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Sostenibilità
29/10/2025
Di Redazione AIS

A Giarre AIS definisce la responsabilità come la nuova frontiera dell’eccellenza

La Terza Giornata Nazionale AIS per la Sostenibilità, tenutasi a Giarre il 24 ottobre, ha riunito l’Associazione Italiana Sommelier per definire la rotta di un’enologia più etica. Il convegno, incentrato su governance, sostenibilità industriale e inclusione, ha visto gli interventi chiave di Ticianne Costa, Chiara Ponti e Giuseppe Bursi. Dall’analisi dei criteri ESG alla gestione virtuosa del vetro, fino all’allarme sulla crisi agricola in Sicilia, la giornata ha stabilito che la responsabilità è la nuova frontiera dell’eccellenza nel vino.

La Terza Giornata Nazionale AIS della Sostenibilità e della Solidarietà, tenutasi lo scorso 24 ottobre nella splendida tenuta di Radicepura a Giarre (CT), ha superato le aspettative di un convegno per trasformarsi in un’analisi strategica e, a tratti, in un appello urgente per il futuro del vino italiano. L’evento, intitolato “La gestione aziendale tra sostenibilità, governance e processi di inclusione”, ha riunito l’Associazione Italiana Sommelier in un momento di confronto non più rimandabile. Moderato dal giornalista Antonio Iacona, l’incontro ha dimostrato come i tre pilastri della sostenibilità (ESG) non siano concetti astratti, ma leve competitive e necessità concrete.

L’impegno di AIS: “la responsabilità è la nuova eccellenza”

Ad aprire i lavori è stato il Presidente nazionale AIS, Sandro Camilli, che ha definito la visione dell’associazione. “È un onore dare il via a questa giornata“, ha esordito, ringraziando AIS Sicilia e Radicepura. “Questo appuntamento non è un rito, ma la prova concreta dell’impegno dell’Associazione Italiana Sommelier. Oggi non basta più un prodotto eccellente; serve un’eccellenza che sia sostenibile a 360 gradi“. Il presidente ha sottolineato come la governance e l’inclusione non siano “solo sigle, ma leve competitive e, prima ancora, etiche“, chiudendo con un messaggio programmatico: “AIS crede fermamente che la responsabilità sia la nuova frontiera dell’eccellenza.”

L’impegno dell’associazione è stato ribadito da Camillo Privitera, Responsabile Nazionale AIS per gli Eventi e il Sociale: “questa Terza Giornata Nazionale non è solo un evento, è una dichiarazione di intenti. Come AIS, crediamo che il ‘sociale’ e la ‘sostenibilità’ debbano camminare insieme alla governance. Il nostro progetto AIS4AID nasce proprio per dare concretezza a questi valori: non vogliamo solo formare sommelier, ma cittadini consapevoli che l’etica è il primo ingrediente di un territorio sano.”

Un concetto rafforzato da Francesco Baldacchino, Presidente di AIS Sicilia, che ha legato l’evento al territorio: “ospitare questa giornata in Sicilia ha un valore profondo. La nostra terra, oggi minacciata dalla siccità, custodisce un sapere antico basato sul riutilizzo e sul rispetto della risorsa più preziosa: l’acqua. Esistono già casi virtuosi che dimostrano come la sostenibilità non sia una moda, ma una lezione che il nostro passato ci offre per progettare il futuro.“

Ticianne Costa: la governance non è un costo, è il valore dietro l’etichetta

“E se il futuro del vino non fosse nel bicchiere, ma nelle persone?”. Con questa domanda sovversiva, Ticianne Costa ha aperto il suo intervento, spostando il baricentro dal prodotto ai valori che creano appartenenza.

Ha iniziato definendo i tre pilastri ESG in modo pragmatico. La “E” (environmental), ha spiegato, non è “solo installare il proverbiale pannello solare”, ma è soprattutto “creatività” nel riutilizzo delle risorse, come l’acqua. La “S” (sociale) riguarda la sicurezza sul lavoro e la valorizzazione della comunità, sottolineando che spesso “le cantine non capiscono nemmeno quanto bene già fanno per il territorio”.

Ma è sulla “G” (governance) che Costa ha concentrato l’analisi. L’ha definita “il sistema operativo della cantina”, l’unica garanzia che “dietro la bellissima etichetta ci sia sostanza, etica e responsabilità”. Ha dettagliato le componenti della governance: non solo etica e compliance normativa, ma anche gestione dei rischi, responsabilità verso l’intera filiera (gli stakeholders) e una “comunicazione efficace”. Ha insistito sul comunicare il bene, non per vanto, ma perché “ci sono realtà che meritano di essere raccontate”.

Citando un dato cruciale – l’88% dei consumatori desidera che le aziende li aiutino a “fare la differenza” – ha smontato la percezione della sostenibilità come un costo, ridefinendola un investimento strategico con tre benefici chiari. Primo, l’accesso ai capitali: “attrae investitori, fondi e credito agevolato”. Secondo, l’efficienza: “ottimizzare i processi interni riduce le spese”. Terzo, la reputazione: “genera fiducia e trasforma il cliente in un ambassador che sceglie quel vino non perché costa meno, ma perché ne condivide il valore”.

Per dimostrare la potenza dell’inclusione (la “S”), Costa ha portato l’esempio del progetto “Sommelier Astemio“, tributando un applauso al suo ideatore presente in sala, Raffaele Massa (delegato di AIS Bari). Ha scelto un caso “nato in casa”, ha detto, per dimostrare l’impatto che va oltre il partecipante. “Non è solo il ragazzo disabile che si sente utile,” ha spiegato, “è l’impatto che ha sulla famiglia, sui colleghi di lavoro, che imparano un modo diverso di abbracciare una persona”. Citando Sofia Corradi, l’ideatrice del progetto Erasmus (“non fa professionisti migliori, ma esseri umani migliori”), ha definito il progetto un seme che “abbatte i pregiudizi” e la cui rete di impatto “non possiamo nemmeno immaginare dove arriverà”.

Infine, rispondendo alle domande, ha ammesso che poche cantine fanno bilanci di sostenibilità perché la legge non obbliga tutti, ma ha avvertito: “molte aziende già fanno ESG, ma non riescono a dimostrarlo”. E sul consumatore finale, ha chiosato: le nuove generazioni “bevono meno ma meglio”, e in quel “meglio” c’è la consapevolezza che l’atto di acquisto “è anche un posizionamento politico”.

Chiara Ponti: l’industria del vetro, tra eccellenza italiana e miti da sfatare

Se Costa ha parlato del software etico, Chiara Ponti, sustainability manager di O-I Glass, ha portato la platea dentro l’hardware: l’industria, la materia, la “E” di environmental. Il suo intervento è stato un viaggio affascinante nella realtà di un colosso da 7,5 miliardi di dollari (di cui quasi uno generato dall’Italia) e nella fisica dell’economia circolare.

Ponti ha prima di tutto difeso il suo materiale, il vetro, definendolo l’imballaggio perfetto: non solo è inerte e l’unico riconosciuto sicuro dalla FDA (Food and Drug Administration, l’agenzia federale statunitense responsabile della protezione della salute pubblica assicurando la sicurezza e l’efficacia di farmaci, prodotti alimentari, cosmetici e dispositivi medici), ma è riciclabile al 100% e all’infinito senza perdere mai le sue caratteristiche.

Ha poi illustrato la strategia di O-I, basata su obiettivi di sostenibilità recentemente “accelerati” perché quelli originali (posti nel 2021) erano già stati superati. L’azienda ha alzato l’asticella globale: dal 40% all’80% di energia rinnovabile entro il 2030, e dal 50% al 60% di contenuto di vetro riciclato. Su entrambi, l’Italia è un caso di eccellenza: “con orgoglio posso dire che in Italia abbiamo raggiunto il 100% di energia rinnovabile” (acquistata con certificati d’origine) e, sul riciclato, “l’Italia nel 2025 è già al 59%”, a un passo dal target 2030. Un risultato possibile, ha spiegato, grazie a un sistema di raccolta che in Italia è all’80%, contro la media di alcuni stati USA, come l’Illinois, ferma a un misero 8%.

La vera leva strategica, ha spiegato, è il “rottame”: ogni 10% di rottame inserito nei forni riduce le emissioni di CO2 del 5% e abbassa i consumi energetici. Ma, ha avvertito, la qualità del rottame è tutto. L’industria non può permettersi “infusi” (impurità come ceramica o ferro) che possono creare micro-tensioni e rotture nella bottiglia finita. La sfida tecnologica è anche sui forni: Ponti ha citato l’impianto di Villotta di Chions (Pordenone) che già usa forni alimentati esclusivamente a ossigeno (riducendo CO2 e NOx) e la sperimentazione su idrogeno e biogas.

L’esempio più virtuoso di questo processo è il progetto “100% Sicilia”, sviluppato con la Fondazione SOStain. Nello stabilimento di Marsala, O-I si trova a soli 700 metri dall’impianto di trattamento vetro (SAPO) e utilizza il 92% di rottame esclusivamente siciliano per produrre bottiglie leggere (410 grammi) per i produttori locali.

Ponti ha chiuso con un’onesta disamina della “S” (sociale). Ha ammesso il pesante gender gap in un ambiente storicamente maschile (caldo, rumoroso, faticoso), dove la percentuale di donne è “inferiore a quella che mostro con le due mani”. L’azienda sta reagendo con iniziative come la formazione sul linguaggio inclusivo (con Fondazione Di Verbo), l’attivazione di uno sportello di supporto psicologico (Mindwork) e l’inserimento di ingegnere donne sulle linee. Ha persino citato l’aneddoto di un collega che, grazie al corso di defibrillatore aziendale, ha salvato una vita assistendo a un incidente.

Nelle battute finali, Ponti ha sfatato due miti. Sollecitata da Francesco Baldacchino, ha confermato che una bottiglia più spessa non conserva affatto meglio il vino e che il vetro riciclato ha la stessa identica qualità del vergine. Un test fatto a Marsala con il 100% di rottame, ha rivelato, ha prodotto bottiglie perfette dal punto di vista strutturale.

Giuseppe Bursi: l’allarme di SOStain e la sostenibilità reale di Settesoli

A chiudere il cerchio è stato Giuseppe Bursi, presidente di Cantine Settesoli e consigliere della Fondazione SOStain. Il suo intervento ha rappresentato la sintesi tra etica e pragmatismo agricolo, culminando in un drammatico grido d’allarme.

Prima, Bursi ha presentato il modello SOStain: una fondazione no-profit (nata da DOC Sicilia e Assovini) che guida le cantine verso una sostenibilità misurabile e impone ai soci un disciplinare serissimo basato su dieci requisiti minimi. Il suo fiore all’occhiello, ha sottolineato, è il “divieto assoluto del diserbo chimico”, un punto fondamentale che la distingue da altre certificazioni “che purtroppo lo prevedono”. Il disciplinare impone anche l’uso di indicatori VIVA – acronimo del programma ministeriale La Sostenibilità della Vitivinicoltura in Italia, che misura l’impatto della filiera su quattro indici: Aria, Acqua, Vigneto e Territorio (Bursi ha citato infatti i controlli su acqua e carbonio) – e la preferenza per bottiglie leggere, scontrandosi con mercati “come la Cina, che vuole la bottiglia pesante”.

I progetti di SOStain sono concreti: dalla bottiglia “100% Sicilia” (410 grammi, 92% riciclato, 10 milioni di pezzi nel 2024 con un risparmio di 3.552 tonnellate di CO2) al biomonitoraggio con le api (definite “sentinelle”), dal riciclo etico dei tappi (con Aguri) al progetto sociale “Umanamente”, un orto sociale a Palermo per persone con difficoltà psichiche. Un successo cruciale è arrivato dal mercato: “il nostro marchio SOStain è stato riconosciuto da Intertek per i monopoli scandinavi“, garantendo un punteggio premiale nei tender.

Poi, Bursi ha indossato la veste di presidente di Cantine Settesoli (2.000 soci). Ha parlato di sostenibilità applicata: 11 impianti fotovoltaici (per arrivare al 45% di autoproduzione), packaging sostenibile e un avanzato impianto di depurazione “che ci permette di massimizzare la qualità degli scarichi e riutilizzare i fanghi come fertilizzanti nei vigneti”.

Ma il cuore del suo intervento è stato l’allarme. La sostenibilità, ha spiegato, “deve essere prima di tutto economica e finanziaria” per l’agricoltore. Oggi la Sicilia vive una crisi drammatica causata da due fattori: la siccità (rese crollate a 56-70 quintali/ettaro) e l’incuria infrastrutturale, con “dighe e laghi che non funzionano da vent’anni in maniera inaccettabile”. Questa crisi economica sta spingendo gli agricoltori ad accettare le offerte di multinazionali per installare pannelli solari. Bursi l’ha definita una “jattura mostruosa“: “immaginate, invece del mare e della campagna, chilometri di pannelli solari. Questo distrugge il paesaggio e l’enoturismo”. La risposta di Settesoli, ha concluso, è un investimento da 13 milioni di euro in tecnologia “5.0” per ridurre i costi e aumentare la qualità, per poter continuare a dare la giusta remunerazione ai soci.

Verso un bene comune: la lezione della terza giornata nazionale AIS

La giornata si è conclusa con una riflessione del Vicepresidente Nazionale AIS, Marco Aldegheri, che ha chiesto ai relatori cosa le aziende invidino al mondo associativo in termini di ESG. Ticianne Costa ha risposto che le associazioni, come l’AIS e il suo impegno in AIS4AID, possiedono un “senso di appartenenza” e un “bene comune” che le aziende faticano a costruire. Un valore che i partecipanti hanno potuto toccare con mano.

Redazione AIS
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