L’ultima sfida di Lodovico Antinori: il fondatore di Ornellaia torna con un cabernet franc da leggenda

A 40 anni dalla prima vendemmia di Ornellaia, il pioniere di Bolgheri si misura con il cabernet franc, ispirandosi a Cheval Blanc e coinvolgendo la figlia Sophia in un progetto intimo ed esclusivo che definisce “l’ultimo della sua vita”.
Quando un nome come quello del Marchese Lodovico Antinori, la cui storia familiare nel vino risale a oltre 600 anni, annuncia il suo “progetto enologico finale”, il mondo del vino si ferma ad ascoltare. Come raccontano Mike DeSimone e Jeff Jenssen su Robb Report, questo progetto ha un nome e un’anima: Tenuta del Nicchio, un’impresa nata in collaborazione con la figlia Sophia, che segna il culmine di una carriera leggendaria.
A quarant’anni dalla prima, storica vendemmia di Ornellaia, il celebre Super Tuscan a predominanza merlot che ha cambiato la storia di Bolgheri, Antinori stupisce ancora. Questa volta, la sua musa non è il merlot, ma il cabernet franc, l’uva che considera la sua “sfida definitiva”. L’ispirazione dichiarata è uno dei più grandi vini di Bordeaux, Cheval Blanc, e l’obiettivo è creare un nuovo punto di riferimento per questa varietà in Toscana.
Il ritorno alle origini: un progetto intimo e personale
Il nuovo vino, Il Nicchio, è un taglio di 95% cabernet franc e 5% merlot. La produzione è confidenziale: appena 3.000 bottiglie per la seconda annata, la 2021, con un prezzo che si attesta sui 375 dollari in USA. Sebbene la produzione sia destinata a crescere fino a 30.000 bottiglie, con la evoluzione dei vigneti, rimarrà sempre nell’ambito di una piccola azienda familiare. “Per via delle sue dimensioni, sono riuscito a tornare alla mia passione originale: curare personalmente ogni dettaglio,” ha dichiarato Antinori al Robb Report. “Sento una connessione profonda con ogni parte del processo.”
Per questa avventura, ha scoperto e impiantato 10 ettari di vigneti in terreni abbandonati, situati in alta quota tra Castagneto Carducci e Bibbona, ai confini della DOC Bolgheri. Un terroir che, secondo lui, è eccezionalmente vocato per il cabernet franc. “Ho sempre pensato che la mia sfida finale sarebbe stata lavorare con il cabernet franc“, spiega. “Dopo alcuni tentativi, credo di aver capito a fondo questa varietà e sento di poterne gestire la complessità.”
Un affare di famiglia: il passaggio del testimone
Pur rimanendo presidente onorario di Tenuta di Biserno, l’azienda fondata con il fratello Piero, Antinori ha lasciato la gestione al nipote per dedicarsi anima e corpo a questo nuovo capitolo. Un capitolo che ha un forte sapore di futuro, grazie al coinvolgimento della figlia Sophia Antinori come socia. Con un passato in tenute di culto come Harlan Estate a Napa Valley e presso la società di consulenza londinese Wine Lister, Sophia porta una visione internazionale e un legame con le nuove generazioni di collezionisti. “Voglio costruire il riconoscimento del marchio tra una generazione più giovane di amanti del vino, specialmente nel mercato statunitense” afferma.
A garantire una continuità stilistica con i capolavori del passato c’è la presenza, come consulente, di una vera e propria archistar dell’enologia: Michel Rolland, già al fianco di Antinori per Ornellaia, Masseto e Biserno.
Il vino: un’annata “provvidenziale”
L’annata 2021, quella attualmente in commercio, è descritta da Antinori come “provvidenziale“. “Tutto è andato alla perfezione, dalla gestione della vigna al risultato finale,” racconta, pur esprimendo preoccupazione per l’attuale vendemmia 2025 a causa delle temperature estreme. La vinificazione è meticolosa: dopo la fermentazione primaria, l’80% del vino svolge la malolattica in barrique e l’affinamento prosegue per 16 mesi in legno nuovo per l’80% e di un anno per il restante 20%.
Il risultato, secondo i giornalisti del Robb Report, è un vino dal colore granato profondo, con un naso di mora, macis e fresche erbe mediterranee. Al palato, tannini opulenti e un’acidità vivida si intrecciano con note di prugna, amarena, cacao in polvere e salvia, con un finale lungo e soddisfacente.
Con la prima annata, la 2020, prodotta in quantità ancora più esigue, la 2021 offre ai collezionisti l’opportunità di entrare “al piano terra” e iniziare una verticale di quello che, senza dubbio, è già destinato a essere considerato uno dei più grandi vini di Toscana. L’ultimo sigillo di un maestro.