Borgogna 2025: la qualità del trionfo, la quantità del disastro
Vi presentiamo un’analisi della Master of Wine Christy Canterbury, pubblicata sul portale internazionale Wine-Searcher.com, sulla vendemmia 2025 in Borgogna. È un’annata di estremi: la qualità è “magnifica”, ma le quantità sono disastrosamente basse. Tutta la regione, da Chablis al Mâconnais, ha combattuto contro il clima, in uno scenario che ricorderà ai produttori italiani le loro recenti battaglie con la peronospora. Il risultato, avvertono i produttori, è che i prezzi sono destinati a salire vertiginosamente e le scorte a finire.
C’è ancora chi sostiene che il cambiamento climatico sia una bufala, ma i viticoltori sanno bene che non è così. La Borgogna, come riporta la Master of Wine Christy Canterbury su Wine-Searcher.com, ha vissuto un’altra “corsa selvaggia” nel 2025.
L’articolo cita immediatamente le voci dei produttori. Romain Taupenot del Domaine Taupenot-Merme ha dichiarato: “le sfide climatiche sono una parte permanente della nostra vita quotidiana, ma il tempo ci ha dato poca tregua negli ultimi anni“. Gli fa eco Géraldine Godot del Domaine de l’Arlot, aggiungendo: “ora devi essere un astuto stratega per determinare la data della vendemmia, poiché ci sono sempre più fattori da prendere in considerazione“.
È stata, nel complesso, un’annata irregolare.
Frédéric Barnier di Louis Jadot ha riassunto il sentimento comune: “siamo un po’ delusi – come tutti – per la quantità, ma ottimisti per i vini e la loro qualità“. Con alcune eccezioni a Chablis e nell’Yonne, dove la responsabile locale del BIVB (l’ente interprofessionale dei vini di Borgogna), Françoise Roure, ha definito i volumi “eterogenei”, le quantità complessive sono da sotto la media a molto basse. Nonostante ciò, da Chablis al Mâconnais, i borgognoni sono raggianti per la qualità del 2025. Anthony Bautista del Domaine Tupinier-Bautista ha detto semplicemente: “è magnifico“.
Chablis
Paul Espitalié di Simonnet-Febvre, racconta la Canterbury, ha etichettato la stagione di crescita come “piuttosto mite”, senza gelate primaverili né grandine estiva. I problemi sono iniziati con la fioritura di giugno, quando un’ondata di caldo ha provocato coulure (ridotto sviluppo degli acini nei grappoli) e millerandage (acini piccoli e grandi nello stesso grappolo). Lo stress idrico non è apparso fino all’ondata di caldo di agosto, ma a quel punto ha accelerato la maturità e letteralmente “scottato gli acini“, specialmente il pinot noir. “La pioggia“, ha aggiunto, “è arrivata troppo tardi per recuperare volume“.
Le date di vendemmia sono iniziate presto, intorno al 25 agosto per i crémant e al 28 agosto per lo Chablis. Samuel Billaud, dell’omonimo domaine, ha detto: “abbiamo iniziato il 31 e raccolto tutto in una settimana. La finestra era stretta perché la salute dei frutti iniziava a degradarsi“. L’articolo aggiunge che dieci giorni di piogge significative all’inizio di settembre hanno interrotto le squadre di vendemmia, comprese quelle che usavano le macchine.
Didier Séguier del Domaine William Fèvre definisce le sue rese “corrette, ma non eccezionali, da 35 a 50 hl/ha”. Le vigne colpite dalla grandine l’anno scorso hanno reso meno. Espitalié ha visto rese bassissime, fino a 20-35 hl/ha, a Irancy. Ma, come detto, la posizione è stata fondamentale. Guillaume Gicqueau-Michel del Domaine Louis Michel ha infatti commentato: “le rese sono buone. Questa è una buona notizia”.
Per quanto riguarda la qualità, Billaud ha definito i vini “concentrati ed equilibrati”. Espitalié ha commentato che “dai crémant ai rossi, tutto è attraente“. I rossi sono “fruttati e concentrati con un grande colore… Anche gli Chardonnay raccolti più tardi hanno ampia freschezza“. L’annata, conclude, gli fa pensare al 2020 e al 2010 per vivacità e frutto morbido.
Côte d’Or
Qui, dopo un inverno tranquillo, le alte temperature precoci e le piogge tempestive hanno messo i vigneti “su una corsia di sorpasso” per la crescita. A metà maggio, era chiaro che sarebbe stata una delle vendemmie più precoci di sempre. Poi è arrivato agosto. Céline Fontaine del Domaine Fontaine-Gagnard ha spiegato: “abbiamo avuto 10 giorni di ondata di caldo a partire dall’8 agosto. L’uva ha preso tre gradi di alcol tra l’8 e il 15 a causa dell’evaporazione e della concentrazione. È raro“. Fortunatamente, nota l’articolo, si è concentrata anche l’acidità.
La Fontaine, che nel 2020 aveva iniziato la vendemmia il 20 agosto, nel 2025 ha iniziato il 19 agosto, partendo da una giovane vigna che, come molte altre, ha sofferto gravemente il caldo. Barnier di Jadot ha dichiarato che i suoi vigneti biologici certificati hanno avuto una media di 30 hl/ha per i rossi e 35 hl/ha per i bianchi, ma hanno perso “fino al 20% del loro peso complessivo” a causa della pioggia arrivata troppo tardi.
Guillaume Lavollée del Domaine Génot-Boulanger ha spiegato che i vigneti hanno seguito “due ritmi”: i “terroir calcarei ben drenati” hanno avuto una fioritura anticipata e piovosa che ha causato millerandage e hanno sofferto di più durante il caldo estivo. I “terroir più tardivi“, invece, hanno avuto una fioritura migliore e hanno sofferto meno la siccità grazie ai loro terreni argillosi e profondi, producendo di più.
Etienne Chaix del Domaine Joseph Voillot ha aggiunto una nota filosofica: “le rese del Volnay Premier Cru sono state appena superiori al 2024. Quindi, apprezzeremo ancora di più quello che abbiamo ottenuto“. E Boris Champy, dell’omonimo domaine, ha sottolineato le differenze: “abbiamo un piccolo 2025 in Côte ma uno buono nelle Haute-Côtes”.
L’articolo di Wine-Searcher.com riporta poi la sfumatura cruciale di Benoît Stehly (Domaine Georges Lignier): “nella Côte de Nuits, abbiamo avuto un forte temporale l’ultima settimana di luglio – oltre 80 mm – da Morey-St-Denis a Gevrey-Chambertin. Abbiamo evitato il grave stress idrico visto nella Côte de Beaune e ancora di più nella Côte Chalonnaise. Le uve erano più grosse e le rese corrette“.
Céline Fontaine ha aggiunto ulteriori dettagli: “Chassagne ha avuto molto millerandage, quindi non ci poteva mai essere un grande raccolto… Inoltre, la Côte de Beaune ha avuto una vendemmia 2024 più abbondante rispetto alla Côte de Nuits. È un altro motivo per cui la Côte de Nuits ha prodotto di più nel 2025“.
Sul fronte della vinificazione, Edouard Confuron si è detto felice dei risultati, spiegando che è stato più facile vinificare i rossi con volumi maggiori, aggiungendo più grappoli interi e ottenendo aromi “molto floreali e freschi“. Ma non tutti sono d’accordo sulla concentrazione. William Waterkeyn del Domaine Jessiaume ritiene che “la concentrazione del colore non è necessariamente così intensa, certamente non come nel 2020… gli alcol non sono troppo alti. Siamo intorno al 12,5%“.
Jacques Devauges del Domaine des Lambrays ha concluso che è difficile trovare somiglianze con le vecchie annate, “in particolare perché abbiamo consistenze migliori nelle annate recenti. I rossi hanno un buon colore con tannini fini, molti aromi, pH non troppo bassi e una morbidezza a metà palato con alcol intorno al 13%“.
Côte Chalonnaise e Mâconnais
Vincent Dureuil del Domaine Vincent Dureuil-Janthial descrive la vendemmia 2025 della Côte Chalonnaise come un “2-in-1”, basata su raccolti precoci e tardivi separati dalle piogge. Anthony Bautista (Domaine Tupinier-Bautista) ha detto che è stata la “prima volta” che il domaine ha raccolto tutto in agosto, dal 24 al 31. Anche qui, i volumi sono stati deludenti, come confermato da Philippe Pascal (Domaine du Cellier aux Moines) e Nicolas Blesson (Domaine François Lumpp).
Ma è nel Mâconnais che si è consumato il dramma. Le descrizioni, riporta Christy Canterbury, vanno da una stagione “estenuante” (Christophe Cordier) e “molto difficile” (Clément Robinet) a una vendemmia “catastrofica” (Olivier Giroux del Domaine des Clos des Rocs), con volumi in calo di almeno l’80% nei suoi vigneti.
La causa? Uno scenario che i lettori italiani riconosceranno fin troppo bene. Antoine Vincent di Château Fuissé ha spiegato che i vigneti sono “cresciuti a velocità storica” dopo un inverno mite, seguito da “una primavera intensamente e frequentemente piovosa che ha scatenato ondate di downy mildew“. È la nostra peronospora, la stessa che ha devastato tante regioni viticole italiane negli ultimi anni, falcidiando i raccolti. A questo, sottolinea Fabio Montrasi di Château des Rontets, si è aggiunta una massiccia grandinata il 1° giugno, che ha contribuito alle sue bassissime rese di 15 hl/ha.
Vincent ha aggiunto che, date le abbondanti piogge, il caldo di agosto non ha causato stress idrico di per sé, ma ha comunque “scottato” gli acini. La vendemmia è iniziata il 26 agosto in condizioni “quasi-tropicali”.
Nonostante il disastro quantitativo, Cordier ha detto che “la qualità ha rispettato l’appuntamento” e Robinet definisce i vini “promettenti”. Montrasi dice che i vini sono “ancora un po’ distorti”, con alcol leggermente più alti ma anche acidità elevate, e che necessitano di tempo.
Guardando al futuro
L’articolo di Wine-Searcher.com si chiude con le inevitabili conseguenze economiche. Il desiderio di bere Borgogna rimane forte a livello globale: le vendite sono aumentate del 5,6% in volume e del 2,7% in valore da gennaio a luglio 2025, guidate da un primo trimestre con le vendite di bottiglie più alte degli ultimi 15 anni – anche se, specifica l’autrice, “aumentate dai timori di nuovi dazi statunitensi”.
Il problema è che questa è la terza, “esageratamente piccola” vendemmia – specialmente in alcune zone – dopo le due vendemmie storicamente più scarse (2021 e 2024) degli ultimi cinque anni.
“Nel complesso”, ha detto Espitalié da Chablis, “abbiamo raccolto abbastanza per ricostituire le scorte ma non per creare riserve”.
Céline Fontaine, il cui raccolto 2025 è più piccolo del 2024, è ancora più drastica: “penso che ci sarà una grave carenza di bianchi sul mercato entro i prossimi due anni“.
L’avvertimento più netto, che chiude l’articolo, arriva da Etienne de Montille del Domaine de Montille: “questo è il secondo anno consecutivo con un raccolto scarso, e penso che la Borgogna finirà il vino tra un anno o due. E sto ignorando cosa accadrà ai prezzi. spero che le persone siano ragionevoli e responsabili“.
Dunque, conclude Christy Canterbury, un’annata 2025 di buona qualità, forse, ma la domanda che tutti si pongono è: a quale prezzo?