Dimenticate il Novello: il vero affare oggi è il Beaujolais
Lontano dalle luci effimere e dalle operazioni commerciali legate al Nouveau, si nasconde uno dei segreti meglio custoditi dell’enologia francese attuale. A Moulin-à-Vent, il vitigno gamay sfida il pinot nero per eleganza e capacità di invecchiamento, ma a una frazione del prezzo. Lauren Mowery ci guida attraverso le annate 2022 e 2023 per scoprire perché questi vini rappresentano oggi il miglior rapporto qualità-prezzo sul mercato globale.
Per anni, nell’immaginario collettivo – e diciamolo, anche in quello di molti appassionati italiani – la parola “Beaujolais” ha evocato ceste da supermercato a novembre, profumi di banana e vini da bere nel giro di poche settimane. Ma è tempo di aggiornare il software. Come sottolinea Lauren Mowery sulle pagine di Forbes, quelle promozioni legate al vino novello sono ormai un ricordo sbiadito rispetto alla vera notizia: i villaggi “cru” della regione si sono affermati come fonti di gamay distintivi, identitari e capaci di sfidare il tempo. Spesso presentati come alternative economiche alla Borgogna, questi vini meritano in realtà di essere capiti alle loro condizioni: strutturati, sfumati e definiti dal luogo di origine.
Il epicentro di questa rivoluzione qualitativa è Moulin-à-Vent. Se l’ascesa del Beaujolais Nouveau nel tardo XX secolo aveva offuscato la reputazione di questa denominazione, le vendemmie recenti hanno ribadito ciò che i produttori locali sostengono da sempre. Con una domanda attualmente al vaglio per elevare 14 lieux-dits (le singole parcelle) allo status di Premier Cru, Moulin-à-Vent rimane uno dei valori più avvincenti della regione. Offre vini costruiti per invecchiare con un livello di definizione del territorio che il mercato non ha ancora pienamente prezzato.
Uno sguardo alle annate recenti aiuta a orientarsi. La 2023 riflette una stagione di crescita plasmata da un finale più fresco e piogge tardo-estive ben tempestate; il risultato, specialmente sui suoli granitici di Moulin-à-Vent, sono vini con acidità preservata, alcol moderato e una definizione netta di frutto rosso, già approcciabili oggi. La 2022, al contrario, racconta una storia di calore e siccità: acini più piccoli e bucce più spesse hanno generato vini di grande concentrazione che, nelle mani migliori, bilanciano densità e freschezza, mostrando un chiaro potenziale di invecchiamento.
Ma veniamo al portafoglio, un aspetto che Forbes non trascura mai. Mentre la Borgogna “entry-level” raggiunge cifre importanti e il Pinot Nero californiano di fascia media viaggia ormai sui 50-70 dollari, le migliori espressioni di Moulin-à-Vent si trovano ancora nella fascia tra i 30 e i 40 dollari. Un posizionamento che li rende, di fatto, un affare imperdibile.
Tra i produttori recensiti, tutti membri dell’associazione Cap MAV che lavora per alzare gli standard della denominazione, spiccano alcune eccellenze. Il Château du Moulin-à-Vent 2022, bandiera della tenuta fondata nel 1732, ottiene un punteggio stellare (95 punti) grazie a un assemblaggio di tre terroir storici che regalano frutti neri, petali di rosa e una struttura tannica degna di lungo invecchiamento. Allo stesso livello si piazza l’Héritage 2022 del Domaine Paul Janin, un esempio magistrale di vecchie vigne che giocano sulla setosità e sulla profondità.
Interessante notare come grandi nomi della Borgogna stiano investendo qui, portando il loro savoir-faire. È il caso di Thibault Liger-Belair, il cui La Roche 2017 dimostra la capacità evolutiva del Cru con note di sottobosco e tartufo nero, o di Louis Boillot, che con il suo Champ de Court 2023 firma un vino etereo e delicato che strizza l’occhio al Pinot Nero per grazia e leggerezza. Anche la maison Albert Bichot conferma la tendenza con un Rochegrès 2023 ricco ma mai pesante.
La rassegna prosegue con realtà familiari che esaltano il granito locale: dalla Famille Guérin con il suo Les Thorins 2023, vibrante e minerale, allo Château Bonnet dei fratelli Perrachon, fino alla versatilità gastronomica dello Château des Jacques (proprietà di Louis Jadot), il cui Clos de Rochegrès 2023 ha retto persino il confronto con un piatto di noodle tailandesi piccanti.
Che si tratti della generosità accessibile del Domaine Richard Rottiers o della tensione minerale del Merlin, il messaggio è univoco: questi vini non sono più i fratelli minori della Côte d’Or. Sono espressioni autentiche, complesse e, per ora, incredibilmente convenienti. Un invito a riempire la cantina prima che il mercato – e i prezzi – se ne accorgano definitivamente.