Grasă de Cotnari, un vino romeno da rivalutare
La Romania vanta una antichissima tradizione vitivinicola, con tracce di coltivazione della vite e di processi di vinificazione risalenti al V secolo a.C., passando attraverso l’utilizzo delle anfore di origine georgiana per arrivare fino alle attuali moderne tecniche di vinificazione.
La posizione geografica della Romania la colloca a una latitudine di 46,5° (la stessa della Champagne e del Tokaji) con i Carpazi Orientali e Meridionali a moderare i venti e con i fiumi e l’affaccio sul Mar Nero a mitigare il clima di per sé continentale.
L’appartenenza al blocco sovietico stabilì negli anni Sessanta del Novecento che la Romania dovesse essere grande produttrice di vino non necessariamente di qualità, contribuendo con Georgia, Ucraina, Moldova – oggi stati indipendenti – a far diventare l’URSS il quarto produttore di vino al mondo. Oggi gli ettari vitati sono più di 180.000 e la viticoltura attrae anche investitori stranieri interessati alla coltivazione di vitigni internazionali come sauvignon blanc, riesling, pinot gris, merlot, cabernet sauvignon. In mezzo a tanta internazionalizzazione la Romania ha però puntato anche sulla propria storia e sui suoi vitigni autoctoni che rappresentano un buon numero di piantagioni: grasă de Cotnari, fetească albă, tămâioasă românească, frâncusa, busuioaca (vinificato come rosato) fetească neagră sono diffusi in molte zone della Romania.
Nato come vino dolce passito
Nel Settecento lo storico e letterato moldavo Dimitrie Cantemir (1673-1723) così descrive il Grasă de Cotnari: “Mi permetto di valutarlo come il miglior vino d’Europa, che supera anche il vino Tokaji perché se qualcuno lo tiene per tre anni in una cantina profonda come si usa nel nostro paese, nel quarto anno acquisisce quel tipo di forza alcolica che brucia come la grappa. Il suo bouquet lo distingue dagli altri vini perché è fruttato.” Questo vino sotto il regno di Alessandro I Cuza era veramente famoso in tutta Europa, vincitore di medaglie nelle Esposizioni mondiali della Parigi ottocentesca e amato dalla nobiltà. Ma a differenza del Tokaji, che non ha mai perso la sua allure e che è uscito indenne dal grigiore comunista, il Grasă de Cotnari è oggi quasi sconosciuto al di fuori della Romania.
Nato come vino dolce passito, a volte botritizzato, è stato ridotto a vino dozzinale, senza sentori caratterizzanti e personalità, da relegare in un angolo poco in vista di uno scaffale di supermercato.
Ma da alcuni anni qualcosa è cambiato. Nell’altopiano di Cotnari si trovano 1750 ettari, in buona parte utilizzati per coltivare vitigni tradizionali. Qui c’erano vigneti tra i più famosi d’Europa e una storia di 2500 anni che combina fattori naturali come il suolo e il clima (temperature medie annuali di 9 °C, 16 °C nella stagione della crescita e precipitazioni medie annue di 475 mm con venti da nord-ovest, sud e sud-est) con fattori umani come le tradizioni e il know how, costituendo quindi nel suo insieme un ambiente adatto allo sviluppo di vitigni, prima, e vini, poi, di qualità.
La valorizzazione dei vitigni autoctoni
Qui la Casa de Vinuri Cotnari ha avviato un progetto ambizioso iniziato nel 2007 mediante nuovi impianti di vitigni tradizionali come il grasă de Cotnari, tămâioasă românească e fetească albă, aggiunti a busuioaca e fetească neagră, come stella polare la salvaguardia della tradizione. La Casa vinicola si trova a Cirjoaia e il suo emblema è il Castello Vladoianu costruito nel 1901 dal primo Governatore della Banca Nazionale Romena, il boiaro Vasile Vladoianu, secondo progetto e materiali di provenienza italiana. Le piantagioni a Cotnari hanno una bassa densità di filari, 3646 piante per ettaro, quindi una buona distanza tra le file che permette una adeguata areazione e moderne tecniche di lavorazione. La resa della vendemmia per i vini bianchi è di 6 tonnellate per ettaro, con un alto residuo zuccherino. Nella sua produzione ha una linea, la Naiv, dedicata alle varietà romene vinificate in purezza e arricchite da una serie di etichette disegnate dall’artista romena Bianca Culuș, dimostrando così una attenzione a 360° verso il prodotto. Il Grasă de Cotnari, che da qui esce è un bianco secco vinificato con uve da vendemmia tardiva (DOC-C.T. cioè cules târziu vendemmia tardiva). Le viti sono esposte a sud ad una altitudine di 200-300 metri slm. Il vino raggiunge una gradazione alcolica del 13,5% con zuccheri residui pari a 4,7 g/l e una acidità totale di 6,30 g/l. Sosta tre mesi in barrique prima di venire imbottigliato e presenta sentori di albicocca disidratata, di cera d’api, uva passa e un gusto pieno dominato dalla noce e dall’uva passita, con una leggera nota di mandorla dolce. Accompagnato da pasta con sughi bianchi, carni bianche, pesce e frutti di mare, può rivelarsi una gradita sorpresa per palati curiosi in cerca di piacevoli novità.
Un plauso quindi alla Casa de Vinuri Cotnari impegnata nella produzione di vini di qualità e che dice di sé: “La strada del vino è lunga ma ricca di soddisfazioni. In ogni bottiglia di vino si può sentire l’eredità e la gratitudine per il frutto”. Ed è proprio questo che apprezziamo: il recupero di vitigni antichi e la passione per ciò che si produce.
La foto di apertura è di Czapp Botond su Unsplash.