Alla scoperta del Romagna Sangiovese. Il territorio
La questione dell’attribuzione della paternità sulla prima comparsa del nome Sangiovese, tra Romagna e Toscana, ha recentemente fornito parecchi spunti di studio e approfondimento agli storici. Risale infatti al 2017, tre anni dopo la prima edizione, la seconda pubblicazione del libro “Romagna Sangiovese” scritto a quattro mani da Giordano Zinzani, ex Presidente del Consorzio Vini di Romagna, e da Beppe Sangiorgi, giornalista e storico. Gli autori hanno approfondito la questione e scavato a fondo negli archivi, partendo dal ritrovamento nell’Archivio di Stato di Faenza di un atto notarile redatto a Casola Valsenio nel 1672, in cui compare per la prima volta il termine “sangiovese”. Fino a prova contraria sarebbe dunque “romagnola” la primogenitura del nome sangiovese che parrebbe essere una “italianizzazione” del termine dialettale romagnolo “sanvés”, annotato in un registro delle derrate prodotte nei vari fondi della Confraternita dei Gesuiti di Faenza: il Libro delli granari e cantina 1647-1652. Riporta la ricercatrice Marisa Fontana in un articolo del 2005: all’anno 1651 di tale libro, si legge “Ad Oriolo di sopra (Oriolo dei Fichi, Faenza, ndr) “uva sanzuvesa so 24” (so= soma: unità di misura dell’epoca). Se da un lato è oramai assodato che il nome sangiovese appare per la prima volta in un documento romagnolo, dall’altro numerosi sono i riferimenti che compaiono già dal XVI secolo e in cui il medesimo vitigno si ritrova in Toscana con vari sinonimi come Sangioveto, Sangiogheto e Sanzoveto. Si può perciò desumere in via definitiva che la culla del sangiovese sia collocabile lungo il crinale dell’Appennino tosco-romagnolo e che la sua conservazione-diffusione possa essere attribuita ai monasteri Vallombrosani di Marradi, Palazzuolo sul Senio e Fiorenzuola. Come annota lo storico Beppe Sangiorgi “da quella parte della Romagna toscana il vitigno è poi disceso nelle vallate faentine ed imolesi e quindi si è diffuso in tutta la Romagna sempre e solo, come il vino, con il nome di Sangiovese”.
Per sua natura il sangiovese è un vitigno molto sensibile e nel versante romagnolo dell’Appennino esso ha sviluppato caratteristiche del tutto proprie. Differenze facilmente riscontrabili, basti pensare alla estrema diversità dei terreni, del clima (continentale in Romagna e Mediterraneo in Toscana) e delle quote altimetriche, senza poi contare le diverse modalità di coltivazione e l’enorme disponibilità di cloni e portainnesti. Di questi in Romagna se ne è fatto ampio uso, sfruttando appieno l’elevata variabilità intravarietale del sangiovese e alternando cloni e biotipi in funzione delle proprie necessita, dapprima produttive e poi qualitative. Una scelta che oggi invece appare sempre più influenzabile dalle condizioni climatiche e dalla disponibilità di risorse idriche sempre più scarse.
Con poco meno di 6.500 ettari (oltre 12 milioni di bottiglie Doc) il sangiovese in Romagna è il secondo vitigno più coltivato (dopo il trebbiano) e il primo in Italia con poco più di 50.000 ha. In Romagna da luogo a una produzione frammentata tra varie tipologie, stili e zone di coltivazione ufficialmente delimitate. Non c’è dunque un solo volto dell’odierno Romagna Sangiovese che possiamo fornire ai nostri lettori, ma solo qualche chiave di lettura.
Aree di coltivazione
Si possono fare diverse distinzioni ma la più importante è quella legata alle quote altimetriche che corrispondono anche a differenze nei terreni. Tuttavia è bene ricordare che la prima ripartizione è quella tra zone collinari e zone pianeggianti determinata dalla Via Emilia che scandisce il progressivo innalzamento di quote facilmente osservabile orientando lo sguardo verso la parte meridionale del territorio. Le denominazioni romagnole includono aree di coltivazione di 4 province, alcune definite “storiche” (parte della provincia di Bologna) e altre amministrative: Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini. Si tratta di un areale molto vasto con formazioni eterogenee; marnoso arenacea nella parte di alta collina, mentre nella parte più bassa che va dalla Via Emilia fino alle pendici dei primi rilievi troviamo componenti argillose e calanchifere. Inoltre, nelle parti più basse non è infrequente trovare terreni formatisi grazie all’accumularsi di materiale detritico trasportato dai fiumi. Dunque una situazione piuttosto complicata che la riforma del disciplinare di produzione del 2011 ha cercato di rendere più chiara e comprensibile, introducendo in alcune denominazioni del Sangiovese l’utilizzo delle MGA, ora ufficialmente sottozone, e che vedremo più nel dettaglio.
Argille evolute del predappiese, sabbie mollasse del Messiniano nel faentino-forlivese, il calcare (spungone) a Bertinoro le arenarie e le argille a Brisighella, i gessi di Riolo e Casola Valsenio, i terreni tufacei di Predappio Alta compongono un mosaico di suoli e terreni che influenzano in maniera netta e riscontrabile il carattere delle uve prodotte, e di conseguenza finiscono anche con il marcare i vini seppure questo passaggio sia più difficile da riscontrare.
Per un consumatore, orientarsi nelle denominazioni romagnole del sangiovese non è proprio semplice, tuttavia l’introduzione delle sottozone in etichetta ha reso più agevole individuare l’areale di provenienza dei vini, un elemento che può aiutare il pubblico nelle proprie scelte. È fuori discussione che una connessione più precisa tra il carattere dei vini e il territorio di provenienza, quando questa si realizza, sia un enorme valore aggiunto.
Valore che, come si è detto, passa giocoforza per l’abilità e l’esperienza del produttore nel saper traslare nei propri vini quei caratteri che sotto altri punti di vista appaiono più evidenti. Un esempio per tutti: nella sottozona più celebrata e reputata, quella di Predappio, convivono vini di stile e carattere completamente diversi che al momento rendono ardua la scelta a quel consumatore che volesse ricercare nei vini una più precisa identità territoriale. Le nuove generazioni tuttavia hanno mostrato di avere al riguardo più consapevolezza e si deve essere fiduciosi che l’identità del luogo di provenienza dei vini in futuro sarà più evidente.
Per comodità di lettura e comprensione abbiamo suddiviso la zona del Romagna Sangiovese in 5 settori ognuno dei quali include più sottozone. Per questo si ringraziano Alessandro Masnaghetti di Enogea per la sua cartina delle sottozone reperibile qui. Il primo lavoro di studio, ricerca e mappatura sul Romagna Sangiovese edita nel 2012, e il Consorzio Vini di Romagna per l’aggiornamento dei numeri.
I numeri del Romagna Sangiovese Doc
SUPERFICIE VITATA 6.235 ETTARI
PRODUZIONE ULTIME ANNATE
2019 93.205 HL 12,4 MILIONI BT.
2020 86.310 HL 11,5 MILIONI BT.
2021 81.548 HL 10,9 MILIONI BT.
2022 75.399 HL 10,1 MILIONI BT.
I numeri del Romagna Sangiovese Doc con sottozona
2019 2.726 HL 363.467 BT.
2020 3.256 HL 434.133 BT.
2021 2.916 HL 388.800 BT.
2022 3.878 HL 517.067 BT.
Se si escludono i cali produttivi legati alle condizioni climatiche, è indubbio che i numeri dei Romagna Sangiovese con rivendicazione della sottozona (che hanno disciplinari più restrittivi) siano in aumento seppure rappresentino allo stato attuale una percentuale ancora troppo bassa. Ma comunque è importante registrare, dopo alcuni anni di stagnazione, una inversione di tendenza da parte dei produttori.
Bene, e allora vediamo più da vicino le attuali sottozone.
L’IMOLESE
In questo quadrante troviamo le sottozone Imola e parte della Serra.
Serra
Si distinguono al suo interno 4 differenti settori. Il primo, partendo da nord, dove i terreni fertili, profondi e argillo-ferrosi danno vita a rossi fruttati e agili. Il secondo, più a sud, è il cuore pulsante del distretto caratterizzato da altitudini tra i 100 e 250 m slm e da suoli argillo-calcarei, e dà vini che esprimono ottima vivacità di frutto, calore e volume ben proporzionati e buona incisività tannica. Il terzo, lungo il corso del Senio, per la presenza di calanchi consente la coltivazione della vite solo in poche zone. Il quarto è l’enclave compresa nel Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola, un paesaggio di bellezza quasi lunare, dove la presenza della viticoltura è meno importante.
Imola
Grande sottozona estesa lungo la via Emilia tra le città di Imola e Bologna. Seppur la viticoltura sia concentrata maggiormente a quote altimetriche medie, la sottozona comprende anche i territori appenninici. Suoli prevalenti: terre rosse e ferrose in prossimità della via Emilia, (zona Gallo), argille grigie alle quote intermedie, terre ocra negli areali più alti (i Tremonti) Argille aranciate e calcaree a Dozza. Altitudine: 60-400m slm. Il Sangiovese è uno dei vitigni più diffusi nel comune di Imola, secondo solo all’Albana. Il 70% si colloca a sud della via Emilia, a testimoniare l’abbondanza nonché la qualità di questo vitigno nel territorio di Imola.
IL FAENTINO
Include le sottozone Brisighella, Oriolo, Marzeno e parte della Serra.
Brisighella
A eccezione di Casola Valsenio e della frazione di Zattaglia, dove i vigneti arrivano a toccare i 450 m slm, il cuore produttivo di questa sottozona si distingue in tre parti assai diverse. Nella prima, partendo da nord, i suoli spaziano dalla componente argillo-ferrosa a quella più calcarea: qui il Sangiovese assume grinta, vigore e calore importanti. La seconda, che ruota intorno al comune di Brisighella, ha terreni di matrice marnoso-arenacea e marno-gessosa con altitudini fino a 400 m slm che garantiscono ai rossi meno muscolo, meno pastosità tannica e maggior ricchezza di dettagli. Nella terza, più prossima alle pendici dell’Appennino, la viticoltura si concentra lungo le terrazze marnoso-arenacee a ridosso del fondovalle del Lamone: qui i vini mostrano un frutto talvolta nervoso e minerale, una struttura tannica piuttosto incisiva e una vena sapida che stempera il generoso contributo alcolico.
Oriolo
Posizionata a metà strada tra Faenza e Forlì, questa zona ospita la viticoltura di qualità sia nella fascia pedecollinare, intorno ai 70 m di quota, sia in quella collinare. I terreni vedono la netta prevalenza di argille dilavate e ferrose, meno rosse e profonde via via che l’altimetria aumenta fino a toccare i 200 m slm: qui il Sangiovese esprime un frutto vivo e succoso, e con esso una struttura lineare e gustosa. Una prima eccezione è rappresentata dai rilievi di Petrignone, con suoli di tonalità più scura, dove il Sangiovese ha un temperamento sapido/tannico più profondo e progressivo della media. La seconda eccezione include la copiosa lente di Molasse del Messiniano, dove il Sangiovese si fa più minerale nei profumi (quasi sulfureo) e in bocca si distingue per uno sviluppo ampio e voluminoso.
Marzeno
Si sviluppa essenzialmente lungo la valle dell’omonimo torrente, e in particolare nella sua parte terminale. Il territorio si presenta dolce, ondulato, di tanto in tanto segnato da calanchi. La vite è decisamente presente lungo i 2 crinali collinari paralleli al corso del torrente, dove i suoli sono di matrice prevalentemente argillo-calcarea e l’altitudine oscilla tra 100 e 200 m: qui i Sangiovese sono caldi, tannici e austeri, ma capaci di esprimere nel tempo notevoli doti di articolazione e dinamismo. La località pedecollinare di Sarna rappresenta l’unica eccezione dove la pianura è più evidente e i terreni si nutrono di argille evolute e fertili: qui i rossi puntano più sul volume e su una ricchezza fruttata che va colta soprattutto in gioventù.
La rocca di Oriolo
IL FORLIVESE
Qui troviamo le sottozone Modigliana, Castrocaro, Predappio, Bertinoro e Meldola.
Modigliana
Sottozona di fama alimentata da un terroir di valore, caratterizzato da una viticoltura esclusivamente collinare, da quote fino ai 500 m slm e da suoli sedimentari prevalentemente di arenarie. Il territorio è solcato da tre torrenti da cui traggono origine tre valli differenti. La prima, di Acerreta, ha terreni con un particolare mix di arenarie e marne calcaree e dà un Sangiovese che mescola spessore tannico e dinamismo, frutto e mineralità, e dalla sicura longevità. La seconda, di Tramazzo, è più ampia e ventilata, con suoli più profondi e vini che lasciano spazio a frutto, freschezza ed eleganza piuttosto che a complessità e calore. La terza, di Ibola, ha suoli più magri di arenarie pure ed è assai più boschiva: la presenza della vigna è inferiore e dà vini che esprimono un carattere aromatico molto personale (di spezie e di erbe) e un impianto sapido/tannico di buona finezza e notevole temperamento.
Castrocaro
Castrocaro vanta 3 zone storicamente vocate e tra loro profondamente differenti. La frazione di Sadurano ha suoli argillosi di natura calanchiva frammisti a vene di sabbia, e vini che si distinguono per potenza e robustezza tannica. Il nucleo di Terra del Sole, più basso per quota altimetrica, alimentato da suoli argillosi poco calcarei e mediamente profondi, dona Sangiovese intensi nel frutto e dolci nella trama tannica, dotati di buon calore e volume. La zona di Bagnolo, infine, è caratterizzata da spettacolari formazioni calanchive, da quote che superano i 250 m slm e da terreni argillo-calcarei tenaci e poco fertili: qui si ottengono rossi più tannici e minerali, di minore intensità fruttata, di percettibile tono vegetale e di più lenta evoluzione.
Predappio
Predappio è sinonimo di un Sangiovese minerale e longevo, vigoroso nel temperamento tannico e poco incline al frutto giovanile, ma la sottozona che include le frazioni di Vecchiazzano, San Lorenzo, Fiumana, San Zeno e Predappio Alta può essere divisa in sei aree geologicamente distinte. La prima, a nord, ha suoli che spaziano dalle argille tenaci alle sabbie plioceniche e un vino che mostra un profilo muscolare, fatto di volume tannico e grinta alcolica in gioventù, in grado di esprimere profumi terziari di notevole distinzione. La seconda, a nord est, si alza fino a 230 m slm con terreni argillo-calcarei segnati da intrusioni arenacee: produce vini meno austeri, più avvolgenti al gusto e più intensi nel frutto. La terza, verso ovest, ha suoli argillosi e compatti, colline morbide, e dà vini che esibiscono calore, ruvidezza tannica e un tono amarognolo marcato. Nella quarta, a sud ovest, i terreni assumono una matrice marnoso-gessosa e il Sangiovese un carattere minerale singolare e una struttura solida, pastosa. Infine, la striscia di vigneti coltivata lungo la valle del Bidente e la frazione di Strada San Zeno dove le quote arrivano ai 400 m slm e il suolo ha una forte presenza di arenaria: qui il Sangiovese si fa apprezzare per un frutto tenero e succoso, screziato da leggere sensazioni vegetali, e per un gusto agile ed elegante.
Bertinoro
Nota come “il Balcone di Romagna”, le sue fondamenta poggiano su dolci colline di natura calcareo-organogena tra i 100 e i 250 m di quota. Una peculiarità pedologica che si traduce in terreni di matrice tufaceo-argillosa, ricchi di fossili marini e decisamente calcarei: suoli che producono rossi di notevole volume, di buon spessore tannico e di ottima sapidità. La viticoltura si concentra soprattutto nel settore settentrionale del distretto, area che può essere distinta in due diversi nuclei: il versante est più aperto alle brezze adriatiche e più basso in quota, e il versante ovest dove il minor influsso del mare è compensato dall’altitudine più generosa delle colline.
Meldola
Chiusa tra le sottozone di Bertinoro e Predappio, lungo la destra orografica del fiume Bidente, Meldola a dispetto della grande estensione del suo territorio è la meno vitata delle 12 sottozone della Doc. Può contare quasi esclusivamente sui pochi vigneti coltivati lungo il tratto terminale del torrente Voltre, a quote che oscillano tra i 100 e i 150 m slm e su suoli argillo-ferrosi non molto profondi e fertili. I suoi vini, che in passato hanno goduto di buona notorietà, sono rossi asciutti adatti all’invecchiamento.
La rocca di Predappio
IL CESENATE
Sono tre le sottozone del Cesenate: Mercato Saraceno, Cesena e Longiano.
Mercato Saraceno
È la sottozona più estesa della Doc e una delle meno vitate. A eccezione di qualche sporadico vigneto coltivato a nord, il resto della viticoltura si sviluppa nei dintorni di Mercato Saraceno, specie lungo il crinale collinare alla sinistra del Savio. Presenta però delle singolarità che la rendono “unica”. La struttura dei suoli mescola sabbie, ghiaie e argille. Particolari sono le condizioni di luminosità, calore, ventilazione e piovosità che risentono della vicinanza dell’Appennino. I vigneti si sviluppano in prevalenza lungo le balze fluviali del Savio e producono un Sangiovese che perde una parte della sua dolcezza fruttata a vantaggio di una maggior incisività tannica e di una più evidente freschezza acida.
Cesena
La sua viticoltura sta guadagnando spazio e una discreta credibilità tra gli addetti ai lavori grazie a un buon numero di giovani vignaioli appassionati. Vede al suo interno due settori distinti. Il primo, partendo da nord, prettamente pedecollinare e argilloso, dona Sangiovese semplici, fruttati e godibili da bere anche nei millesimi più caldi e siccitosi. Il secondo si sviluppa nel “triangolo storico” della vitivinicoltura cesenate, tra Saiano, Carpineta e Sorrivoli, dove le quote variano tra 100 e 250 m slm, i terreni trovano una matrice più arenacea e una maggior quota di calcare, e i vini si lasciano apprezzare per una miscela di frutto (caldo e ciliegioso), di calore e di sapida morbidezza.
Longiano
La valle del Rubicone ha colline che sembrano immense terrazze affacciate sul mare. La zona di viticoltura si divide in 3 diversi crinali, a quote tra i 100 e i 300 m slm. Il primo, da Montiano a Monteleone, ha terreni meno argillosi e più arenacei che si traducono in un Sangiovese di spiccata finezza e mineralità. Il secondo, da Longiano a Roncofreddo, ha una matrice argillosa prevalente e produce vini con un profilo fruttato più evidente e una tannicità più rugosa, conservando una buona dose di calore. Il terzo, da Savignano sul Rubicone verso Borghi, nella parte iniziale dove i terreni sono in parte alluvionati i Sangiovese hanno un carattere più semplice e beverino, mentre nella fascia collinare ricca di argille calanchive sono più robusti e meno sfumati, maturi e scuri nel frutto, voluminosi e rugosi al palato.
La rocca di Longiano
IL RIMINESE
Qui troviamo Verucchio, Coriano e San Clemente.
Verucchio
Si estende lungo la valle del torrente Marecchia dalla Via Emilia sino all’Appennino, la viticoltura è concentrata soprattutto nell’intorno delle località di Verucchio e Torriana, altre località del territorio sono Santarcangelo e Novafeltria. Altitudine: 50-450m slm. Suoli prevalenti: terre brune alle quote più basse, marne gessose e terre grigie alle quote più alte. A Verucchio, sulle pendici dei colli della Valmarecchia, si ottengono vini di maggiore beva.
Coriano
Nel Riminese, il Sangiovese è stato coltivato intensamente fino al 1860, poi è stato abbandonato perché tacciato di possedere poca alcolicità. Successivamente si è ripreso a coltivarlo, notando che le diverse sommatorie termiche riscontrabili nelle vallate che arrivano sulla costa di Rimini, nonché i diversi suoli, creano alcune differenze sul vino che in esse si produce. Coriano vuole identificare e valorizzare l’area appena alle spalle del mare. Si estende lungo la valle del torrente Marano, è la sottozona centrale della provincia di Rimini in cui è concentrata la maggior parte della viticoltura. Con le sue argille grigie e la sua buona esposizione, vi si ottengono vini di Sangiovese più strutturati e adatti all’invecchiamento. Altitudine: 60-250m slm. Suoli prevalenti: terre brune, ocra e grigie.
San Clemente
San Clemente vuole identificare l’areale più caldo del Riminese, con i suoi gessi e le argille più colorate, con vini di struttura, ma anche con una buona tensione acida. Si estende lungo la valle del torrente Conca, è la sottozona più orientale della Romagna. Altitudine: 60-300m slm. Suoli prevalenti: terre brune e rosse, in prossimità di Gemmano marne gessose, alle altitudini maggiori marne calcaree.
Mappa enografica di Rocche di Romagna.
Foto del Consorzio Vini di Romagna.
Ringraziamo il Presidente Roberto Monti e il Direttore Filiberto Mazzanti.