Il dj che fa il vignaiolo: la passione per il vino di Francesco Quarna

Le origini sono una parte profonda di noi che non si dimentica mai, indipendentemente da quanto tempo passi o da dove si vada.
È questo il caso di Francesco Quarna, un nome che molti riconosceranno come una delle voci di Radio Deejay. Da anni, infatti, è uno dei protagonisti del programma pomeridiano Summer Camp, dove accompagna gli ascoltatori ogni giorno con la sua energia e simpatia.
Ma, oltre alla radio, ha un’altra grande passione: il vino. Un amore che affonda le radici nella sua famiglia e che lo ha portato a diventare vignaiolo.
Lo abbiamo incontrato a Torino, all’evento Il Barolo a Palazzo Barolo, durante una pausa tra due interventi nei salotti-degustazione, per parlare della sua vita tra radio e vigneti.
Gli esordi
Come sei diventato un dj?
La mia carriera è iniziata quasi per caso. Dopo aver finito le scuole superiori, mi sono trasferito a Milano per lavorare in una radio locale, Radio Planet. Ma già prima avevo iniziato a fare radio come hobby, nei pomeriggi dopo scuola, a Radio 96, una piccola emittente di Novara. Dopo qualche anno, ho inviato il cv a Radio Deejay, da sempre il mio sogno, e sono riuscito a entrare come programmatore musicale. Poi, nel 2018, Linus mi ha chiesto di provare a condurre un programma in diretta, nonostante non avessi mai avuto esperienza in quel ruolo. Da lì è partito tutto e, da allora, sono sempre andato avanti, anche grazie all’aiuto dei colleghi.
E la tua vita prima di Milano?
Io vengo dalla Valsesia, una valle piuttosto isolata dove la gente è più introversa e meno abituata a parlare. Crescendo in un ambiente così ho imparato a stare dietro le quinte, lontano dai riflettori. Sono sempre stato piuttosto timido, ma la radio mi ha dato l’opportunità di aprirmi. La mia passione per il vino deriva dalla mia famiglia contadina, in particolare dai miei nonni, che producevano vino a Ghemme, in Alto Piemonte. Ricordo con affetto mio nonno con il suo pintone di vino fatto in casa, che spesso mi portava in motorino fino alla Vigna del Castello a lavorare con lui. Poi, come succede a molti giovani di provincia, ho sentito il bisogno di andare a Milano per inseguire i miei sogni.

La città e la campagna
Come concili la vita a Milano con la tua passione per la campagna?
Con il tempo ho trovato un equilibrio. Milano mi ha dato tanto e la radio è un ambiente dove mi sento davvero bene, soprattutto quando conduco il programma pomeridiano, che è quasi una sorta di svago. Ma quando posso, nei fine settimana, scappo a Ghemme, dove vivono i miei genitori, per immergermi nella natura. È fondamentale per me passare del tempo all’aria aperta, in montagna, lontano dalla frenesia della città.

L’azienda familiare
Parliamo di Quarna. Cos’è?
È una piccola azienda familiare portata avanti da mio fratello insieme a mio padre (che da quando è in pensione ha riscoperto la sua passione per la terra) e mia madre. Abbiamo tre ettari di vigneto e produciamo vino artigianale, senza alcuna certificazione. Le nostre vigne sono quasi tutte di proprietà e ci occupiamo personalmente di ogni aspetto, dalla coltivazione alla vinificazione. Non abbiamo consulenti enologici, preferiamo gestire tutto noi, con metodi tradizionali: fermentazioni spontanee, senza filtrazioni o chiarifiche. Produciamo principalmente nebbiolo, vespolina, uva rara, croatina ed erbaluce, tutti vitigni autoctoni dell’Alto Piemonte. Ci teniamo a mantenere una produzione limitata, 6500-7000 bottiglie l’anno, perché vogliamo restare una realtà piccola e artigianale. Questo tipo di produzione ci permette di raccontare la nostra storia e il nostro territorio, ed è ciò che piace ai nostri clienti.

Il vino in radio
Come parli di vino in radio?
Cerco sempre di renderlo un tema conviviale, un momento da condividere, senza essere troppo tecnico o accademico. In radio voglio che venga percepito come parte della nostra cultura, come un elemento di festosità. Spesso ci sono termini che per me sono comprensibili, ma che non tutti gli ascoltatori conoscono, quindi, cerchiamo di rendere il discorso più accessibile, magari con un tono più goliardico. Se parli troppo tecnicamente, la gente perde interesse. E poi penso che il vino debba essere un viaggio graduale anche nella comunicazione: cominci con un vino semplice e poi arrivi a quelli più complessi, proprio come succede con le auto: a 18 anni guidi un’utilitaria, a 60 una di livello superiore.
Ci racconti il progetto “Parole al vino”?
È nato qualche anno fa insieme al mio collega Maurizio Rossato e Laura Donadoni, giornalista e blogger. Abbiamo voluto raccontare il vino in modo più ludico e accessibile, associandolo alla letteratura e alla musica. Il progetto ha avuto un buon riscontro e abbiamo creato anche uno spin off, che si chiama Note di vino. Abbiniamo cinque vini a pezzi musicali che rispecchiano le caratteristiche di ciascun vino: il ritmo, il carattere e l’atmosfera. È interessante come l’arte, sia essa il vino o la musica, possa evocare ricordi ed emozioni legati a luoghi e tempi diversi.

L’Alto Piemonte
Come vedi il futuro dei vini dell’Alto Piemonte?
L’Alto Piemonte ha un passato ricchissimo con una tradizione vinicola che risale a secoli fa, ma poi, nel Secondo dopoguerra, la zona è stata abbandonata. Fortunatamente, negli ultimi anni c’è stato un rilancio grazie ai nuovi produttori, soprattutto giovani, che hanno investito nella terra e stanno dando nuova vita alla viticoltura. Il cambiamento climatico ci ha aiutato, perché la zona è più fresca rispetto ad altre, e i terreni argillosi trattengono bene l’acqua, prevenendo la siccità. Questo rende possibile la produzione di vini freschi, acidi e minerali, che si evolvono bene nel tempo.
Chi è il vostro cliente tipo?
È quello che cerca un vino autentico, prodotto in piccole quantità, da un’azienda familiare. Molti dei nostri clienti vengono dalla Lombardia, in particolare Milano, visto che gli Sforza avevano vigne a Ghemme. E poi la Svizzera, perché sono molto curiosi e si appassionano alla nostra storia. Io non vedo il vino solo come un mezzo per guadagnare, ma come uno strumento per raccontare un territorio che merita di essere più conosciuto.

Vino, musica e giovani
Quale canzone abbineresti al vino?
Se dovessi sceglierne solo una direi Alle prese con una verde milonga di Paolo Conte. È una canzone sensuale, che si evolve lentamente, proprio come il vino che si svela nel bicchiere. Inoltre, il titolo fa riferimento al verde, che mi ricorda i miei vini, soprattutto la vespolina, con le sue note erbacee.
Come bilanci la tua passione per il vino con il messaggio di responsabilità verso i giovani?
Quando parli in radio, soprattutto a un pubblico così vasto, c’è una grande responsabilità. Noi cerchiamo di trattare temi come l’alcol con leggerezza, ma sempre con un messaggio di responsabilità. Mi capita spesso di ricordare agli ascoltatori di bere responsabilmente, perché è importante essere consapevoli dell’effetto che il nostro comportamento può avere sugli altri, soprattutto sui giovani. Il vino fa parte della nostra cultura, ma va consumato con moderazione e non deve essere visto come un mezzo per alterare la propria condizione psicofisica. E perché non trasmettere qualcosa di positivo, noi che ne abbiamo la possibilità? Hai stimolato qualcuno a fare qualcosa di virtuoso, ed è sempre positivo.
