La costruzione di un vino
Siamo abituati ad accogliere con curiosità e interesse la presentazione di nuovi vini che le cantine propongono al loro pubblico, ma difficilmente ci chiediamo come nasce quel vino, non tanto dal punto di vista tecnologico, della vinificazione e delle maturazioni, ma dal punto di vista della concezione.
Come viene concepito un nuovo vino?
Quali sono le logiche, i ragionamenti, le azioni che il viticoltore che vuole, in modo consapevole e non casuale, produrre un nuovo vino, deve considerare?
Ne abbiamo parlato con Giotto Wine Listeners, un’azienda di consulenza che fornisce un’assistenza a tutto tondo alle aziende vitivinicole e proviamo a stilare una sorta di flusso, forzatamente ridotto e conciso.
L’idea del produttore
Ovviamente si parte dall’idea del produttore, dalla sua voglia di fare un nuovo vino, un prodotto che possa aggiungersi alla gamma preesistente. Il vignaiolo ha, quasi sicuramente, già in mente la tipologia, con le sue caratteristiche, i sentori, la longevità e, probabilmente, anche il vitigno.
Il vino, innanzitutto, deve comunicare il produttore, la sua identità e quella del territorio.
Concetti affascinanti ma non sempre facili da realizzare, controllare e quantificare.
L’idea iniziale si deve dunque trasformare in azioni concrete e un approccio multidisciplinare è fondamentale, a partire dalle considerazioni di tipo economico. Occorre capire come il mercato potrà recepire il nuovo prodotto, se c’è spazio nella gamma attuale. Quali sono i mercati a cui si rivolge? Prevalentemente locale o nazionale o estero?
Inoltre, il prezzo di vendita, a questo stadio ancora soltanto ipotizzato, è coerente con il posizionamento dei prodotti simili della concorrenza? Quali sono i fattori di vantaggio rispetto ad altri vini? E di svantaggio? Cosa ne pensa la rete vendita?
Trovata una risposta, auspicabilmente positiva, a tutte queste domande, è giunto il momento di passare al campo.
Partire dalla formazione geologica del suolo
È necessario identificare il vigneto da cui prelevare le uve. Ogni vino è come un progetto architettonico, si parte dalle fondamenta, dalla formazione geologia del suolo.
Se si tratta di un nuovo impianto occorre analizzare il terreno e la sua composizione, la vitalità del suolo, oltre che, la sua esposizione e il microclima. Questo porterà poi alla scelta del portainnesto più adatto non solo al luogo ma anche al tipo di vino che si intende produrre; portainnesto più o meno vigoroso, più o meno fittonante, adatto a suoli calcarei piuttosto che ricchi di minerali o argillosi. Ragionamento simile occorrerà applicarlo per la scelta del clone del vitigno prescelto; deve produrre un’uva dalle caratteristiche che ben si adattano alla tipologia di vino che si intende ottenere.
Identificare la migliore tipologia di impianto
Andrà poi identificata la migliore tipologia di impianto, la disposizione dei filari e la forma di allevamento. Tutto questo tenendo conto anche del cambiamento climatico che oggi ha ripotato in auge forme di allevamento ormai quasi scomparse come il tendone o l’alberello; forme economicamente più dispendiose, ma che riescono a proteggere meglio i grappoli dall’insolazione. E ancora, occorrerà definire le rese per ettaro, la gestione della parete fogliare, dei diradamenti e il periodo della vendemmia.
Se invece il vigneto è già esistente occorre domandarsi se le uve che produce e le modalità in cui è gestito sono in linea con il vino che si intende realizzare e se, eventualmente, possono essere adattati cambiamenti per renderlo maggiormente in linea con le nuove esigenze.
Se il vitigno filtra, interpreta l’annata, sta al progetto enologico valorizzare gli aspetti identitari del terreno. La tecnica è lo strumento nelle mani dell’enologo per interpretare il territorio.
La produzione vera e propria
Si può spaziare dalle vinificazioni a uva intera a quelle senza raspo, dall’uso di lieviti indigeni (con pied de cuve o senza) a quelli selezionati, dalla fermentazione in acciaio a quella in legno, dalla scelta della temperatura di fermentazione alla lunghezza delle macerazioni, solo per citare alcune tecniche. Insomma, un’infinità di scelte. E altrettante sono disponibili in fase di maturazione del vino prima dell’imbottigliamento. L’uso della temperatura come fattore per la gestione dell’uva, del mosto e del vino sta diventando sempre più importante se si vogliono raggiungere elevati standard qualitativi.
Superate tutte le difficoltà connesse alla produzione, dell’uva prima e del vino dopo, occorre affrontare la questione packaging. Dalla scelta della bottiglia e del suo peso, al nome del vino e all’etichetta, al tipo di chiusura: sughero o chiusure tecnologiche?
La sostenibilità ambientale, etica ed economica
Parallelamente a tutto questo lungo percorso esiste poi il grande capitolo della sostenibilità: ambientale, etica ed economica. Tutte le fasi della produzione sono impattate: dalla gestione della vigna alle pratiche di cantina. Il consumatore oggi è sempre più attento alle dinamiche ambientali e l’approccio etico, in alcuni mercati, è diventato un fattore fondamentale per il successo di un vino.
La sostenibilità non si può limitare a un mero elenco di regole da rispettare, deve essere un atteggiamento, una dinamica che coinvolge tutti i lavoratori dell’azienda. Le sue tematiche devono essere analizzate, valutate e fatte proprie e poi devono essere messe in atto tutte le azioni possibili per incrementare il livello di sostenibilità in tutte le sue declinazioni.
In conclusione, la creazione di un nuovo prodotto comporta un grande numero di decisioni che devono essere prese in modo coerente con l’obiettivo enologico che ci si è posti. Un nuovo vino non può essere improvvisato né tantomeno può essere il risultato solo dell’estro e della creatività di un produttore; è frutto di un attento lavoro di analisi e di studio che coinvolge numerose e diverse competenze non sempre tutte presenti all’interno dell’azienda.