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Trend e Mercati
08/09/2024
Di Redazione AIS

Vino cinese, la grande frenata o la vera partenza?

L’attesa ascesa internazionale del vino cinese non si è verificata come previsto sei anni fa. A frenarla, secondo l’esperta Janet Z Wang, sono stati la pandemia, le tensioni geopolitiche e la ritrosia dei mercati. Tuttavia, all’interno della Cina è in atto una rivoluzione silenziosa: i produttori opportunisti sono spariti, mentre quelli seri si sono consolidati, puntando sulla qualità e su basse rese. E ora, con un mercato interno in crescita, sono pronti a farsi conoscere di nuovo dal mondo.

Nel 2019, quando la scrittrice Janet Z Wang pubblicò il suo libro The Chinese Wine Renaissance, considerato da molti la “bibbia” del vino cinese, l’aria era carica di ottimismo. Sembrava che l’industria vinicola del Dragone fosse sulla soglia di una svolta internazionale. Sei anni dopo, però, la stessa Wang ammette che le sue rosee previsioni devono essere riconsiderate. In una recente intervista con la giornalista Eloise Feilden, l’autrice ha tracciato un bilancio realistico ma sorprendentemente fiducioso sul futuro del vino cinese.

“Quando uscì la prima edizione del mio libro, avevo una visione molto ottimista riguardo a una crescita imminente delle esportazioni di vino cinese“, ha confessato la Wang. Guardando indietro, però, ammette che quel successo annunciato “non si è realmente concretizzato“. Le ragioni sono molteplici e complesse. La prima, e più ovvia, è stata la pandemia globale, che ha riscritto le regole del commercio mondiale per anni. In questo clima di incertezza, spiega, sia i buyer internazionali che i consumatori hanno fatto un passo indietro. “I compratori sono diventati più conservatori“, volendo vendere solo ciò che conoscono e che i clienti già bevono. Allo stesso modo, “le persone, quando le cose sono incerte, si rifugiano in ciò che conoscono“.

A questo si è aggiunta una pesante “cappa geopolitica“. “La Cina non è esattamente il ‘gusto del mese’ in questo momento“, afferma la Wang, “e di conseguenza vendere vini cinesi non appare terribilmente di tendenza“. Tuttavia, l’autrice è convinta che il vino dovrebbe agire come un ponte per colmare le tensioni politiche. “Il vino è un ottimo modo per entrare nella psiche di un paese”, sostiene. “Credo che proprio quando la geopolitica è tesa sia ancora più importante mantenere un dialogo aperto a livello culturale, educativo e commerciale“.

Se la fiducia nell’espansione internazionale si è attenuata, quella nel mercato interno, invece, è più forte che mai. “A livello locale, ci sono germogli di ripresa in Cina“, dice la Wang, notando che “i produttori sono ora più aggressivi, più fiduciosi in quello che fanno, e c’è un buon supporto da parte della base dei consumatori“. Nonostante i dati ufficiali mostrino un calo drastico della produzione (secondo l’OIV, -17% nel 2024 e -33% nel 2023), l’esperta offre una lettura controintuitiva.

Questo calo, sostiene, è in realtà una correzione statistica e qualitativa. “I dati storici non erano accurati, c’erano molti doppi conteggi“. Oggi, non solo i dati sono più precisi, ma il panorama produttivo è cambiato radicalmente. “Prima c’erano tantissime persone che ci provavano, ma molti non producevano vino con costanza ogni annata. Ora, molti di questi attori sono scomparsi. I produttori seri, e anche quelli di alta gamma, stanno davvero consolidando il loro lavoro“.

La ricerca della qualità ha giocato un ruolo cruciale: “c’è stato un movimento verso rese più basse e una qualità migliore“, spiega la Wang. Diverse regioni vinicole cinesi hanno introdotto disciplinari di produzione con limiti massimi di resa, proprio come in Europa. Il risultato è un duplice consolidamento: “il livello di qualità è aumentato e si sta assistendo a una concentrazione di produttori di vino seri“. Questo, a sua volta, ha stimolato la domanda interna. “I cinesi stanno iniziando a desiderare davvero i vini cinesi“.

Con una domanda interna così forte, “l’incentivo a esportare è limitato“, ammette la Wang, ma non è scomparso. Oggi, vendere all’estero è più un “esercizio di branding“, un modo per “sventolare la bandiera della Cina a livello globale“, rafforzando il marchio sia all’estero che in patria. Nonostante le difficoltà, la fiducia di Jane Wang nel potenziale del vino cinese rimane, anche se con una consapevolezza diversa.

“Si dice che le persone tendano a sovrastimare l’impatto di qualcosa a breve termine, ma a sottovalutarlo a lungo termine. Il vino cinese sta entrando ora in questa seconda fase“, conclude. “Stiamo assistendo a un periodo in cui il mercato, sebbene ancora agli inizi, sta iniziando a comportarsi in modo più adulto“. Per questo, il suo messaggio finale è un invito: “sosterrei che questo è il momento di guardare di nuovo alla Cina, ma questa volta con un occhio più maturo“.

Redazione AIS
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