Cantine Florio, custodi di tradizione
Quando si parla di Marsala, si parla di Florio; allo stesso modo, la famiglia Florio ha legato in eterno il suo nome al Marsala. Fu Vincenzo, nato in Calabria nel 1799, e da lì sbarcato in Sicilia, ad acquistare, nel 1833, un terreno fronte mare, compreso tra i bagli di Woodhouse e degli Ingham – Whitaker. Oggi le Cantine Florio, proprietà della ILLVA Saronno dal 1988, occupano oltre due ettari e ospitano più di 3.000 botti custodite all’interno di un grandioso edificio a quattro navate, ciascuna delle quali con un proprio nome (Donna Franca, Florio, Garibaldi, Ingham Woodhouse) e una destinazione differente. La profondità delle navate di questa grandiosa cattedrale del Marsala (quella dedicata agli Ingham Woodhouse raggiunge quasi i 200 metri) non è casuale: le diverse distanze dal mare imprimono caratteristiche differenti ai vini contenuti in tini, botti e caratelli di diversa età e dimensione. Là dove il mare si fa più vicino, la temperatura diminuisce e la salsedine aumenta; là dove si raggiungono le profondità dei corridoi, la temperatura sale e l’umidità si riduce, arricchendo i campioni di profumi terziari più complessi. Influenza della salsedine, temperature, umidità, dimensione dei legni: tutto concorre a comporre una orchestra che l’enologo Tommaso Maggio dirige ogni giorno con grande passione.
Quando si parla di Marsala, si parla di Florio. Oggi, con le sue linee Exclusive, Premium e Classic, cui si aggiungono quelle storiche come Aegusa o Donna Franca, è possibile godere appieno dell’esperienza di un grandissimo vino fortificato.
Ci vuole una bussola per orientarsi in questa foresta di querce, come amano definirla, ma la geografia con cui è necessario confrontarsi qui non è solo quella topografica dell’edificio, come spiega l’enologo Tommaso Maggio: “la geografia per noi non si ferma alla cantina: è una dimensione che si estende alla superficie delle singole botti, e a quella meno scontata dell’ascolto“. Una geografia emozionale, dunque, in cui lo spazio e il tempo dell’edificio, del suo contenuto liquido, si fondono con la chiaroveggenza dell’enologo, capace di sentirne il battito vitale e di sottrarlo al fluire irreversibile del tempo per renderlo immortale in una bottiglia. Quanto alle uve impiegate, il grillo fa la parte del leone (è il caso di dirlo, se pensiamo allo storico logo della casa), insieme a piccole parti di catarratto. “Non diraspiamo le uve, e usiamo il torchio tradizionale, imprimendo una forza tra i 5 e gli 8 bar – spiega Tommaso – una pressione non comune per un vino fermo ma adatta per le nostre necessità: vogliamo strappare l’anima all’acino, perché il nostro mosto sia ricco, concentrato“. La fermentazione, a temperatura controllata, si compie in centenarie vasche di cemento, al termine della quale il vino viene collocato in botte, senza alcun travaso né filtrazione. Ne nasce un “vino culturale“, in quanto materia prima su cui poggia l’intero racconto di un progetto multidisciplinare come quello del Marsala. Exclusive, Premium e Classic sono le tre linee principali della cantina, cui si aggiungono quelle storiche come Aegusa (dedicata ai millesimi più storici) o Donna Franca; quella Gourmet (Terre Arse, Targa, Oltre Cento), e la linea VecchioFlorio, tutte disponibili sul sito di Cantine Florio.