Basta con i dogmi sull’abbinamento. Parola di Eric Asimov
Il celebre critico enogastronomico del New York Times, Eric Asimov, smantella le regole ferree dell’abbinamento, invitando alla libertà e alla sperimentazione. Un approccio che, seppur apparentemente distante dalla metodologia dell’AIS, può arricchirsi di spunti di riflessione che valorizzano l’importanza della conoscenza e della consapevolezza nel mondo dell’abbinamento.
Da sempre, il mondo del vino è avvolto da un’aura di formalità e regole apparentemente inviolabili, soprattutto quando si tratta di abbinare il nettare di Bacco al cibo. Ma è davvero necessario seguire rigidi protocolli per godere appieno di un buon bicchiere di vino a tavola? Eric Asimov, autorevole voce del New York Times e convinto sostenitore di un approccio più rilassato al vino, risponde con un sonoro “no”.
“Bere vino non dovrebbe essere un esercizio intellettuale scoraggiante, ma un puro piacere”, afferma Asimov, smantellando l’idea che la scelta della bottiglia giusta debba trasformarsi in un’impresa ardua, capace di intimorire anche i palati più esperti. L’ossessione per l’abbinamento “perfetto”, secondo il critico, ha creato un vero e proprio “campo minato”, in cui la paura di commettere un errore genera ansia e imbarazzo, minando la gioia di condividere un buon pasto.
Noi di AIS non ci sentiamo di dargli torto: il vino è convivialità, condivisione, piacere. Eppure, come si dice nel mondo della sommellerie, proprio per esaltare al massimo questo piacere, una maggiore consapevolezza delle interazioni tra cibo e vino può rivelarsi un valore aggiunto, un modo per scoprire nuove armonie gustative senza per questo cadere in inutili formalismi.
La “bibbia” degli abbinamenti e i nuovi dogmi
Asimov ripercorre la storia di questa “dittatura” dell’abbinamento, citando la pubblicazione, trentacinque anni fa, del libro “Vino Rosso con il Pesce”, un’opera che, pur nascendo con l’intento di superare la vecchia regola “bianco con il pesce, rosso con la carne”, finì per creare nuove e altrettanto rigide prescrizioni. L’esempio del Dolcetto d’Alba abbinato alla pizza, proposto dal libro, è emblematico: una generalizzazione eccessiva che ignora la varietà di stili e caratteristiche di questo vino.
Una osservazione corretta. Come insegna AIS durante i corsi, le generalizzazioni sono sempre limitanti. Un metodo più efficace partirebbe dall’analisi delle diverse espressioni di un vino: un Dolcetto giovane e beverino si comporterà diversamente da uno più evoluto e strutturato, e questo influenzerà la scelta del piatto.
Da quel momento in poi, libri, riviste e giornali hanno proliferato con consigli e tabelle di abbinamento, trasformando i pasti in veri e propri rituali in cui ogni piatto doveva avere il suo vino “eletto”. “Syrah con piatti molto speziati”, “Zinfandel con paté e terrine” erano solo alcuni dei dogmi che imperversavano, relegando la libertà di scelta a un lontano ricordo.
E sebbene certe associazioni nascano da osservazioni empiriche e da principi consolidati – pensiamo al Syrah del Rodano con la cacciagione – è fondamentale non cadere nella trappola delle etichette. Un Syrah australiano, ad esempio, richiederà un approccio diverso, come ben sanno i sommelier.
La libertà di sperimentare: la vera chiave dell’abbinamento
Ma Asimov invita a ribellarsi a questa tirannia delle regole. “La maggior parte dei cibi si abbina bene con molti vini diversi, non solo uno”, afferma con convinzione. “La cosa peggiore che può accadere è di fare un buon pasto con un buon vino”, sottolinea, invitando a non temere l’errore e a concentrarsi sul piacere della combinazione.
Ed è proprio qui che la sperimentazione diventa fondamentale. Ma sperimentare non significa procedere a casaccio. Una buona base di conoscenza sui principi dell’abbinamento – la concordanza, la contrapposizione, l’equilibrio tra le componenti gustative – può trasformare la semplice prova in una scoperta consapevole, come sottolinea AIS.
L’esempio della pizza con il Dolcetto d’Alba, criticato in precedenza, viene ora rivalutato in un’ottica di apertura e sperimentazione: “Ottima! Ma proverei anche con Barbera d’Alba, Barolo, Chianti Classico, Lambrusco, Champagne, Riesling o una birra”, suggerisce Asimov, aprendo un ventaglio di possibilità inaspettate.
Un’apertura lodevole, certo. Come AIS, però, proviamo ad andare oltre il semplice “provare”. Analizziamo il perché questi vini potrebbero funzionare: il Lambrusco, con la sua effervescenza e acidità, contrasta la grassezza della pizza; il Chianti Classico, con la sua vivace acidità, si sposa bene con la tendenza grassa del formaggio. Comprendere il perché di un abbinamento ne accresce il valore, trasformando l’intuizione in conoscenza, un approccio caro ai sommelier.
Lo stesso vale per l’abbinamento classico bistecca-Cabernet Sauvignon della Napa Valley: “Potrebbe essere ottimo, ma anche un Brunello di Montalcino, un Syrah, un Fleurie o persino un Trousseau del Jura”, afferma il critico, dimostrando come esistano alternative altrettanto valide e interessanti. Persino l’audace abbinamento ostriche-vino rosso, un tempo considerato un’eresia, viene rivalutato alla luce dell’esperienza.
Condividiamo, anche se la scelta non dovrebbe essere casuale. Un Brunello, con la sua struttura potente e i suoi tannini importanti, si confronterà diversamente con una bistecca al sangue rispetto a un Fleurie, che magari esalterà meglio una preparazione più delicata. Questo è ciò che si apprende studiando l’abbinamento cibo-vino.
L’invito alla sperimentazione e all’istinto
“Le regole non sono universali. Ognuno di noi ha le sue preferenze”, ribadisce Asimov, invitando alla sperimentazione personale come vera e unica via per scoprire gli abbinamenti ideali. “Il modo migliore per imparare ad abbinare cibo e vino è… bere vino con il cibo. Vedete cosa vi piace insieme e cosa ha poco senso per voi. Sperimentate. Cambiate”. Solo così, secondo il critico, si possono sviluppare “sicurezza, comfort e istinto” nell’arte dell’abbinamento.
A nostro parere, l’istinto e l’esperienza diretta sono importantissimi, ma una solida base teorica e un metodo di analisi sensoriale ben strutturato possono affinare questo istinto, trasformandolo in una competenza più consapevole e completa.
Un’unica eccezione: i vini antichi e preziosi
Asimov concede un’unica eccezione a questa regola di libertà: i vini vecchi e fragili, soprattutto se rari e costosi, che richiedono abbinamenti più delicati per non sovrastarne i sapori sottili e complessi.
La conclusione: il vino è piacere, non un esame
“Il vino è più semplice di quanto chiunque pensi. Esiste per il nostro piacere”, conclude Asimov, invitando a liberarsi dalla paura di sbagliare e a godere appieno di ogni sorso. “Se vi piace bere, lo state facendo nel modo giusto.”
Siamo d’accordo con Asimov. E questo piacere, questa gioia, può essere ulteriormente arricchita da una maggiore conoscenza e consapevolezza, senza per questo trasformare il vino in un campo di battaglia di regole e divieti, come ben sanno gli appassionati e i professionisti del settore.