Ana María Cumsille: l’anima innovatrice che ridisegna il futuro del vino cileno da Viña Carmen

Un bagaglio di esperienze maturate tra Cile, Stati Uniti e Francia, inclusi nomi leggendari come Château Margaux, e un prestigioso riconoscimento come “Enologa Rivelazione dell’Anno” dalla guida Descorchados 2023. Questo il biglietto da visita di Ana María Cumsille, l’ingegnere, agronoma ed enologa, che da novembre 2023 ha assunto la guida tecnica di Viña Carmen, la prima e più antica cantina del Cile, fondata nel lontano 1850. Un incarico di prestigio per continuare a valorizzare un’eredità secolare, arricchendola con una prospettiva innovativa e una profonda sensibilità per il terroir.
“Abbiamo invitato Ana María a far parte di questo progetto per la sua vasta carriera enologica, la sua esperienza nella creazione di vini di alta gamma, il prezioso contributo che ha dato ai piccoli produttori e la sua visione innovativa,” dichiarò Jaime de la Barra, direttore viticolo di Santa Rita Estates, gruppo a cui appartiene Viña Carmen, al momento dell’annuncio. Un vero e proprio asso nella manica, destinato a “impreziosire ulteriormente tutto il nostro team e la nostra cantina.”
Con oltre vent’anni di esperienza professionale, che l’hanno vista operare presso Viña Altair, Viña Indómita e dedicarsi al recupero di varietà tradizionali come País, Cinsault e Moscatel de Alejandría nella Valle dell’Itata con Viña Cucha Cucha, Ana María Cumsille porta a Viña Carmen una filosofia chiara. Uno dei suoi obiettivi principali è “esaltare ulteriormente l’espressione dell’origine in ciascuno dei nostri vini, sfruttando al meglio i diversi terroir con cui lavoriamo – da Limarí a Maule – sviluppando al contempo nuove etichette in diverse fasce di prezzo ed esplorando varietà all’interno della nostra gamma ultra-premium.” Un altro traguardo è “apportare una prospettiva che combini la ricerca dell’eccellenza nei vini di alta gamma con un’apertura all’innovazione.” E in Carmen, sottolinea, ha trovato “uno spazio unico dove posso esplorare entrambe le dimensioni.”
Carmenère: un legame indissolubile e un futuro da scrivere
Il nome di Viña Carmen è indissolubilmente legato al carmenère. Fu proprio nei vigneti della tenuta ad Alto Jahuel che, nel 1994, l’ampelografo francese Jean-Michel Boursiquot scoprì che quello che si riteneva Merlot era in realtà Carmenère, una varietà creduta persa in Europa a causa della fillossera. “Questa scoperta – racconta Cumsille – segnò una svolta nella viticoltura cilena. Da allora, Carmen ha aperto la strada al suo sviluppo, lanciando il primo vino etichettato come Carmenère nel 1996 con il nome di Carmen Gran Reserva Gran Vidure.”
Negli ultimi trent’anni, la comprensione di questo vitigno esigente, strettamente dipendente dal terroir e dalla gestione agronomica, si è approfondita enormemente. La Valle dell’Apalta, con i suoi suoli granitici e il clima caldo, si è rivelata ideale. “Oggi – prosegue l’enologa – siamo concentrati nel mostrare il suo potenziale con eleganza, tessitura e profondità, allontanandoci dagli stili sovramaturi del passato per rivelare un’identità più precisa e raffinata.” Più che di “salvataggio” di una varietà dimenticata, Cumsille preferisce parlare di averle “dato un futuro”, trasformando il Carmenère in una delle uve simbolo del Cile, un percorso di cui Viña Carmen è fiera protagonista.
Nuove frontiere per Viña Carmen
L’eredità di Viña Carmen, prima cantina cilena, si fonda su oltre 170 anni di impegno costante verso qualità, innovazione ed eccellenza, unendo tradizione vinicola e spirito pionieristico. Oltre alla riscoperta del Carmenère, nel 1994 Carmen divenne la prima cantina cilena a produrre una linea di vini biologici e sostenibili: Nativa.
Sotto la guida di Cumsille, questo spirito innovatore non si concentra tanto sulle tecnologie, quanto sul “valorizzare la materia prima e sprigionarne tutto il potenziale”. In cantina, si è iniziato a lavorare con anfore, uova di granito, foudres, fermentazioni a grappolo intero e contatto con le bucce nei bianchi. Parallelamente, si spingono costantemente i confini geografici e stilistici. Ne è testimonianza il lancio, nel 2024, di Carmen DO Punta Chilen, il primo spumante mai prodotto sull’isola di Chiloé, “uno spumante in edizione limitata che riflette il nostro desiderio di esplorare nuove frontiere e sfidare i limiti della vinificazione tradizionale,” spiega Cumsille. È lo spumante più meridionale del Cile e uno dei più australi al mondo.
Altre novità includono il Delanz Chardonnay, un bianco di alta gamma dalla Valle di Limarí, che esprime la freschezza e la mineralità di questo terroir costiero definito da suoli calcarei e dall’influenza del deserto di Atacama. E ancora, Carmen VIGNO, nato dall’adesione all’omonima associazione dedicata alla promozione e protezione del Carignan coltivato nell’entroterra arido della Valle del Maule, un progetto che “ci connette con il patrimonio viticolo della regione e rafforza il nostro impegno per l’origine, l’identità locale e la tradizione.”
Ascoltare il consumatore, celebrare l’icona
Nonostante la sua veneranda età, Viña Carmen ha sempre dimostrato una notevole capacità di reinventarsi. “Questa adattabilità – afferma Cumsille – è parte integrante della sua identità. Oggi significa ascoltare i consumatori che cercano vini autentici con un forte senso d’origine, ma anche freschezza, equilibrio ed energia.” L’azienda crea vini che riflettono fedelmente i terroir di Alto Jahuel, Apalta e Limarí, sviluppando al contempo linee pensate per il consumatore moderno.
Un emblema di questa eccellenza è Carmen Gold, uno dei primi vini icona del Cile. Nato negli anni ’80, quando gli enologi scoprirono una vera “miniera d’oro” nei vigneti di Alto Jahuel, terroir riconosciuto tra i migliori al mondo per il Cabernet Sauvignon. Prodotto esclusivamente dalle migliori parcelle in edizione limitata, offre “struttura, freschezza, profondità e un potenziale d’invecchiamento di oltre 20 anni,” distinguendosi per precisione, eleganza e la sua capacità di esprimere il carattere unico della sua origine.
Per Ana María Cumsille, il fascino dell’enologia risiede nella “combinazione unica di scienza, creatività ed emozione”. Ogni annata è una nuova avventura, un percorso costellato di decisioni che plasmano il carattere del vino. “Una delle sfide più grandi – conclude – è accettare che non tutto può essere controllato: il tempo, i tempi di maturazione, ciò che accade in cantina. Richiede pazienza, osservazione costante e capacità di adattamento. Ma quando tutto si allinea e, anni dopo, apri una bottiglia che racconta una storia… quello è il vero significato di questo lavoro.”