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Territori del Vino
05/09/2024
Di Carmen Buongiovanni

DiVino Etrusco, un cammino indietro nei secoli

L’origine della parola “vino” si perde nella notte dei tempi; è un termine che ha fatto lo stesso viaggio della vitis vinifera attraversando popoli e secoli: winuwanti nel Caucaso, wnš in egiziano antico, wo-no a Micene, óinos in greco arcaico fino ad arrivare nella nostra penisola. Questa parola, insieme alla vite, fu un dono da parte dei popoli orientali agli etruschi, una popolazione dell’Italia centrale, che ha saputo accoglierla e inglobarla nel suo vocabolario come fosse propria.
Tito Livio, storiografo latino vissuto a cavallo dell’anno zero, raccontava che intorno al quarto secolo a.C. i giovani romani si recavano a Caere, l’odierna Cerveteri, per studiare letteratura, quindi, probabilmente quello etrusco era un popolo colto oltre che raffinato ma, purtroppo, di loro sono rimaste solo pochissime iscrizioni generalmente trovate nelle necropoli, quindi a carattere prettamente religioso.
Nel XIX secolo in Egitto è stata rinvenuta una mummia, le cui strisce di lino che la avvolgevano contenevano un testo scritto in etrusco databile tra il III e il I sec. a.C.: “Liber Linteus” cioè libro di lino. Il liber, che conteneva circa 1200 parole, era una specie di calendario liturgico e in una frase (non ancora interamente decifrata) troviamo la parola vinum, termine che fu ceduto in seguito al popolo romano.

La scrittura etrusca è simile per certi versi a quella greca, ma procede in direzione sinistrorsa

Un evento per dodici città

Sono molti anni che nella parte antica della città di Tarquinia, una delle città che faceva parte della dodecapoli, a fine agosto si svolge il DiVino Etrusco, manifestazione enogastronomica che coinvolge le dodici città.
La kermesse è iniziata il 22 agosto per terminare, con qualche giorno di pausa, il 31 dello stesso mese. L’affluenza è stata incredibilmente alta: decine e decine di migliaia di visitatori durante tutti i giorni della manifestazione con picchi registrati la terza e l’ultima serata. Vincente è stata la formula organizzativa che ha attratto il pubblico di tutte le età sia con degustazioni guidate sia con una serie di proposte collaterali a carattere gastronomico, culturale e di intrattenimento.

Il DiVino Etrusco è un evento organizzato dal Comune di Tarquinia dall’idea di Carlo Zucchetti, detto l’“enogastronomo col cappello” per la sua passione per questo oggetto, che ricopre tuttora il ruolo di direttore del festival.
Durante le sette serate, in ogni strada della cittadina, erano presenti i banchi dove si potevano degustare novantasei tra vini e distillati che rappresentano l’ampio ventaglio delle quarantotto cantine provenienti dalle dodici città.
Circa trenta sommelier aiutavano a scegliere e spiegavano i vini in degustazione, tutto accompagnato da spettacoli e musica dal vivo con oltre sessanta street food per le strade aperti fino a tarda ora.
Tra i distillati proprio in piazza Cavour, la prima piazza entrando nella città vecchia, si è potuto assaggiare il famoso brandy Numa prodotto a Valle della Marta, agriturismo sito in Tarquinia, invecchiato venticinque anni. Questo brandy si è aggiudicato nel marzo 2020 il primo posto alla competizione globale World Spirits Competition, tenutasi a San Francisco con il titolo di “brandy più buono del mondo”.

Il taglio del nastro per aprire la manifestazione da parte di Francesco Sposetti, sindaco di Tarquinia

Anche la gastronomia in evidenza

Fin dai primi giorni numerosi eventi si sono tenuti nel Palazzo Vitelleschi, uno dei palazzi più belli del Quattrocento del centro Italia, sede del Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia, a cominciare con la lettura di brani di Vincenzo Cardarelli accompagnati da vini di Muscari Tomajoli per poi continuare nei giorni successivi con degustazioni dei vini della dodecapoli guidata da Carlo Zucchetti con assaggi organizzati dal laboratorio Slow Food.
L’ultimo fine settimana è stato caratterizzato dalla presenza di piatti cucinati da chef dei ristoranti più rinomati della città per poi terminare l’ultimo giorno con un excursus finale sul modo di fare il vino per gli etruschi e sulla simbiosi che questo elemento aveva nella loro quotidianità.
Il vino laziale è da sempre annoverato tra i prodotti “meno complessi e pregiati” del resto d’Italia, ma in questi ultimi anni ha cominciato ad affermarsi sempre più incrementandosi sia in quantità che in qualità. Per quanto riguarda il vino di Tarquinia si può sicuramente dire che in questi diciotto anni di Festival è cresciuto insieme alla manifestazione, basti pensare che nei dintorni della città nel 2006 c’erano solo quattro cantine oggi ce ne sono dodici.
I “vini etruschi” sono quasi tutti vini biologici fatti da donne e/o uomini che, oltre a fare bene il loro mestiere, cercano di preservare il territorio studiando con l’esattezza posizioni e distanza tra filari ma anche facendo costruire muretti a secco, fondamentali in questo periodo di forte cambiamento climatico.
Anche quest’anno il DiVino Etrusco si è rivelato un gran successo. L’appuntamento è per il prossimo anno (anno del Giubileo) in cui ci saranno grandi novità: la via Francigena passa lì vicino!

L’ingresso del Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia
Carmen Buongiovanni
Carmen Buongiovanni

Dovessi definirmi in un modo sarebbe sicuramente con il nome della famosa cantina di Barolo “L’Astemia Pentita”. Ho cominciato a bere vino poco più di dieci anni fa per una scommessa con una amica, che non finirò mai di ringraziare, ho cominciato il corso di sommelier per condividere la passione che cominciava a nascere con il mio primogenito e tra i tanti corsi ho scelto l’AIS per una precisa indicazione di Alessandra, amica del cuore. Laurea in Statistica computazionale, master di economia e finanza e più di 20 anni come manager in TIM. Doveva essere una pausa, ma questa è stata l’inizio di una nuova vita. Ad oggi sommelier AIS, SAKE sommelier e Master of Whisky, domani… chissà!

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