Il Castello di Querceto tra passato e presente
Siede tra Monte Domini e Lisone una piccol’ valletta al’ tosco lito da Bacco amata…, perché una Lena vi s’ascose, mossa da Giove a miglior partito; quivi ella a’ Bacco un luogo sacro pose, dal quale e dal suo nome Lucolena nome hoggi detto del luogo compose. Bacco poi fatto Dio, la valle amena benedisse, et di don’ via più, che humano et della grazia sua la fece piena”. (Michele di Lando, gonfaloniere di Firenze, fine sec. XVI, Lode del Vino di Lucolena).
Illustri antenati della Famiglia François
A pochi passi da Greve in Chianti sorge imponente il Castello di Querceto, con la classica struttura a “L”, il torrione centrale e la merlatura guelfa, a tradire l’origine longobarda; fu tuttavia distrutto nel corso del XV secolo e riedificato all’inizio del XVI. Intorno al 1740 Francesco III di Lorena ottenne il Granducato di Toscana ed affidò l’incarico di Ispettore a Jean François, che si trasferì al Castello di Querceto. Nel 1749 Francesco III divenne nientemeno che Imperatore del Sacro Romano Impero e riconobbe alla famiglia François il titolo di Marchesi, con attribuzione del Castello e dei terreni circostanti. Ma gli illustri antenati della famiglia François non finiscono qui…
Terreni antesignani dei cru
Vi ricordate il Vaso François? Ebbene, anche quel François fa parte di questa famiglia. Alessandro François era un archeologo vissuto agli inizi del 1800, al quale si deve la scoperta di un cratere greco databile 560-550 a.C., da allora denominato Vaso François e oggi conservato al Museo Archeologico di Firenze. Fu però il discendente Carlo, intorno alla fine del 1800, a dare alla proprietà l’impronta di azienda agricola e a destinare i terreni alla coltivazione delle viti e degli olivi, tra l’altro attuando scelte inconsuete per l’epoca – diremmo oggi, pionieristiche – riservando specifici appezzamenti di terreno a specifici vitigni… Insomma, un antesignano del cru!
Vigne sui Monti del Chianti
Oggi la proprietà conta 190 ettari, dei quali 60 coltivati a vigneto e 5 a oliveto, e dagli anni Novanta la gestione aziendale è condotta dai fratelli Simone e Lia. La peculiarità della tenuta è la natura del terreno sul quale sorgono le vigne, situate in un’area sul lembo settentrionale dei Monti del Chianti, dove il suolo è ricco di scisti policromi, manganese, ferro e metalli alcalini risalenti al cretaceo. A esaltare le caratteristiche del terreno intervengono l’altitudine (dai 350 ai 520 s.l.m.) e l’esposizione dei vigneti (da est a sud-ovest), completando un corredo pedogeoclimatico di notevole rarità. Inoltre, nella zona di Greve in Chianti, la prevalenza dell’arenaria sul calcare fa sì che i vini offrano una migliore distinzione del floreale, il che li rende soavi al naso ed eleganti al sorso.
La degustazione
Chianti Classico 2021, 13%, Sangiovese circa 93%, altre varietà 7%. Rubino acceso e fitto, ventaglio odoroso varietale di ciliegia marasca, giaggiolo, fiore del rosmarino e coriandolo. Bocca di bell’ampiezza con impronte di chinotto e genziana, a corredo di un tannino piccolo e liscio e a un tenore alcolico che si percepisce timido. Finale sapido e balsamico di arnica.
Chianti Classico Riserva 2019, 13,5%, Sangiovese 92%, altre varietà 8%.Carminio vivido e profondo, naso terso di piccoli frutti neri, mora di rovo e mirtillo, di viola e lavanda, anice stellato e pepe nero. Sorso copioso in cui ritornano le note di agrume rosso e rabarbaro, con un richiamo alla grafite. La trama tannica setosa e lo sfondo di assenzio accompagnano al finale persistente di liquirizia.
Chianti Classico Gran Selezione Il Picchio 2020, 14%, Sangiovese 95%, Colorino 5%. Amaranto, bouquet di garofano, viola, ciliegia sotto spirito e ginepro. Col naso nel calice, mi sembra di essere appena entrata da Roberto Catinari: sull’aroma diffuso di cacao, si percepiscono le note speziate e tostate, persino empireumatiche, del laboratorio del famoso cioccolatiere. Dal chicco del caffè al caramello, dalla foglia del mirto al cardamomo. Al palato ha la sostanza tattile e la lunghezza gustativa della scorza d’arancia ricoperta di cioccolato fondente. Il tannino non si sposta di un millimetro dall’alcol e rimane ben integrato.
Chianti Classico Gran Selezione La Corte 2020, 14%, Sangiovese 100%. Rispetto al fratello Il Picchio (salvo la minima percentuale di colorino), cambiano solo il suolo e l’esposizione dei rispettivi vigneti, eppure la differenza si sente, al naso e alla bocca. Amaranto di buona fittezza, libera sentori di rosa rossa, ibisco e ciliegia marasca; alloro, tabacco Corojo e incenso. All’assaggio è equilibrato in alcol e freschezza, con tannini composti e saporiti.
Il Querciolaia IGT Toscana Rosso 2018, 13,5%, Cabernet Sauvignon 90%, Merlot 10%. Rubino vivo, libera sentori di ciclamino, anice stellato e lampone, con un respiro balsamico di conifera. Al palato è seducente, con sorso di pregevole continuità fruttata e con liquidità in espansione tannica, lievemente piccante di paprica.
Il Sole di Alessandro IGT Toscana Rosso, 14%, Caberbet Sauvignon 100%. È stato prodotto per la prima volta nel 1998 per celebrare la toponomastica, che aveva tributato ad Alessandro François il nome della via che porta al Castello. Il legno di sandalo anticipa la nuance di limone e spezia insieme, tipica del pepe di Sichuan, cui seguono gelée di fragola e lavanda. Ingresso succoso come estratto di melagrana, anche per il tannino in evoluzione. La nota vegetale permane fino all’epilogo piuttosto persistente.
QueRceto Romantic 2018, Syrah, Merlot e Petit Verdot in percentuale variabile. È prodotto dal 2009 e rappresenta scelte elettive: la produzione è limitatissima, circa 600 bottiglie l’anno. Apertura intrigante di pot-pourri scuro, noce moscata, buccellato e pepe di Cayenna. Sorso vellutato, corroborante, con sensazioni di susina rossa e garrigue, fino alla chiusura speziata.
La vera chicca è Il Quercitino, il nuovo nato con prima annata 2021, che uscirà l’anno prossimo: un tenore alcolico piuttosto contenuto (13%) che fa da sfondo ad un profumato mosaico di Syrah, Merlot e Sangiovese. Ma su questo, non posso dirvi altro!