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Chef e Ristoranti
28/08/2025
Di Sandra Longinotti

D’AmatOsteria, una storia di famiglia

“La nostra è una scelta familiare pensata da tempo. In questo momento particolare, dove è difficile trovare personale, abbiamo deciso per una misura gestibile da noi tre di famiglia. Abbiamo scelto un locale che abbiamo ristrutturato completamente e dove possiamo ospitare una trentina di persone al massimo, così riusciamo a gestire il lavoro. Come sempre sono molto meticoloso nella scelta della materia prima locale e di stagione, e questa zona offre tantissime possibilità, il pesce invece arriva dalla Liguria e dalla Puglia”.
Inizia così la mia lunga chiacchierata con Gianni D’Amato, già chef owner del bistellato Il Rigoletto a Reggiolo chiuso per i danni causati dal terremoto del 2012, per qualche tempo diventato itinerante per poi lasciar posto ad altre esperienze. L’ultima lo ha portato a fermarsi al Castello di Arceto, a metà strada fra Modena e Reggio Emilia, dove insieme alla moglie Fulvia e al figlio Federico ha aperto D’AmatOsteria.
Il fil rouge? Lo sintetizza bene Gianni: “C’è bisogno di un po’ più di libertà senza esser troppo abbottonati, anche perché il cliente quando esce ha voglia di divertirsi”.

Gnocco fritto senza strutto e fritto nel ghee per dargli maggior leggerezza (foto di Sandra Longinotti)

Così nel menu della D’AmatOsteria si ritrovano alcuni piatti iconici del Rigoletto insieme a creazioni più recenti e ad alcuni classici regionali alleggeriti, come lo Gnocco fritto senza strutto accompagnato da salumi eccellenti. E qui mi vengono subito in mente il Prosciutto di Sant’Ilario e il Salame reggiano nel budello, quello di Fontanesi, un signore che ha un piccolo macello/salumeria a 3 km dall’osteria.
I D’Amato poi sanno farti sentire bene. In questo nuovo spazio l’equilibrio fra storicità del luogo e gli arredi minimali crea un’atmosfera lieve e accogliente, rinforzata dal sorriso di Fulvia, lo sguardo attento di Gianni e quello vibrante di Federico.

La Sala (foto di Lido Vannucchi)

Com’è nato questo nuovo progetto e quale percorso ti ha portato qui?

È stata innanzitutto una scelta di famiglia, perché volevamo restare assieme, mia moglie, nostro figlio e io, in un piccolo ristorante per gestire meglio la situazione. Adesso è difficile aprire ristoranti perché non sai mai se il personale lo trovi, se si ferma… Così invece siamo noi che riusciamo a gestire bene il locale, con qualche aiuto sì, ma la cosa fondamentale è la famiglia. Da qui poi nasceranno le cose future perché secondo me l’importante è non dormire sugli allori ma cercare di correre e di fare le cose che si vogliono fare, progetti e idee. Noi non ci siamo mai fermati da quando abbiamo cominciato. La mia carriera è iniziata a 14 anni e adesso ne ho 63, perciò gli anni in cucina sono tanti! La mia famiglia d’origine già da prima della guerra aveva un’osteria ad Aulla, in provincia di Massa Carrara, dove facevano pochi piatti territoriali. E forse l’idea dell’osteria deriva anche da quello.

Cappelletto reggiano in brodo di cappone (foto di Lido Vannucchi)

D’AmatOsteria che piatti territoriali offre?

Chiaramente l’Emilia è la patria delle paste ripiene, paste fresche con i vari ragù, però non facciamo solo quello, perché bisogna sì dare i piatti del territorio ma anche qualcosa in più. Noi abbiamo fatto qualcosa in più, perciò è giusto che i nostri clienti assaggino anche cose un po’ più creative, l’importante è che ci sia una buona materia prima cucinata come si deve.
Quindi bisogna sapere come lavorarla e dove trovarla. Fare la spesa è bellissimo, io non faccio arrivare il camion direttamente al ristorante ma vado al mercato, dove oltre a scegliere le materie prime a volte trovo anche delle idee. Parto da lì. Anche se non siamo artigiani come categoria, siamo a tutti gli effetti degli artigiani perché trasformiamo le materie prime.
Quando trovo degli ingredienti in più al mercato, mi piace aggiungere dei piatti alla carta per darle un po’ di brio. Poi, avendo girato un po’ il mondo, soprattutto Asia e Medioriente, è naturale prendere delle cose, diciamo, e metterle nei nostri piatti. Contaminazioni leggere, però, perché non vogliamo cambiare l’ordine delle ricette, che, come dico sempre, devono avere “il gusto della memoria”, quello di casa, che ricordo ancora adesso. Mio nonno era molto bravo a cucinare il pesce, perciò io adoro il pesce in tutte le zuppe, con quel profumo che da bambino sentivo venir giù dalle scale…

Che tipo di cucina proponi in questo nuovo locale?

Innanzitutto, deve essere una cucina non difficile, comprensibile, perché oggi c’è bisogno di farsi capire. Che abbia perciò i gusti che ci ricordiamo, magari esaltati da cotture e tecniche particolari. Perché ci piace fare anche questo, non solo la cottura in tegame. Altri tipi di cotture in cui il cibo risulti un po’ diverso, portandolo alla sua massima espressione ma sempre riconoscibile.

Pescato alla brace, bietole, olive (foto di Lido Vannucchi)

Amo lavorare il pesce, per questo in carta possono esserci tre o quattro proposte.
Deve essere fresco e siccome mi piace dare qualità non uso pesce d’allevamento ma solo pescato che è tutto diverso, a cominciare dal sapore.

Come nasce un piatto?

Se pensi tanto, non ti viene. Le ricette nascono da una scintilla che si accende improvvisamente, e anche l’Erbazzone rivisitatoè nato così. Dovevamo fare un evento in teatro che aveva un legame con le auto storiche, non ricordo se fossero le 1000 Miglia o qualcosa del genere. Iniziammo a chiederci cosa fare, io ero appena stato in Medio Oriente, dove avevo visto la pasta kataifi, e ho detto: proviamo a usarla per chiudere il ripieno dell’erbazzone! Ho anche fatto un ripieno più morbido per dare maggior contrasto alla consistenza croccante della kataifi, e il risultato ne ha esaltato il gusto.

Erbazzone in pasta kataifi (foto di Sandra Longinotti)

Un altro modo è andare al mercato, vedi un ingrediente ed è come un colpo di fulmine che ti dà la possibilità di far nascere un piatto.
Ma mi capita anche stando da solo, chiuso nel mio mondo. Magari prendo la macchina e vado in mezzo al verde – da qui in pochi chilometri sono in collina – dove trovo l’atmosfera giusta per pensare a nuove ricette, guardando la natura.

Il parmigiano ha tante sfaccettature, a cominciare dal latte, come lo scegli?

Io uso parmigiano-reggiano di qualità, più avanti coi mesi. Arceto si trova fra Modena e Reggio Emilia, quindi abbiamo sia il latte delle vacche rosse – perciò uso il Parmigiano Reggiano delle Vacche Rosse – e in più anche quello DiSolaBruna, perché nell’altra provincia viene allevata la bruna alpina. Ha un latte molto particolare che fa sì che un parmigiano-reggiano si elevi, e mi piace molto perché le caratteristiche del latte permettono che anche un parmigiano di 40 mesi sembri sempre giovane, mantenendo tutti gli aromi delle erbe pascolate, e vicino a noi abbiamo prati stabili. Sono entrambi prodotti top, e qua di prodotti top ce ne sono così tanti che c’è da sbizzarrirsi!

Tagliatella 40 tuorli ragù 3 carni (foto di Lido Vannucchi)

Per te, quali sono le caratteristiche che deve avere il cibo?

Un piatto deve avere diverse note. Dovrebbe essere sapido, dolce, salato, quando mangi un bocconcino le papille gustative si devono divertire… e devono sprizzare, saltare, devono essere una gioia. Ci riesci con la tua esperienza e la voglia di cucinare, di cucinare col cuore, non solo con la testa.
E allora le cose ti riescono bene, ma se invece cucini tanto per cucinare… Ad esempio, l’altro giorno in un altro ristorante ho mangiato un piatto che mi ha un po’ deluso. Perché non aveva sapore. Ci hanno detto che c’erano tre ingredienti, però non sentivi nessuno dei tre. Boh, non so, era fatto tanto per essere fatto. No, il piatto quando ti arriva, deve darti quella sferzata che ti fa dire, oh questo sì che è un piatto, un grande piatto, un piatto da ricordare! Poi magari non è sempre così, ti può capitare anche qualche errore, perché mica siamo dei maghi, però tu cerchi veramente di far assaggiare al cliente un prodotto particolare, speciale. 

Cubo di bolliti con giardiniera di verdure (foto di Lido Vannucchi)

Arriva un nuovo cliente e ti chiede di capire la tua cucina in tre piatti, cosa gli proponi?

Stando sul territorio inizierei col Cubo di bolliti, un piatto molto richiesto. C’è dentro tutta l’Emilia con tutti i suoi profumi, quelli dei bolliti misti emiliani magicamente concentrati in un cubettino, che perciò risulta più leggero e più divertente. Un pezzettino che appaga, noi ne diamo due come antipasto, accompagnati dalla nostra giardiniera e da un aceto balsamico tradizionale molto vecchio, che creano un insieme di ricordi.

La Giardiniera (foto di Sandra Longinotti)

Poi abbiamo una lasagna al vapore, fatta come la lasagna alla bolognese ma con un ragù cotto tante ore e una crema di parmigiano reggiano al posto della besciamella, che quando apri la lasagna sprigiona un profumo… che te lo ricordi!
Come secondo gli proporrei un pesce o una carne cotta nella brace. Magari con una salsa storica che si usava una volta, quando c’erano i saucier… io ne ho imparate tante!
Oppure una guancia che sta in forno tutta la notte, non sottovuoto ma in un brodo che sta fermo e cuoce lentamente, facendo sì che la carne, quando la mangi, ti si sciolga in bocca. Basta poi accompagnarla con un pochettino di salsa, quella giusta, per dare un effetto profumato e più godurioso del piatto.

La cucina francese ti è stata d’ispirazione per qualche piatto?

Mi piace la cucina francese perché ha fatto storia, ha insegnato tanto. C’erano dei grandi maestri e ci sono ancora, così come abbiamo dei bravi maestri anche in Italia. Noi abbiamo una cucina più viva e più fresca, anche più varia, però ci sono delle basi su cui devi lavorare stando fermo lì, e secondo me la cucina francese ti dà anche quello.
Però io sono italiano e mi piace fare cucina italiana. Magari con una nota francese, ma non essendo un esterofilo diciamo una nota non riconoscibile.
Ho studiato tanto su Escoffier, su Pellaprat, e dopo la scuola alberghiera ho avuto dei maestri, ho sempre sperimentato tanto, ho girato tutto il mondo e sono andato a trovare i miei colleghi che è un’esperienza che ti accresce perché vedi cose che possono aiutarti a creare dei piatti favolosi, diciamo che ogni tappa che ho fatto ho avuto la fortuna di andare sempre in un grande ristorante.

Lavorare in cucina insieme a tuo figlio Federico è stimolante?

Sì, è sicuramente di stimolo. Certo siamo di due generazioni diverse e pensiamo diversamente, questo a volte può essere anche una difficoltà perché padre e figlio in cucina devono trovare un equilibrio nel grande rispetto e stima reciproci.
A volte c’è conflitto, e io che sono più grande devo un attimino cercare di non far pesare troppo la cosa, a volte ci riesco, a volte no. Lui è molto bravo, ha delle ottime idee e poi è il futuro, quindi secondo me bisogna lasciare fare, nel giusto modo naturalmente.
Ha anche molto carattere, anch’io però!

Esprimi un desiderio

Il desiderio è quello di andare avanti col piacere e la voglia di cucinare, vedere crescere questa osteria con il nostro pubblico, che è quello che ti stimola, e col consenso delle persone che per ora c’è. Speriamo di tenerlo nel tempo, non è facile, ma ce la stiamo mettendo tutta. E poi in embrione c’è un’idea a cui tengo molto: un laboratorio per avere più spazi, per studiare e dare un aiuto anche qui all’osteria.

L’ingresso (foto di Sandra Longinotti)

In apertura Gianni, Fulvia e Federico D’Amato (foto di Lido Vannucchi)

Sandra Longinotti
Sandra Longinotti

Dopo anni nel settore moda, sono tornata alla passione di sempre: il cibo. Sono giornalista freelance, food stylist e autrice di due libri di cucina, orto urbano e life style editi da Nomos Edizioni: “Peperoncini, 32+1 varietà da scoprire” e “Home Kitchen Garden”, pubblicato anche in tedesco. Nel 1992 inizio a scrivere articoli di food&wine e realizzare servizi di cucina per le migliori testate italiane (Vanity Fair, L’Uomo Vogue, L’Espresso, Myself, Grazia, D la Repubblica, Elle Italia). Nel 2009 apro il mio blog sandralonginotti.it dove parlo di food, chef, ricette, mise en place, orto sul balcone, eventi, vino, ristoranti, news e dove puoi scaricare i miei swipemag monografici “Style of Food”, dedicati ognuno a un alimento diverso. Mi trovi su Instagram, X, Facebook, Linkedin, Pinterest, Youtube… e al parco col mio cane Zora.

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