle zone costiere all’entroterra. La loro intraprendenza si estese anche al settore calzaturiero e al commercio della calce. Ma l’ingresso in guerra dell’Italia interruppe ogni progetto. L’attività economica venne bloccata e i fratelli Zaccaria, richiamati alle armi, furono fatti prigionieri; Demetrio restò rinchiuso per 56 mesi in un campo di concentramento in Kenya. Per sopportare la drammatica condizione, si impose di imparare la lingua dei vincitori acquisendo familiarità con la mentalità e gli usi del mondo anglosassone, non sapendo ancora quanto gli sarebbe stato utile in futuro. Rientrato in Italia, fonda un’industria tessile con i fratelli.
“Da imprenditore – afferma Remo Pedon, presidente de La Vigna, e socio fondatore e presidente della Pedon Spa, azienda leader mondiale nelle soluzioni di prodotto a base di legumi, cereali e semi – ho grande ammirazione per Demetrio Zaccaria, che è stato assolutamente visionario e lungimirante. Ha costruito un’impresa nell’allora Abissinia, oggi Etiopia, negli anni Quaranta, e l’azienda ha avuto successo. Io ci sono arrivato molti anni dopo, nel 2003, con molta fatica. Non posso immaginare quanta debba averne fatta lui. E poi, rientrato in Italia, è diventato un punto di riferimento per altri imprenditori e per le banche in ambito finanziario. Aiutava le grandi aziende del nord Italia ad aprire nei mercati esteri”.

Un patrimonio librario da incrementare
Viaggiando tantissimo per lavoro, Zaccaria incontra spesso persone che gli chiedono dell’Italia e del suo vino. Non si capacita di non saper rispondere, e così comincia ad affacciarsi al mondo vitivinicolo. Nel 1951, si trova a New York. Entra in una libreria e prende casualmente in mano il Dictionary of Wines di Frank Schoonmaker, una semplicissima guida ai vini, oggi pietra miliare della biblioteca “La Vigna”. È amore a prima vista per una materia affascinante e sconosciuta, che lo spinge ad acquistare il suo primo volume di enologia. Sul finire degli anni Sessanta stringe amicizia con un gruppo di piemontesi appassionati del buon bere, e comincia a frequentare i più importanti convegni internazionali, dove conosce i massimi esperti della materia, tra cui André Simon, proprietario della più grande biblioteca privata di enogastronomia. Batte anche a tappeto il mercato antiquario così, nella sua biblioteca personale, non entrano più solo tomi di enologia, ma anche trattati e periodici di agricoltura e gastronomia. Alla soglia dei settant’anni, senza figli, comincia a temere che il patrimonio librario raccolto con tanto sacrificio vada disperso dopo la sua morte. È allora che acquista palazzo Brusarosco – oggi Brusarosco-Zaccaria – e, nel 1981, lo dona, assieme all’intera raccolta, all’epoca circa 12mila volumi, al Comune di Vicenza. Oggi la biblioteca è un’associazione legalmente riconosciuta, di cui fanno parte il Comune e la Provincia di Vicenza, l’Accademia Olimpica e la Regione del Veneto, che aspira a diventare fondazione.

“Pensava al dopo di lui – continua Pedon –. Ha lasciato nel testamento un modus operandi per i suoi successori in modo da preservare il patrimonio librario. Pertanto, noi possiamo solo incrementarlo, ma non alienarlo. Allo stesso modo ha vincolato la destinazione d’uso del palazzo. Davvero un personaggio straordinario. Stiamo realizzando un docu-film sulla sia vita, che contiamo di poter presentare alla prossima Mostra del Cinema di Venezia”.
Per il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la biblioteca è di “eccezionale interesse culturale”. “Un riconoscimento prestigioso che ci rende particolarmente orgogliosi – conclude Pedon –. Oltre a incrementare il patrimonio librario, il nostro compito è conservarlo, con interventi di restauro e digitalizzazione, e valorizzarlo attraverso l’organizzazione di eventi, campagne di informazione e divulgazione, al fine di invogliare più persone possibili a conoscere la biblioteca”.

