A spasso col Duca: piccolo viaggio nella tradizione del vino a Verona
Alla scoperta della città che ospita Vinitaly con una speciale guida turistica
Siamo a Verona in pieno centro storico, a pochi passi da Piazza Erbe, ed entriamo nell’Osteria al Duca. Il signore distinto che ci accompagna, il Duca, è di casa nell’osteria che prende il suo nome, è il suo palazzo. Ci trovi nell’angolo la sua sedia riservata e un oste sempre pronto a servirlo. Lui non è il proprietario, ma solo il più nobile degli ospiti, da almeno 140 anni, di padre in figlio. Veronese “de soca” (di cippo) come si dice qui, il Duca della Pignata è una delle figure più note del carnevale cittadino, il più antico Carnevale d’Europa. Dalle ceneri in poi il Duca rimane un’istituzione del quartiere, per questo non potevamo che affidarci a lui per andare a frugare nei costumi del vino della città di Vinitaly. Nei dintorni uno stuolo di piazze e palazzi medioevali: Piazza dei Signori, Piazza Dante, le tombe degli Scaligeri, qui a fianco la casa detta di Romeo e l’antica stalla. La vecchia bottega di cordame è scomparsa, ma è rimasta l’osteria, dove è ancora possibile ordinare un piatto della miglior pastisà de caval.
L’essenza del vino: un oste e il suo ospite
Un crogiolo di “veronesità” che stride un po’ con il via vai di forestieri dagli accenti più diversi, che accompagnano la lunga stagione turistica, gli spettacoli areniani e i tanti saloni fieristici. Qui, in centro storico, il divario tra gli spazi della memoria antica e la pressione dei moderni visitatori si fa evidente. Ma tra queste mura possiamo ritrovare la storia di una città e della sua gente, c’è il vino nel suo ambiente originario, modello primordiale di accoglienza, prototipo del moderno stand. Via i faretti allora, via le vetrine, via le belle signorine della kermesse fieristica per far spazio all’essenza del vino: un oste e il suo ospite. Basta solo un paio di scarpe comode e un piccolo bagno di umiltà per calarsi nelle strette vie dove ci guiderà il Duca, salutando chiunque lo incrocerà.
Mescite, osterie e antiche locande sull’Adige
Scopriamo in questa zona del centro una concentrazione inconsueta di mescite, di osterie, di antiche locande che viene dalla vicinanza dell’Adige, via maestra nei secoli andati per portare in città merci, alimenti e botti di vino. Furono ritrovo di barcaioli, di scaricatori, di commercianti, di magazzinieri e di mugnai, a ricordarci che qui la storia del vino viene proprio dall’acqua. Molti di questi ritrovi hanno ceduto all’implacabile modernizzazione trasformandosi un po’ come in tutta Italia in ristoranti, bar o enoteche, conservando talvolta il fascino antico, non sempre gli usi e i costumi. Ma siamo in buone mani perché il Duca ci guida, a caccia di piccoli scorci d’umanità che possiamo ammirare osservando gli avventori, dopo aver stretto tra le dita un “goto” di rosso, indispensabile per mimetizzarsi tra gli indigeni. Provate a staccare la spina, a tuffarvi tra queste vie dopo una giornata di Vinitaly. Ritroverete l’anima del vino, potrete carpire quella magica complicità che lega il bravo oste ai suoi avventurieri.
L’Osteria Al Duomo, rifugio dalla frenesia quotidiana
Così entriamo all’Osteria Al Duomo. Qui, fino a pochi anni fa, sedevano ogni mercoledì allo stesso tavolo consunto tre canuti musicisti, con mandolino e chitarra. Bastava un litro di rosso per accordare gli strumenti e in breve l’arena del goto si zittiva in ascolto, fino al plauso finale. Oggi i musici non ci sono più, l’osteria è divenuta anche una curatissima trattoria, ma è rimasto il segno di quelle note, che gli strumenti appesi ai muri ci ricordano, un’atmosfera che scalda il cuore forse più del vino. Perché qui l’osteria è rimasta zona franca, rifugio dal ritmo frenetico del quotidiano.
L’atmosfera di una volta all’Osteria Sottoriva
È tardi e il Duca ci richiama all’ordine, così usciamo e lo seguiamo fino a Sottoriva, altra zona d’attracco per barche e anime in pena, lungo quello splendido argine che dalla sponda opposta guarda il Teatro Romano e, in alto, Castel San Pietro a dominare la città. È un lungo vialetto porticato, costellato di vecchi magazzini che un tempo conservavano grano, stoffe, merci di ogni genere e naturalmente tanto vino. Molti di questi edifici ospitano tuttora antiche taverne come Osteria Sottoriva. Occorre entrare per respirare vecchie atmosfere fatte di odori, di colori, di improperi. Una fetta di codeghin, un piattino di nerveti o di sardele in saor, un uovo sodo marinato, presidiano il banco pronti a rapire il malcapitato passante, non il Duca, gourmet raffinato, che seleziona con attenzione solo i migliori manicaretti.
Berto Barbarani e i suoi versi al tavolo della Bottega dei Vini
Usciti di nuovo, infiliamo uno dopo l’altro vicoli e vicoletti, scorrendo lo sguardo su vecchie chiese e su altre osterie, come Al Carro Armato o il Caffè Montebaldo, sarebbe davvero lungo elencarle tutte. Puntiamo su Piazza Erbe e qui dobbiamo pazientare perché il Duca fa spesa di verdure da una bancarella. Il sedano spunta dalla busta anonima passando davanti alle luccicanti vetrine di Via Mazzini, sfidando spavaldo i grandi brand della moda, fino a quando giungiamo in un altro ritrovo storico, Bottega dei Vini. Oggi è un’enoteca di rango, un punto di riferimento, ma pochi sanno che su questi tavoli hanno già bevuto i soldati francesi, quelli austriaci e un piccolo gruppo di letterati, fra i quali quel Berto Barbarani tanto amato dai veronesi. Proprio il tavolo dell’osteria è stato lo scrittoio di tanti dei suoi versi. Bottega dei vini è anche questo, sospesa tra passato e futuro: le radici profonde come una vigna nella storia della città e un pubblico internazionale che non manca di fare tappa qui per un buon sorso di Amarone.
Una cena all’Osteria al Duca
Verona ha questa doppia anima che il poeta tratteggia, un po’ burbera, un po’ malinconica, schernisce sé stessa e stempera con abbondante uso di ironia. Non a caso la più bella fantasia della letteratura, l’amore di Giulietta e Romeo, qui diventa storia vera, perfetta fake news diremmo oggi. Dai “Veronesi tuti mati” come si dice in Veneto, non potevamo aspettarci altro. È sera e ritorniamo all’osteria di partenza, giusto per il primo turno della cena. Qui, infatti, è servita ancora con due orari per accontentare i tanti che vogliono desinare. Capita ogni tanto, ci raccontano, che entri qualche personaggio famoso. Cantante o attore, politico o giornalista, di buon grado ognuno si sveste per diventare semplicemente uno dei tanti avventori. Del resto, qui non si fanno eccezioni, sempre che tu non sia un duca.
Dalla pignata al pignatin
Il quarto Duca della Pignata, all’anagrafe Gianfranco Ballini, classe 1941, è anche una vecchia gloria della Sommellerie veronese fin dal 1985.
È il primo duca del dopo guerra eletto, in assenza di eredi, per suffragio popolare.
Consigli per la visita
Il Comune di Verona, in collaborazione con i ristoratori della città, ha promosso l’istituzione di un elenco dei “Ristoranti Tipici di Verona”. Da questo link è possibile consultare le varie proposte del centro storico. Tutti i ristoranti e le osterie segnalati sono selezionati secondo i criteri fissati da un apposito regolamento comunale per la valorizzazione dell’enogastronomia veronese.