Budapest, oltre il Tokaji: perché la capitale ungherese è la nuova meta per gli amanti del vino

Perché ogni amante del vino dovrebbe prenotare subito un viaggio a Budapest? A spiegarlo è la giornalista Alia Akkam in un illuminante articolo per la rivista americana Food & Wine. Secondo il suo reportage, la capitale ungherese non è più solo la culla di vini dolci e tradizionali, ma un epicentro vibrante e innovativo. Una nuova generazione di locali sta infatti ridisegnando la mappa enogastronomica della città.
Nelle sere più animate di Budapest, la folla del Cabrio – un crogiolo di creativi e trend-setter – si riversa all’esterno. Le ampie vetrate rivelano il fermento che anima il locale nel Distretto V, un’energia che spinge ogni passante a desiderare un tavolo. Inaugurato nel 2024 e già tra le aperture più acclamate della città, il Cabrio ha trovato la formula perfetta: un’atmosfera impeccabile (musica a un volume seducente, luci calde e avvolgenti), unita a una solida lista di vini naturali e a fantasiosi piatti in condivisione. Come una festa che pulsa in un loft metropolitano, il ristorante seduce sera dopo sera.
Per molti viaggiatori, esplorare i vini ungheresi è un modo affascinante per immergersi in una cultura nazionale che continua a celebrare e innovare una delle sue tradizioni più venerate. Una visita a enoteche storiche come Kadarka, Doblo e Palack è considerata essenziale quanto una tappa al quartiere del Castello o alla Basilica di Santo Stefano. I ristoranti, dal canto loro, propongono con orgoglio le bollicine locali di Kreinbacher o un sontuoso Tokaji Aszú in abbinamento ai dessert.
Ma negli ultimi anni, il modello di scoperta enologica in Ungheria si è evoluto. Grazie all’interesse crescente per i vini naturali, spinto da pionieri come il caffè diurno Portobello Coffee & Wine o Marlou, la rustica enoteca a pochi passi dal Teatro dell’Opera, i riflettori si sono accesi su una nuova generazione di locali. Si tratta di destinazioni più audaci, dove l’atmosfera è decisamente più vivace, dove il cibo condivide il palcoscenico con il vino e dove le etichette ungheresi dialogano intenzionalmente con quelle internazionali. Un contesto irresistibile per chiunque desideri approfondire la propria cultura enologica.
Cabrio è la visione di Bence Szilágyi, Benjámin Tenner e Jónás Togay. La loro filosofia è chiara: “un bistrot europeo privo di fronzoli e gesti superflui“. In carta si trovano bottiglie non convenzionali, come il rosé spagnolo Partida Creus – CX o il Barnag Diszkó, un blend di riesling e furmint dall’etichetta dello stesso Szilágyi. La cucina, guidata dallo chef Tamás Albrecht, si basa su ingredienti reperiti entro un raggio di 100 chilometri per creare piatti in continua evoluzione: magari una tartare di trota salmonata su gazpacho verde o un parfait di funghi con granella di nocciole.
Questo spirito informale si ritrova anche al Bar Lola, nel vivace Distretto VII. L’indirizzo è quello del noto Dorado, un caffè amato per i suoi espresso dal 2018. I proprietari, Emese Görföl e Mario Jimenez, hanno sviluppato una passione per il vino naturale, che li ha portati a lanciare Bar Lola. Qui, piccoli piatti creativi – dal taco di pollo con salsa di jalapeno e coriandolo agli asparagi bianchi con uovo cotto a bassa temperatura – sono richiesti quanto i vini, molti dei quali importati direttamente dalla loro società, Disco Wines.
Il passaggio dal giorno alla notte definisce anche The Garden, un arioso locale per il brunch che di sera si trasforma in Pebbles. A guidare entrambi i concept è l’expat turca Merve Ilgım Deprem, che li descrive come “uniti dalla stessa anima, ma con due vibrazioni distinte“. Se The Garden profuma di erbe fresche e caffè, Pebbles evoca una cena in riva al mare sotto il chiaro di luna. Il motto di Pebbles: abbinare vini naturali al lato vegetariano, spesso trascurato, della cucina turca. Così, piatti come le kofte di carote e zucchine si sposano con un bianco fresco del nord dell’Ungheria (Domaine Bükk) o con il Bergkloster, una cuvée tedesca che unisce bacchus, huxelrebe, pinot gris, pinot blanc e sauvignon blanc.
Nel 2024 ha aperto anche És Margarita, nel fiorente Distretto IX. In questo piccolo bistrot dall’aria parigina, lo chef e co-proprietario Levente Szabados propone un menù che cambia ogni poche settimane, con piatti come gli gnocchi al miso verde e parmigiano. Un obiettivo ambizioso per il quartiere, ma come spiega il co-proprietario Marcell Orbán: “desideravamo un posto così, con pochi piatti di alta qualità e vini naturali, a portata di mano“.
Tuttavia, è Bortodoor City a incarnare al meglio il senso di comunità che questa nuova scena promuove. Fondato nel 2021 da Suze Collings (Regno Unito), Smike Letwinsky (Stati Uniti) e Renee Heard (Australia), il locale nel Distretto VI è nato dal desiderio di unire locali e turisti attorno all’amore per il vino. La loro lista cambia settimanalmente e la domenica le bottiglie rimaste vengono vendute a prezzo scontato. Ma il vero cuore pulsante del locale è il mercoledì: è il giorno delle ambite serate della Wine Mafia, con degustazioni alla cieca, quiz e giochi olfattivi, un rituale che organizza anche gite nelle principali regioni vinicole ungheresi come Tokaj.
Che si tratti di un calice di Haraszthy dalla vicina Etyek o di un vino di Kovács Nimród della regione di Eger, ogni sorso diventa un’opportunità per conoscere un aspetto cruciale dello stile di vita locale, in un ambiente accogliente animato da taglieri e convivialità. Come riassume Suze Collings: “per me, è l’emozione di incontrare nuove persone. Non sai mai chi varcherà quella porta: potrebbe essere il tuo nuovo migliore amico, un futuro collega o persino l’amore della tua vita“.