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Vino e Cultura
16/09/2025
Di Emanuele Lavizzari

Guido Dandrea vince il concorso letterario “Racconti intorno al vino” 2025

Il degustatore AIS con la passione per la scrittura è fra i premiati della competizione ideata dall’Associazione Nazionale Città del Vino

Chi l’ha detto che un sommelier deve per forza lavorare in sala? L’Associazione Italiana Sommelier continua certamente a preparare numerosi professionisti della ristorazione, ma ormai da tempo la sua didattica è orientata anche alla formazione di comunicatori del vino, che possono poi ricoprire ruoli diversi nel modo del lavoro. Il giornalismo, la divulgazione culturale e perfino la scrittura creativa possono trovare arricchimento da questo tipo di studio e di esempi ne abbiamo parecchi a partire dal socio AIS che vi presentiamo.
Guido Dandrea, sommelier, degustatore e sommelier della birra della nostra Associazione, si è affermato recentemente nel concorso letterario “Racconti intorno al vino” 2025 dell’Associazione Nazionale Città del Vino con “Un’isola nell’isola”. Accanto a lui altri quattro autori si sono aggiudicati il premio: Ortenzio Brunelli con “Pagadebit. Un vino che non molla mai”; Roberto Cipresso con “Radici”; Luigino Vador con “Le mani di cuor di vite” e, per il premio Internazionale riservato al miglior racconto proveniente dall’estero, Rosane Tremea (Porto Alegre, Brasile) con il racconto “Lo scantinato di mio Nonno”.
Abbiamo dialogato con Guido per scoprire da vicino come nascono le sue passioni per il mondo del vino e per la narrativa e come le sue competenze legate a questi due ambiti possano intrecciarsi.  

Dal biellese a Milano

Prima di tutto, complimenti Guido! Dopo tanti anni di studio con l’AIS (e non solo) inizi a raccogliere soddisfazioni significative. Cosa puoi dire di te a nostri lettori?

Sono davvero lusingato e felice dell’interesse dimostrato verso di me. L’AIS in questi primi dieci anni di iscrizione mi ha insegnato tantissime cose e ancora ne ho moltissime da imparare.
Sono un “millesimo” 1981, nato e cresciuto nel biellese, a pochi chilometri dal cosiddetto Alto Piemonte vitivinicolo. Dove il nebbiolo viene localmente chiamato spanna. Mi sono laureato in economia e commercio a Novara, specializzandomi poi con un master in economia e gestione degli intermediari finanziari. Dopo una breve esperienza in banca mi sono quindi trasferito a Milano e da quasi vent’anni la mia attività professionale è comunque legata al settore finanziario.
Ho conosciuto l’AIS nel 2015, grazie alla Delegazione di Milano, allora “capitanata” con maestria da Hosam Eldin, poi succeduto a Fiorenzo Detti alla guida di AIS Lombardia. 
Ho frequentato con grande passione i tre livelli del corso, diventando prima sommelier nel 2017 e poi degustatore ufficiale nel 2023. 
Durante la pandemia ho aderito a un progetto innovativo lanciato da AIS Campania, Delegazione di Napoli. Un corso di primo livello online sulla birra che in un momento particolarmente difficile per tutti ha unito nei calici da degustazione Teku la passione brassicola di decine di persone da tutta Italia. 
Grazie ad AIS Italia è stato poi possibile frequentare un corso online di secondo livello, molto interessante, sull’abbinamento cibo-birra. A inizio 2024 ho quindi superato l’esame facendo parte della prima “cotta” di sommelier della birra AIS, prima che il corso su due livelli si diffondesse su tutto il territorio nazionale.
Per il futuro, oltre a continuare ad approfondire ulteriormente la conoscenza dei mondi del vino e della birra, mi piacerebbe allargare gli orizzonti, per esempio nell’ambito dell’olio, dei formaggi, del caffè.
A livello di aspirazioni personali, mi piacerebbe molto un giorno scrivere a livello professionale di enogastronomia, unendo così le due mie grandi passioni. 
Relatore AIS?  Un domani perché no, ma con la dovuta calma. Penso sia necessario dedicare molto tempo alla conoscenza e all’esperienza anche sul territorio prima di poter trasmettere qualcosa di interessante agli altri con efficacia. 

Vino e birra

Dove e quando nasce la tua passione per il vino e per la birra?

Penso derivi da una componente genetica e da una esperienziale. Da piccolo salivo sul trattore di mio nonno che curava due piccole vigne di spanna e le vendemmiava “a uso personale”. Ero affascinato dalla trasformazione dell’uva in vino e ho fatto le mie prime esperienze di “degustazione” in una piccola cantina, di nascosto dai miei genitori. Ero piccolo e ingenuo, una volta il nonno se la prese parecchio perché in un tema alle elementari avevo scritto che ogni tanto lui distillava le vinacce per farsi un po’ di grappa, necessaria per correggere il caffè e “bagnarsi la bocca”. Ora penso che qualsiasi cosa di “illegale” abbia fatto il nonno con quell’alambicco sia ormai prescritta, quindi, mi resta soltanto il bel ricordo.
La vera folgorazione, però, avvenne durante il viaggio di nozze nel 2015, davanti a un calice di icewine assaggiato dopo una gita alle cascate del Niagara. Ero rimasto affascinato dal processo di produzione di quel vino di ghiaccio, così a Toronto acquistai un manuale destinato ai sommelier canadesi che mi aprì un mondo. Nemmeno il tempo di atterrare a Malpensa che ero già a chiedere informazioni alla sede di AIS Milano. Da lì a pochissimo iniziai il corso di primo livello.
Per quanto attiene alla birra il percorso è simile. Da ragazzo ero un appassionato di birre scure, le stout. Un tipo da bancone di uno dei tanti Irish Pub che fiorivano in quel periodo in Italia. Davanti a una pinta di Guinness, sognavo Dublino e Temple Bar al ritmo delle canzoni degli U2. Sugli schermi non le partite della Premier League ma quelle del Milan vincente di Carlo Ancelotti. Successivamente l’incontro con il mondo della birra artigianale, al birrificio Lambrate di Milano e al Baladin di Piozzo, un piacevole interludio “langarolo” tra le degustazioni di barolo barbaresco e Roero. Poi tanti microbirrifici e gusti sempre diversi, legati agli stili internazionali declinati in mille interpretazioni. Il mondo brassicolo mi affascina proprio per queste sue caratteristiche peculiari, quasi una sfida di Davide contro il gigante Golia della birra industriale, la bionda media o in bottiglia che per molti, purtroppo, rappresenta ancora oggi l’unico modello di birra possibile. 

La narrativa

La tua predisposizione per la scrittura creativa, invece, da dove proviene?

Potrei rispondere “per gioco”! Dopo i temi a scuola le uniche cose che scrivevo erano delle relazioni tecniche legate al mio lavoro. Essendo però un lettore forte, molto curioso, un giornale o un libro hanno sempre accompagnato ogni mio spostamento o momento libero. Poi sono arrivati Internet e quindi i blog. Ne seguivo uno molto divertente e in voga, Il Milanese Imbruttito. Durante una domenica di pioggia ho letto su Facebook che cercavano collaboratori per scrivere articoli satirici su Milano. Chiedevano di inviare uno scritto di prova. Mi sono cimentato raccontando dei soggetti più strani che incontravo ogni giorno in metropolitana. L’articolo faceva molto ridere, almeno così mi ha detto chi mi ha selezionato. Ho scritto sul blog de Il Milanese Imbruttito per dieci anni, quasi un articolo a settimana. 
Mi sono immerso mani e piedi nella mia città di adozione. Osservando Milano ho imparato a coglierne le sfumature e a metterle nero su bianco. Gli articoli erano graditi al pubblico e mi divertivo. Sfruttando l’esperienza sul campo ho contribuito a ideare un contest letterario per racconti su Milano (“Milano, città di passaggio o di nuove radici?”) del quale ho presieduto la giuria per le prime tre edizioni. Da lì ho cominciato a fare un po’ più sul serio con la scrittura.

“Un’isola nell’isola”

Puoi svelarci qualche dettaglio del racconto con cui hai vinto il concorso?

Il tema del concorso letterario promosso dall’Associazione Nazionale Città del Vino riguardava la migrazione di persone e vitigni, in Italia e nel mondo. Caso vuole che quando un amico mi ha segnalato il bando io avessi appena fatto una piccola ricerca con l’app della guida Vitae, sempre per mia curiosità. Volevo sapere se fuori dal Piemonte, la Lombardia o la Valle d’Aosta esistevano produzioni degne di nota di vini da uve nebbiolo (si capisce che è il mio vitigno preferito, vero?). A parte una micropresenza in Umbria che un giorno mi piacerebbe degustare, fui colpito dalla produzione del nebbiolo sardo che conoscevo a malapena grazie a un paio di assaggi della denominazione Colli del Limbara. Iniziai ad approfondire su internet per scoprire che il centro nevralgico del nebbiolo sardo (anzi nebiolo con una sola b, come lo chiamano lì) è il paesino di Luras, duemila anime in pieno entroterra gallurese. A Luras anche il dialetto non è il sardo ma il logudorese. Da lì il titolo del mio racconto, “Un’isola nell’isola”. 
La storia come tante di Matia Sana, un figlio della terra sarda che, senza troppe ambizioni, emigra in continente. Va a “studiare” a Roma per scappare dalla realtà di paese. Finisce per bighellonare e a fare tappa fissa in un pub di Trastevere, una birra dopo l’altra. La sua famiglia eredita un rudere e dei vigneti abbandonati, scatenando in Matia un richiamo ancestrale che lo riporta in Sardegna. Fonderà tra mille difficoltà un’impresa vitivinicola, grazie all’aiuto di un enologo in pensione e dei vecchietti del paese. Il nebiolo, con una sola b, che non aveva mai assaggiato diventerà la chiave di volta della sua vita. Tra i filari incontrerà anche l’amore.
Una curiosità, quest’estate sono stato per davvero a Luras e ho potuto respirare proprio quell’aria paesana che immaginavo. Ho visto i vigneti di nebiolo e c’era pure la combriccola di vecchietti del paese a chiacchierare in piazza. Una piccola, grande emozione. 

I concorsi letterari

Hai partecipato a vari concorsi letterari. Come hai vissuto queste esperienze?

In realtà ho partecipato a diversi ma non tantissimi. Il panorama dei concorsi letterari italiani è sterminato e spesso dispersivo. Visto che gli impegni sono sempre tanti, cerco di focalizzare tempo e ispirazione in base alla serietà delle iniziative oltre che all’interesse personale che ho per i temi da trattare. Per quello, quando si parla di vino o di cibo la mia preferenza è quasi scontata.
Il primo premio letterario che ho vinto è stato proprio un concorso denominato “Racconti di Vini”, nel 2019. Era indetto da una piccola casa editrice pugliese (Giacovelli). Avevo ambientato il mio racconto intorno al vitigno verdeca, molto coltivato in Valle d’Itria, tra luoghi meravigliosi come Alberobello, Locorotondo e Martina Franca. Dopo aver vinto il concorso sono anche diventato un giurato di “Racconti Di Vini” per diverse successive edizioni con il sapiente coordinamento del giornalista Daniele Apruzzese, che ora è anche un apprezzato relatore di AIS Puglia. Stare dall’altra parte mi ha insegnato molte cose, leggendo le opere di altri autori ho imparato a valutare anche le mie con occhio maggiormente critico.
Un altro riconoscimento al quale tengo molto è il piazzamento di un mio racconto al quarto posto (su oltre quattrocento partecipanti) all’edizione 2025 del concorso “Trichiana Paese del Libro”, indetto dal Comune di Borgo Valbelluna nelle Dolomiti bellunesi, molto attento agli aspetti culturali, tanto da organizzare da 35 anni un festival letterario prestigioso. Lì, di fronte a una giuria qualificata e pur non scrivendo di vino, ho capito che posso iniziare a dire la mia nel mondo della narrativa.
Da ultimo, è arrivata la notizia della vittoria del Premio dell’Associazione Nazionale Città del Vino. Una soddisfazione immensa vedere il mio nome a fianco di quello di Roberto Cipresso, un professionista al top dell’enologia e della comunicazione del vino. Ho divorato i suoi libri, imparando molto.

L’orto urbano del “DegustAutore”

Hai anche altri interessi?

Per confermare che le mie sono “braccia rubate all’agricoltura” durante la bella stagione coltivo un piccolo orto urbano biologico. Poco fuori Milano, con i binari della metropolitana che passano a venti metri da dove crescono i miei pomodori, le zucchine e pure angurie e meloni. Ne avevo anche scritto per Il Milanese Imbruttito. Battute a parte, cerco sempre di mantenere viva la creatività. Attraverso il mio profilo Instagram @degusti_books provo a proporre un abbinamento tra vino, birra e libri, ricercando sempre combinazioni originali. Nella bio del profilo mi sono autodefinito “DegustAutore” e mi piace pensarmi così. Un degustatore che ama scrivere. E come ogni aspirante scrittore che si rispetti anche io ho il mio bel romanzo nel cassetto che un giorno o l’altro sogno di spolverare per proporlo a qualche grande editore ed essere letto da molte persone. Perché, come per il vino, spero di migliorare con l’evoluzione. D’altronde, per passare da pronto a maturo è solo una questione di tempo e di sviluppo di raffinati aromi terziari. 

Alcune vigne di Luras, il luogo in cui Guido Dandrea ha ambientato il suo racconto.

La foto di apertura è di Jeff Siepman su Unsplash.

Emanuele Lavizzari
Emanuele Lavizzari

Dopo un titolo accademico in Lingue e Letterature Straniere ha lavorato in ambito turistico-alberghiero tra Spagna e Italia e nel settore della tecnologia in Germania. In seguito a un master universitario in ideazione e produzione audiovisiva approda al giornalismo. Ha collaborato con alcune testate locali in Lombardia, prima di giungere all’Associazione Italiana Sommelier, dove attualmente è responsabile del coordinamento redazionale e direttore editoriale della rivista “Vitae”. Ama l’impressionismo musicale, la poesia simbolista e le contaminazioni fra generi nella musica e nella letteratura. Passa agevolmente da una tastiera di pc a quella di un pianoforte, anche se tra i due preferisce decisamente il secondo. Questo è il motivo per cui si è dedicato a ulteriori studi e ha conseguito una laurea magistrale in Scienze della Musica con una tesi sul compositore spagnolo Manuel de Falla. Suoi grandi interessi sono anche l'analisi dei linguaggi dei mass media e l'atletica leggera. Ha corso tanti chilometri in pista, su strada e su percorsi campestri e non si è ancora stancato di farlo.

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