Il crepuscolo delle denominazioni?
Un numero crescente di viticoltori sta abbandonando le denominazioni di origine geografica in favore di una maggiore libertà creativa. Questa tendenza è alimentata dalla crescente complessità delle denominazioni, dall’associazione con vini di bassa qualità e dall’avvento di internet e dei social media, che consentono ai produttori di comunicare direttamente con i consumatori. Il futuro delle denominazioni di origine è incerto, ma è chiaro che il mondo del vino sta vivendo una profonda trasformazione.
Le denominazioni di origine, nate nella prima metà del secolo scorso, hanno svolto un ruolo cruciale nel plasmare la percezione del vino da parte dei consumatori. Fornivano una garanzia di provenienza delle uve e di rispetto degli standard di sicurezza, oltre a essere associate a una percezione di qualità superiore. Più stringenti erano le regole e più circoscritta era l’area geografica, più accurata si riteneva l’espressione del terroir nel vino.
Tuttavia, questa visione semplicistica e binaria sta gradualmente perdendo la sua rilevanza, come fa notare Jacopo Mazzeo su The Wine Enthusiast . Un numero crescente di viticoltori, in tutto il mondo, sta scegliendo di affrancarsi dai vincoli delle denominazioni, in favore di una maggiore libertà e creatività nel processo produttivo.
La crescente complessità delle denominazioni, con l’aggiunta di nuove sottozone e categorie, sta creando confusione tra i consumatori, che faticano a orientarsi tra le innumerevoli etichette. Inoltre, alcune denominazioni sono state associate a vini di bassa qualità, portando alcuni produttori a distanziarsi da esse per proteggere la propria reputazione.
La libertà di operare al di fuori delle denominazioni permette ai viticoltori di concentrarsi maggiormente sulla varietà dell’uva e sul proprio stile personale, creando vini unici e innovativi. Questo approccio si rivela particolarmente efficace nel raggiungere un pubblico più giovane, alla ricerca di vini originali e non convenzionali, che non si riconoscono nelle rigide classificazioni tradizionali.
L’avvento di internet e dei social media ha inoltre rivoluzionato il modo in cui i produttori comunicano con i consumatori. Ora possono raggiungere direttamente il loro pubblico, senza la necessità di passare attraverso i canali tradizionali delle denominazioni. Questo ha portato alla nascita di marchi forti e riconoscibili, capaci di affermarsi sul mercato indipendentemente dall’appartenenza a una specifica denominazione.
Emblematici sono i casi di Anthony Aubert, che produce vini senza denominazione nel Languedoc-Roussillon, Lisa Anselmi, che ha abbandonato la denominazione Soave per i suoi vini veneti, e Loic Pasquet, che ha creato uno dei vini più costosi al mondo, il Liber Pater, senza aderire alle denominazioni di Bordeaux. Questi vignaioli, e molti altri come loro, stanno dimostrando che è possibile creare vini di alta qualità e successo commerciale anche al di fuori dei confini delle denominazioni.
Questa evoluzione nel mondo del vino solleva interrogativi sul futuro delle denominazioni di origine. Saranno ancora rilevanti in un mercato sempre più globalizzato e competitivo? Riusciranno ad adattarsi alle nuove esigenze dei consumatori e dei produttori? Solo il tempo potrà dirlo. Ma una cosa è certa: il vento del cambiamento sta soffiando forte, e il mondo del vino non sarà più lo stesso.