Comprare vigna nelle Langhe? Difficile se sei un “esterno”
Se siete imprenditori che non operano nel mondo del vino o magari rappresentate un fondo di investimento che vuole diversificare il proprio business e state pensando di acquistare vigna e cantina sulle meravigliose colline delle Langhe, magari in quelle più celebrate di Barolo e Barbaresco, c’è una notizia: trovare qualcuno disposto a vendere non sarà affatto facile. E non è una questione di prezzo.
È il messaggio che il Consorzio di Tutela Vini Barolo Barbaresco Alba Langhe ha lanciato dalle sale di Grandi Langhe, manifestazione torinese organizzata insieme al Consorzio Tutela Roero. Durante il convegno, dal titolo quanto mai esplicativo, “Changes. Langhe (not) for sale”, una ricerca commissionata al Centro di Ricerca sullo Sviluppo di Comunità e i Processi di Convivenza (CERISVICO) dell’Università Cattolica di Brescia ha cercato di capire quale sia la predisposizione a vendere da parte delle cantine delle Langhe ai cosiddetti “grandi investitori esterni”. Il risultato sembra lasciare pochi dubbi: pochi, se non pochissimi vogliono vendere. E che a rispondere siano giovani produttori o invece più anziani, la risposta non sembra cambiare più di tanto.
Non mancano, ovviamente, differenze di vedute tra under e over 40: l’ipotesi di vendere a investitori esterni è considerata dalle giovani leve anche un’opportunità per il territorio delle Langhe, mentre per i più anziani ci sono solo minacce, anzi, sarebbe come “vendere” un pezzo di sé stessi. I primi distinguono gli investitori “esterni” in più tipologie (fondi di investimento, multinazionali, grandi gruppi, singoli investitori), i senior, invece, hanno una visione monolitica degli investitori “esterni”, considerati agenti che operano a soli fini speculativi. Entrambe le categorie di produttori, infine, sentono la responsabilità di mandare avanti l’azienda sia nei confronti del territorio che della famiglia: la consapevolezza che alle spalle ci sia un’eredità importante, da custodire, sembra essere un valore insormontabile.
“Noi nelle Langhe abbiamo avuto anche investitori che venivano da lontano, ma è una questione di eticità” ha affermato Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani durante il talk che ha visto la presenza anche di Massimo Romani, Ceo di Argea, Francesco Mulargiu, produttore sardo di Mamoiada e Massimiliano Cattozzi, Responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo. “Quando gli investimenti sono fatti con rispetto delle persone e del territorio ben vengano”. L’esempio più noto, fino ad ora, di investitore “esterno” venuto in Langa a fare acquisti, è certamente quello del gruppo Krause, che controlla Enrico Serafino nel Roero dal 2015 e che nel 2016 ha acquistato un nome storico e di riferimento di Castiglione Falletto come Vietti.
Ma quanto vale oggi un ettaro di vigna da queste parti? “Difficile stabilirlo e poi non vogliamo entrare in queste dinamiche” spiega ancora Ascheri alla stampa a latere del convegno. I prezzi, comunque, non sono certamente un mistero: si va dai 500 mila a 1,5 milioni di euro a Barbaresco, al netto delle eccezioni naturalmente, fino ai 4 milioni a Barolo. “Ma questo per noi è un problema, perché per ripagare un acquisto del genere ci vorrebbero 100 anni” conclude Ascheri. Insomma, situazioni di proprietà indivise tra fratelli, che però hanno idee differenti sulla gestione dell’azienda o anche di proprietari ormai anziani che non hanno nessun erede che vuole proseguire l’attività, sono un problema perché non possono vendere a un vicino o un parente a causa del prezzo altissimo di mercato. E se dovesse arrivare un fondo di investimento a bussare alla porta, oppure un imprenditore che proviene da altri settori diversi da quello del vino? “Ci vuole un po’ di amor proprio, come la ricerca che abbiamo mostrato certifica, non siamo proprio in vendita con il cartello fuori dalla porta. Il fattore umano è intrinseco nei nostri prodotti, se lo togliamo è un rischio”.