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Vini del Mondo
06/05/2024
Di Redazione AIS

Galizia: tesori bianchi dalla Spagna

La celebre Master of Wine racconta la crescente attrattiva della regione nord-occidentale spagnola, meta di grandi investimenti e culla di vini bianchi sempre più complessi e longevi, dall’Albariño al Godello. Un’analisi basata sul suo articolo per il Financial Times.

“La Galizia è speciale, quasi poco spagnola,” esordisce così Jancis Robinson, una delle voci più autorevoli del mondo del vino, in un suo recente articolo apparso anche sul Financial Times. Questa regione umida, fresca e verdissima, nell’angolo nord-ovest della Spagna, sta vivendo un momento d’oro. Non è più solo una meta di nicchia per spagnoli in cerca di refrigerio dalle estati sempre più torride del sud e dell’est, ma attira, sottolinea Robinson, anche l’interesse crescente degli appassionati di vino di tutto il mondo.

La prova più evidente di questa nuova centralità? La tendenza globale che vede i consumatori preferire sempre più i vini bianchi ai rossi ha spinto alcuni dei nomi più blasonati della Spagna rossa a investire massicciamente proprio qui. Robinson elenca esempi di peso: Vega Sicilia, icona della Ribera del Duero, ha stanziato 20 milioni di euro per una nuova cantina (pronta l’anno prossimo) e vigneti in Rías Baixas. Il gruppo Alma Carraovejas (Pago de Carraovejas, altro nome di spicco della Ribera) ha acquisito Viña Meín nel Ribeiro già nel 2019. E CVNE, gigante della Rioja, dopo aver messo radici a Valdeorras nel 2002 (con Virgen del Galir), ha comprato La Val in Rías Baixas nel 2023. A questi si aggiunge Pago de los Capellanes con O Luar do Sil a Valdeorras dal 2015.

Tutta questa attenzione esterna, nota Robinson, ha quasi colto di sorpresa una regione che si è sempre sentita un po’ isolata e diversa dal resto della Spagna. Certo, l’albariño di Rías Baixas, il vitigno principe locale, è sulla cresta dell’onda da decenni, diventando quasi il sinonimo del bianco spagnolo nel mondo (complice un nome più facile da pronunciare rispetto a Rías Baixas). Le sue bucce spesse e il clima atlantico e piovoso della costa frastagliata hanno sempre regalato vini freschi, secchi e fruttati, ideali per un consumo giovane e molto più rinfrescanti della maggior parte dei bianchi spagnoli tradizionali.

Ma oggi, osserva acutamente Robinson, è in atto un cambiamento profondo. Soprattutto tra i produttori di punta, si cerca uno stile di Albariño più serio, quasi in direzione Chablis: vini più salini, minerali, profondi, pensati non solo per la beva immediata ma anche per l’invecchiamento. Vini che meritano di essere cercati. La scelta di Vega Sicilia di non rilasciare la sua prima annata (2024) prima del 2027 è un segnale inequivocabile di questa crescente ambizione.

Un tratto caratteristico, e una sfida, della Galizia vinicola, sottolinea Robinson, è l’estrema frammentazione della proprietà. Vigneti minuscoli, spesso divisi tra eredi sparsi per il mondo. Acquistare terra è un’impresa: sono serviti quattro anni di trattative a Vega Sicilia per mettere insieme appena 30 ettari in Rías Baixas, una DO dove circa 16.000 proprietari si dividono 22.500 parcelle per meno di 200 cantine. Il granito è così comune che viene usato persino per i pali di sostegno delle viti.

Robinson prosegue esplorando le altre DO galiziane, più piccole ma non meno interessanti:

  • Ribeiro: regione storica attraversata dal fiume Miño, più secca di Rías Baixas. Sta vivendo una rinascita grazie al recupero di vitigni autoctoni come la treixadura (promossa da pionieri come Ricardo Carreiro di Coto de Gomariz), che danno vini secchi, solidi e spesso più potenti, soppiantando il diffuso ma banale palomino.
  • Monterrei: nell’interno, verso il confine portoghese, con un clima più continentale. Produce principalmente bianchi, ma può maturare anche uve rosse.
  • Ribeira Sacra: una delle zone vinicole più spettacolari al mondo. Qui la mencía (uva rossa) si aggrappa letteralmente ai pendii ripidissimi (fino all’85%) delle gole del fiume Sil. Una viticoltura eroica, che regala rossi fruttati e affascinanti.
  • Valdeorras: nell’angolo sud-orientale, anch’essa lungo il Sil e confinante con Bierzo. Si è affermata per bianchi di altissima qualità grazie al recupero, quasi dall’estinzione negli anni ’70, del godello. Un vitigno “supremamente distinto”, capace di dare vini raffinati, dalla mineralità agrumata e con una struttura impressionante.

Proprio a Valdeorras, Robinson identifica alcuni protagonisti chiave. Telmo Rodriguez, pioniere nel riconoscere il tesoro delle vecchie vigne galiziane già negli anni ’90, e soprattutto Rafael Palacios. Arrivato nel 2004, Palacios (fratello del celebre Álvaro del Priorat) ha dimostrato che da qui possono nascere alcuni dei migliori bianchi secchi del mondo. I suoi vini parcellari, come l’As Sortes (venduto a oltre 60 sterline), scrive Robinson, hanno la stoffa e la struttura di un grande Puligny-Montrachet.

Robinson conclude con una nota critica ma costruttiva riguardo a una recente degustazione promozionale di vini galiziani a Londra. Un evento utile per i produttori meno noti che l’hanno finanziato, osserva, ma che stranamente non includeva nomi di primissimo piano come Rodriguez e Palacios. Tuttavia, tra i partecipanti, segnala la presenza di cantine valide e apprezzate dal suo team come Fillaboa, Quinta Couselo e Coto de Gomariz.

L’invito finale della Master of Wine è comunque netto: chi è alla ricerca di vini bianchi davvero rinfrescanti, dotati di spiccato carattere e capaci di sovvertire i vecchi cliché sui bianchi spagnoli, farebbe bene a esplorare il ricco e sorprendente panorama offerto oggi dalla Galizia.

Redazione AIS
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