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Coltivare e Produrre
10/07/2023
Di Redazione AIS

Zuccardi: la vera rivoluzione in Argentina oggi è nei vini bianchi

Secondo quanto riportato da Arabella Mileham, il produttore argentino Sebastian Zuccardi sta guidando una “rivoluzione” nei vini bianchi del suo paese. Abbandonando l’idea che i grandi bianchi necessitino dell’influsso oceanico, Zuccardi si concentra sull’alta quota delle Ande, utilizzando lo chardonnay per esprimere terroir unici. La sua filosofia, basata sullo studio del luogo e su scelte radicali come il blocco della fermentazione malolattica per preservare l’acidità,sta dimostrando come l’innovazione e l’identità di un vino nascano dall’ascolto del proprio territorio anziché dalla replica di modelli consolidati.

In una masterclass tenuta a Londra, il produttore di terza generazione Sebastian Zuccardi ha dichiarato che una delle più grandi “rivoluzioni in corso in Argentina oggi riguarda i vini bianchi“. Presentando il suo nuovo Chardonnay di alta quota, Zuccardi, che è il direttore tecnico dell’azienda, ha spiegato come la percezione sui bianchi argentini sia radicalmente cambiata.

Secondo quanto riportato da Arabella Mileham, Zuccardi ha ammesso che per anni i produttori argentini hanno pensato di non poter produrre grandi bianchi perché “lontani dall’oceano“. La svolta, per lui, è arrivata nel 2018 con il suo primo Chardonnay da San Pablo, un’esperienza che “gli ha cambiato la vita“.

“Negli ultimi 15 anni abbiamo capito che la montagna può dare condizioni uniche per i bianchi, grazie a un clima freddo, una luce solare purissima e suoli unici“, ha spiegato Zuccardi. “Quando saliamo nelle parti più alte della Valle de Uco, come a Monasterio, credo che lo chardonnay sia l’uva migliore per esprimere il luogo. Perché? Ama il clima freddo, non è un’uva ‘chiacchierona’ (a differenza del sauvignon blanc, non mostra un carattere varietale invadente) e adora i suoli calcarei“.

Un terroir e un approccio unici

L’azienda ha lanciato un nuovo vino, El Camino de Las Flores 2024, proveniente da Monasterio, a 1.400 metri di altitudine. Quest’area, spiega il produttore, possiede i suoli alluvionali più antichi della Valle de Uco, con uno strato duro di caliche rosa (un compattamento di arenaria e calcare) che ha dovuto essere frantumato per permettere alle radici di penetrare.

L’approccio alla viticoltura è stato rivoluzionario: dopo tre anni di studio del suolo, il vigneto è stato piantato per singole parcelle, non per blocchi. Inoltre, circa il 30% della superficie è stato lasciato a vegetazione autoctona, piantata tra i filari per favorire la freschezza del vino. Una scelta che Zuccardi definisce ironicamente “un’altra delle nostre cattive decisioni finanziarie“, data l’estrema preziosità dei terreni in quella zona.

Una filosofia controcorrente in cantina

Anche la vinificazione rompe con il passato. Il nuovo bianco, come i rossi, fermenta e affina esclusivamente in vasche di cemento non rivestite, “perché non abbiamo bisogno di ‘aprire’ il vino, ma di ‘chiuderlo’“, preservandone il carattere. Si abbandona così lo stile opulento degli Chardonnay argentini di un decennio fa, carichi di legno e note burrose derivanti da bâtonnage e fermentazione malolattica completa.

Il processo oggi prevede una pressatura diretta con ossidazione iniziale e una fermentazione a temperature più alte del solito (vicino ai 24°C) per favorire l’espressione del luogo piuttosto che gli aromi primari. La fermentazione malolattica viene completamente bloccata. Zuccardi racconta le discussioni con il suo team: “dicevo ‘niente malolattica’ e loro rispondevano che i vini più famosi del mondo la fanno. Ma io ho sperimentato per cinque anni e voglio conservare tutta l’acidità naturale che ci dà questo luogo“.

L’approccio di Zuccardi, che sfida le convenzioni e si basa su anni di esperimenti, va oltre la singola etichetta. La sua filosofia può essere di lezione per altri: dimostra come uno studio ossessivo del territorio e il coraggio di rompere con le pratiche enologiche consolidate possano portare a vini di eccezionale identità. È la prova che la vera innovazione nasce dall’ascolto del luogo, non dalla replica di modelli esterni.

“Ci sforziamo di creare vini con un’identità, che esprimano con trasparenza e precisione il luogo da cui provengono“, ha concluso.

Redazione AIS
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