Minutolo, un bianco nella terra dei rossi
Cos’hanno in comune la bellezza fiabesca della Valle d’Itria da un lato e quelle desolata della Murgia e arida e calda della pianura ionica che anticipa il Salento dall’altro? Cosa collega tre punti di una ideale strada lunga un centinaio di chilometri, così diversi tra loro, pur essendo nel cuore della Puglia, ma che al tempo stesso riescono ugualmente ad affascinare? La risposta è in un vitigno che per storia e nome sembra quasi volersi nascondere ma che invece è capace di regalare vini – bianchi in una terra di rossi – che in pochi anni si sono ritagliati prepotentemente lo spazio che meritano. Oltretutto in molteplici declinazioni.
Vale però prima la pena fare un piccolo passo indietro e sgomberare il campo da una errata convinzione che per troppo tempo ha anche contribuito a limitare le potenzialità e la crescita qualitativa di quest’uva in fatto di nome, conoscenza ed etichette: il minutolo non ha nulla a che fare con il fiano. Non è un sinonimo del simbolo della viticoltura di Avellino, non ne è una varietà, non ne condivide il DNA. Anzi, se una parentela genetica ce l’ha, questa è con i moscati.
L’inghippo sta in quel nome – fiano minutolo – per troppo tempo utilizzato, scelto per le sue doti di uva semi aromatica (fiano) che produce grappoli piccoli (minutolo). I contadini pugliesi lo hanno chiamato così – ma anche fiano moscato, fiano moscatello, fianello, minutola, moscadella – sin dalla metà dell’Ottocento. Per oltre un secolo è stato coltivato puntando alla quantità più che alla qualità e proprio perché è una varietà non particolarmente produttiva, il rischio di scomparire è stato sempre dietro l’angolo. Se non fosse, come sempre accade in questi casi, per produttori visionari ed enti di ricerca. Nella metà degli anni Novanta quello che si pensava fosse un qualche tipo di fiano è stato prima studiato dal Centro di Ricerca “Basile-Caramia” di Locorotondo, poi catalogato (quattro i cloni inseriti nel Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite, due nel 2011 e due nel 2020) e infine impiantato e giustamente valorizzato.
Oggi viene allevato in tutta la Puglia dalla Daunia al Brindisino, ma ha nei terreni di argilla e calcare della Valle d’Itria il suo luogo d’elezione. Si distingue per una grande versatilità, motivo per il quale questo ipotetico “viaggio” enoico pugliese racconta di uno spumante, di un bianco fermo, di un passito e di un orange attraverso la lente interpretativa di quattro aziende.
Colli della Murgia – Gravina (BA)
A un paio di chilometri dal confine con la Basilicata, nel cuore del Parco Naturale dell’Alta Murgia, nel territorio di quella Gravina dove Daniel Craig-James Bond ha girato il suo No Time To Die, sorge l’azienda che Francesco Ventricelli ha fondato nel 1990. La si raggiunge dopo aver attraversato grandi pascoli naturali prima e il meraviglioso Bosco Difesa Grande poi. L’intera area murgiana è di origine carsica e molto spesso supera i 400 metri slm. L’imponente struttura architettonica realizzata in tufo e mazzaro, cui se ne sta per affiancare una seconda attualmente in fase di costruzione, è circondata da 27 ettari di vigneti. Qui il vento – benedetto per la sanità delle uve! – non cala mai.
Tra gli apripista in Puglia nel riportare alla luce il minutolo sin dal 1998, Ventricelli e la sua enologa Anna Cicirelli producono etichette storiche come “Erbaceo” (50% greco e 50% minutolo) e altre più recenti e di grandissima qualità, come “Myor”, un minutolo 100% che matura per sei mesi in legno e che nelle ultime due edizioni della Guida Vitae si è guadagnato i 4 tralci. O come “Amore Protetto”, un metodo classico brut senza annata: 48 mesi di affinamento sui lieviti per lo spumante nato nel 2010 che unisce aromaticità varietale a freschezza gustativa.
“Amore Protetto” IGP Puglia Metodo Classico
Alcol 13%
La veste è di un giallo dorato di grande luce. Le bollicine sono fini e numerose, quasi ipnotiche nel loro lento incedere nel calice. All’olfatto colpiscono subito le note di pasticceria e quelle fruttate e agrumate che si fondono elegantemente in sensazioni di crostata al limone. Aromaticità del vitigno e terroir si amalgamano poi in richiami di erbe aromatiche quali timo e salvia, e frutta secca. L’assaggio è di sfiziosa cremosità, fresco e verticale verso un finale dai ritorni agrumati. Abbinato con tagliere di salumi e formaggi del territorio, perfetto anche con tartare di gamberi o tortelli di zucca.
Cardone – Locorotondo (BA)
Scendendo verso sud-est si arriva nel sancta sanctorum del minutolo: la Valle d’Itria. Uno scenario da sogno dove vigne, trulli e muretti a secco, tra i 350 e i 400 metri slm, richiamano turisti da tutto il mondo. Nel pieno centro di Locorotondo, la cantina Cardone, fondata nel 1970, lavora le uve dei tanti contadini del luogo (per 11 ettari complessivi) che Marianna Cardone definisce “eroi perché continuano a produrre uve bianche in una regione dal nome rosso”.
Enologa, imprenditrice, appassionata e guerriera come le donne del Sud sanno essere (qualcuno ha detto Milena Pepe o Elena Fucci?), Marianna presenta con orgoglio il nuovo nato, un Locorotondo Dop da verdeca, il primo in Puglia con questa denominazione che abbia il 100% di uve del vitigno autoctono noto per la sua acidità che rappresenta un terzo dell’intera produzione aziendale. Non mancano rossi da susumaniello e negroamaro, e anche un frizzante da pinot nero. Quanto al minutolo, ci si deve accontentare – si fa per dire – di due 4 viti Ais consecutive (annate 2021 e 2022) con l’etichetta “Castillo Minutolo” (acciaio per 3 mesi) che deriva dall’antico nome spagnolo, appunto castello, dato al centro di Locorotondo. “Siamo stati gli ultimi a lavorare questo vitigno – racconta Marianna Cardone –, siamo rimasti fermi a guardare anche per i problemi burocratici legati al disciplinare. Poi ci abbiamo creduto e abbiamo sposato la causa dei nostri confini. Da 4-5 anni lo produciamo con una nostra interpretazione, vale a dire con alcol abbastanza sostenuto e senza avere a tutti i costi una spiccata aromaticità”.
“Castillo Minutolo” IGP Valle d’Itria
Annata 2023 – Alcol 13%
Il calice splende di un giallo paglierino di grande luce. Olfatto di notevole espressività e tipicità che regala agrumi e poi frutta a polpa gialla succosa come pesca e ananas. Si rincorrono zagara, anice, muschio, salvia e uno splendido balsamico di basilico. L’ingresso in bocca è fresco e diretto ma poi si allarga di una avvolgenza calorica ben bilanciata e di carattere sino a un finale sapido con ritorni fruttati. Abbinato con alici marinate con olio evo, pepe rosa e prezzemolo.
I Pastini – Martina Franca (TA)
Dagli ultimi ai… primi. Ci si sposta di una manciata di chilometri verso Martina Franca per arrivare a I Pastini. E per scoprire il punto esatto dove la storia moderna del minutolo ha avuto inizio. Nel 1996 la famiglia Carparelli comincia infatti un lavoro di ricerca e selezione di vecchie viti dalle quali vengono recuperate marze e poi gemme di innesto. Viene così impiantato il primo vigneto, dal quale oggi si produce “Rampone”, il prodotto di punta dell’azienda che il proprietario ed enologo Gianni Carparelli ci fa provare (condensato di aromaticità e freschezza, chapeau!), e che, per le note vicende burocratiche causate dalla confusione anagrafica, solo dopo 17 anni permette di creare un’etichetta che riporti il termine “minutolo” affiancato a quello della Valle d’Itria.
L’azienda, estesa su 18 ettari, è una chicca e a breve sarà ampliata con un ulteriore piano interrato. Tutto intorno crescono vigne punteggiate da trulli e attraversate dalla ferrovia che dà il nome al rosato da susumaniello “Le Rotaie”. Fedele all’obiettivo iniziale di valorizzare i vitigni locali con un occhio particolare ai bianchi (si producono anche due spumanti da verdeca), non mancano i rossi interessanti, come il susumaniello “Verso Sud”. Qui il minutolo è declinato anche come vino dolce. Un passito, prodotto solo in alcune annate, che è l’esempio di come un vitigno possa sedurre in molteplici modi. I grappoli subiscono uno per uno la torsione del peduncolo e poi lasciati surmaturare sulla pianta. Dopo la vendemmia vengono fatti appassire in ambienti idonei e il vino, prima dell’imbottigliamento, matura due anni in legno.
“Elogio alla Lentezza” IGP Valle d’Itria Vino Bianco Passito Minutolo
Annata 2022 – Alcol 13.5%
Il giallo paglierino di grande luce dell’ultima annata disponibile col tempo diventerà ambra splendente. Il naso è un concentrato di frutta esotica, agrumi canditi, fiori gialli. Le spezie dolci anticipano poi sorprendenti note di idrocarburo. La bocca colpisce per la netta acidità che dà equilibrio al calore alcolico e bilancia le rotondità zuccherine. Lunga la persistenza. Sposa piccola pasticceria e dolci secchi ma anche formaggi stagionati.
Vetrère – Taranto
Il viaggio termina in un paesaggio diametralmente opposto: un’ampia pianura a due passi dal piccolo centro di Montemesola, ma ancora in territorio di Taranto, dove l’azienda che copre 50 ettari e le sue vigne sbucano come un’oasi verde tra un mare del nostro didattico giallo paglierino che colora campi di grano da poco mietuto su cui spunta qua e là qualche oliveto. Le radici della tenuta affondano fino a Bisceglie, terra di Michele Ammazzalorsa che nel 1903 sposa Serafina Troilo e lascia i suoi possedimenti a suo nipote Enrico Bruni, padre delle attuali proprietarie Francesca e Annamaria. Nel 2000 inizia la ristrutturazione.
Su queste terre rosse a poco meno di 100 metri slm non distanti dal Mar Piccolo nasce “Minù”, che Annamaria, agronoma dell’azienda (enologa è Martina Andriani, figlia di Francesca) che produce etichette anche da primitivo, negroamaro, malvasia, chardonnay e aglianico, definisce “il nostro ultimo esperimento, alla terza annata: un vino da macerazione non ossidativa della durata di 3-4 giorni tale da estrarre anche la parte piacevole dei tannini. Il minutolo è stata la nostra palestra. All’inizio non è stato facile perché è un vitigno che conoscevamo poco, ma poi abbiamo capito l’importanza del diradamento dei grappoli. È delicato, per questo preferiamo lavorare con le uve che ci dà la natura piuttosto che forzare la mano in vigna, insomma dando più valore alla campagna che alla cantina”.
“Minù” IGP Salento Bianco
Annata 2022 – Alcol 12%
Più che un orange, alla vista appare come un giallo paglierino carico con qualche nota appena accennata d’oro, di notevole luminosità. Spiccano note agrumate di arancia e mandarino. Poi pesca gialla, albicocca, accenni di frutta esotica. Seguono un floreale di ginestra e un vegetale di rosmarino, assieme a lontani echi iodati. Il sorso è fresco, lineare, preciso, con un leggero grip tannico che gli conferisce carattere e personalità. Chiude sapido su ritorni fruttati. Abbinato con involtini di speck e provola affumicata, consigliato anche con crudo di mare.