Addio ad Aldo Comi, pioniere di AIS

Si è spento a 74 anni il patron dello storico Ristorante Castello di Cermenate. Pioniere dell’Associazione Italiana Sommelier, la sua figura ha segnato in modo indelebile la cultura enogastronomica lombarda e nazionale. Un ritratto del maestro che ha unito rigore scientifico e passione instancabile.
È una di quelle notizie che lasciano un solco profondo nel cuore di un’intera comunità. L’Associazione Italiana Sommelier si unisce al cordoglio per la scomparsa di Aldo Comi, spentosi l’8 settembre 2025. Con lui non se ne va soltanto il patron del Ristorante Castello di Cermenate, un’istituzione giunta alla quinta generazione, ma una vera e propria pietra miliare della nostra associazione e un patriarca del vino lombardo. Alla moglie Gabriella, al figlio Giacomo e a tutta la sua famiglia va l’abbraccio commosso di chi ha avuto l’onore di conoscerlo e di chi, anche senza saperlo, ne ha raccolto la preziosa eredità.
Un pioniere dell’AIS e custode della tradizione lombarda
Per comprendere la statura di Aldo Comi, bisogna tornare indietro nel tempo, a un’Italia del vino che stava appena iniziando a sognare in grande. La sua iscrizione all’AIS risale alla fine del 1970, appena cinque anni dopo la fondazione dell’associazione. In un’epoca in cui essere sommelier era una missione da pionieri, Comi fu tra i primi a rispondere alla chiamata, a impegnarsi per “diffondere il verbo del vino” quando la cultura della qualità era ancora un seme da coltivare. Non fu un socio qualunque: le cronache dell’epoca, come le pubblicazioni curate dal leggendario Luigi Veronelli, lo indicavano già come figura di riferimento per la Lombardia, un interlocutore autorevole nel dibattito nazionale che avrebbe cambiato per sempre il volto dell’enologia italiana. Il suo ristorante divenne un’ambasciata informale dell’associazione, un faro per le province di Como, Lecco e Sondrio, dove generazioni di appassionati e futuri professionisti hanno potuto imparare e crescere.
Dalla scienza alla “folgorazione” sulla via di Damasco
La sua non fu la traiettoria di un semplice oste. Aldo Comi era un intellettuale del gusto, un uomo la cui autorevolezza poggiava su un percorso unico. Dopo il liceo scientifico e gli studi universitari, scoccò la scintilla per il vino, in un incontro, che lui stesso definì una “folgorazione sulla via di Damasco“, con il sommelier Angelo Serafin presso lo storico ristorante La Pantera di Milano. Fu l’inizio di tutto. Insieme a Serafin intraprese viaggi formativi “in lungo e in largo per la Francia“, assorbendo la grandezza dei terroir di Borgogna e Bordeaux in un momento in cui le eccellenze italiane erano ancora in nuce. Questa duplice anima, quella dello scienziato e quella dell’esploratore instancabile, definì la sua grandezza: era un maestro capace di spiegare il perché scientifico di un’emozione e di comunicarne la poesia.
Il Ristorante Castello: cinque generazioni con il vino al centro
La storia di Aldo Comi è la storia del suo Castello, un’epopea familiare iniziata nel 1870 con il bisnonno Giovanni e l'”Osteria delle Due Porte”. Ma fu lui, a partire dal 1980, a trasformare l’eredità di famiglia in un tempio dedicato al vino. La svolta decisiva arrivò nel 2002 quando, insieme al figlio Giacomo, rivoluzionò il locale. E al centro di questo universo, una cantina leggendaria: circa 16.000 bottiglie, oltre 1.000 etichette, con un cuore diviso tra l’Italia (50%) e la Francia (40%), e uno sguardo curioso sul resto del mondo. Una biblioteca enologica che non era un punto di arrivo, ma lo strumento per un viaggio continuo nel sapere.
L’eredità di Aldo Comi: una guida per le generazioni future
Oggi, il lascito di Aldo Comi vive nel lavoro del figlio Giacomo, che rappresenta la sesta generazione, e nella professionalità della moglie Gabriella e dello chef Mirko Guerra. Ma la sua impronta è molto più vasta. Risiede in ogni sommelier che porta con orgoglio il tastevin, in ogni delegazione AIS che promuove la cultura del bere consapevole, in ogni professionista che, come lui, dedica la vita a una “continua ricerca” dell’eccellenza. La sua vita ci insegna come la passione, se illuminata dalla conoscenza e sorretta dalla dedizione, possa trasformare un mestiere in un’arte. Ciao Aldo, maestro pioniere. La terra ti sia lieve.