Vitae Online logo Vitae Online
  • Vitae Online logo Vitae Online
  • Home
  • Il Vino
    • Vini d’Italia
    • Vini del Mondo
  • Sostenibilità
    • Environment ESG
    • Social ESG
    • Governance ESG
  • Assaggi
    • Vino
    • Olio
    • Birra
    • Spirits e non solo
    • Acqua
    • Fumo Lento
  • Food
    • Abbinamenti
    • Chef e Ristoranti
    • Cucina di Tradizione
    • Eccellenze
    • Innovazione
    • Materia Prima
  • Territori
    • Enoturismo
    • Paesaggio
    • Lifestyle
    • Viaggio
  • Personaggi e Storie
  • Sommelier e Pro
    • Trend e Mercati
    • Comunicazione e Personal Branding
    • Vita da Sommelier
  • Vino e Cultura
    • Architettura
    • Arte
    • Cinema
    • Storia
    • Società
  • Eventi AIS
  • AIS Italia
Coltivare e Produrre
27/08/2025
Di Lorenza Cerbini

Il futuro del vino fra tradizione, scienza e nuove tecnologie

Mezzogiorno, agosto 1989. La vigna è ben curata: i tralci addomesticati, i filari che seguono l’andamento dolce della collina. La temperatura al suolo è 27 gradi, 23 alla sommità della vite. Sempre mezzogiorno, il sole a picco. Agosto 2023. La vigna è la stessa, ben curata. Qualcosa però è cambiato. La temperatura al suolo è 33 gradi, quella alla sommità della vite 30. Una rivoluzione, insomma. In trentaquattro anni, il termometro ha registrato un balzo in avanti di sei-sette gradi. La terra ha la febbre. Le conseguenze sono visibili e non si fermano a una semplice influenza. “Con queste temperature si blocca la fotosintesi”, dice Attilio Scienza, professore emerito all’Università di Milano e punto di riferimento internazionale per la genetica della vite. “Viticoltura tra tradizione, scienza e nuove tecnologie” è il tema con cui si apre la giornata di studio dedicata al mondo vitivinicolo ed enologico organizzata della neonata Fondazione Giuseppe Olmo.

Il Professor Attilio Scienza

La cornice è quella di Villa La Ferdinanda, medicea fin nel midollo con il suo bell’aspetto: la scalinata imponente, il loggiato affrescato, tutti quei comignoli che spuntano sul tetto come funghi. Intorno le vigne e il borgo rinato di Artimino. Per chi non è pratico del luogo, anche questa è Prato. Nel fondovalle l’area industriale annuncia Signa e attenti a non sbagliare: svoltando a sinistra si va verso Firenze, svoltando a destra verso Pistoia e Pisa. Questione di scelte ed eterni campanilismi estranei a Giuseppe Olmo, ligure, ciclista, campione, industriale. Quando nel 1989 acquistò gli oltre 730 ettari della tenuta di Artimino pensò di dar lustro a quel buon vino che tanto gli piaceva, unione tra sangiovese (minimo 50%) e cabernet (tra il 10-20%) con un pochetto di canaiolo nero (massimo 20%): il Carmignano Docg.

Giuseppe Olmo, un campione destinato a eccellere

Un uomo nato per l’eccellenza, Olmo, cresciuto in una famiglia numerosa (cinque figli, poca carne sulla tavola e alcune uova, una in più per lui che così pedalava più forte), con la testa sempre in movimento e l’intuizione di trovarsi in un Paese agli albori del boom industriale. Proprio pedalando aveva acquistato una visione internazionale del mondo. Nel 1932, dilettante, fece parte della delegazione azzurra alle Olimpiadi di Los Angeles. Il sogno americano di molti emigranti si era appena infranto con la crisi finanziaria del 1929, ma nelle case americane c’erano già da tempo televisori e lavatrici, nei bar i jukebox. Quella del 1932 fu un’Olimpiade sottotono per numero di partecipanti (meno di duemila), ma generosa per il team Italia che tornò a casa con 12 medaglie d’oro, 12 d’argento e 12 di bronzo (un medagliere così non si è mai più ripetuto). Olmo corse la prova in linea a squadre con Attilio Pavesi e Guglielmo Segato. Vinsero. Un trionfo per questo giovane ligure che da professionista si sarebbe imposto in due Milano Sanremo e sarebbe giunto secondo al Giro del 1936, dietro a Gino Bartali.

Giuseppe Olmo

Tenuta di Artimino

L’intuito lo aiutò nella gestione della carriera con replica negli affari. Nel 1939, aprì la sua azienda di biciclette (tutt’oggi florida) per poi lanciarsi nel mondo dell’automotive con prodotti di sintesi e accessori. Oggi, con all’attivo una decina di aziende, il Gruppo Olmo significa materiali plastici, poliuretani e prodotti per l’isolamento termico. La tenuta di Artimino fa parte del mosaico in un’ottica di differenziazione del business. La Fondazione Giuseppe Olmo è l’ultima arrivata del Gruppo e il professore Attilio Scienza ne è condirettore. Mica lì per caso. Usa parole forti perché la terra ha la febbre alta. Parla di “tradimento”, ma con un valore positivo. Se Giotto abbandonò la tradizione introducendo la prospettiva, se Mozart aprì alla musica orecchiabile con le Dissonanze, lo stesso si può fare oggi nel settore vitivinicolo. Il messaggio è chiaro: i nuovi mezzi a disposizione sono utili per andare avanti. Tradizione e tradimento unite dalla stessa matrice latina quel “tradĕre” come consegna, affidamento, trasmissione. Il Professore apre al presente, puntando su scienza e tecnologia. Satelliti, droni, Intelligenza Artificiale, nuovi innesti resistenti alla sfida dei cambiamenti climatici. Queste la basi per una viticoltura consapevole, già realtà nella tenuta di Artimino in cui lo stato di salute delle vigne è monitorato anche dall’alto. Ogni cinque giorni, Sentinel-2, il progetto dell’Agenzia Spaziale Europea, nato per monitorare le aree verdi del pianeta, sorvola lo stesso punto della superficie terrestre con lo stesso angolo di visuale, fornendo immagini utili a comprendere cosa sta accadendo. L’orizzonte al suolo è ampio, 290 km, le immagini di qualità e i dati sono liberi.

Uno strumento per un’agricoltura moderna, suggerisce Luca Toninato, esperto di viticoltura di precisione e tecnologie satellitari. Nel 2022, con la collaborazione di Stefano Pinzauti, Toninato ha avviato uno studio di zonazione della tenuta di Artimino. Un progetto voluto dall’Ad Annabella Pascale (nipote di Olmo e presidente della Fondazione) come “piano di sviluppo per la crescita internazionale dei vini della Casa e per la valorizzazione dell’intero ecosistema agricolo”. Lo studio ha evidenziato ricchezza di suoli e microclimi e una straordinaria biodiversità: 26 varietà di vitigni, dall’eterno sangiovese al syrah, dal merlot al cabernet sauvignon (l’“uva francesca” introdotta da Caterina de’ Medici). Riscoperto pure il petit manseng che l’enologo Riccardo Cotarella (presidente di Assoenologi) ha inserito nel blend di Artumes (2023), un bianco a base di trebbiano a cui è stato dato il nome originario del borgo Etrusco di Artimino. I suoli della Tenuta sono originati da depositi alluvionali sabbiosi-limosi del vicino fiume Arno e da argilliti. Sono profondi con buona struttura, privi di scheletro. Sangiovese (85%) e merlot (15%) entrano nel “Governo all’Uso Toscano DOCG” (annata 2020) che già nel nome fa riferimento all’antica tecnica di vinificazione usata nella regione. Le uve raccolte vengono pigiate e diraspate per poi essere avviate in serbatoi di acciaio inox dove inizia la fermentazione alcolica a temperatura controllata. Le macerazioni sono brevi. A fine fermentazione, al vino viene aggiunta una parte di uve leggermente appassite, al fine di migliorarne la struttura e la morbidezza. Il vino sosta per circa 3 mesi in barriques prima di essere imbottigliato.
Sangiovese (70%), cabernet sauvignon (20%) e merlot (10%) entrano nel Barco Reale di Carmignano DOC (2023), il nome ripreso dalla cinta muraria della riserva di caccia dei Medici. Le tre varietà vengono fermentate in purezza. La malolattica è in vasche di acciaio. La sosta sulle fecce è di 6 mesi, quindi viene definito il blend che entrerà in bottiglia per iniziare la sua nuova avventura volta alla conquista del mercato nazionale e internazionale.

Un occhio anche al marketing

Oggi, Tenuta di Artimino è un brand riconosciuto. “Siamo in un passaggio storico fondamentale”, dice Alberto Mattiacci, professore di Economia e Gestione delle Imprese all’Università La Sapienza. “In qualunque settore, c’è abbondanza di offerta. Siamo in una situazione di mercato definita “del compratore”: il prezzo, tranne le eccezioni, lo fa chi acquista. Il consumatore ha un potere di scambio. In quest’ottica investire per costruire il brand è un’ottima idea”. Fino a che punto? “Fino a ciò che il brand rappresenta, fino al limite del momento in cui subentra un rapporto affettivo così forte con il consumatore che il brand stesso smette di appartenere a chi lo ha creato”.

Come presentare il vino in questa fase del mercato? “Lasciando perdere stelle e centesimi per focalizzarsi sulla personalità, trattando il vino come una persona”, dice Gabriele Gorelli, Master of Wine. Il vino, insomma, è quel caro amico dalle mille sfaccettature: così così, ma tanto tanto simpatico; bello e un po’ snob da invitare a cena con parsimonia; elegante, ma se la tira troppo; sofisticato a mille, fa un po’ ridere; rude, ma buono; semplice per far compagnia ogni giorno. E se c’è un modo nuovo per rappresentarne le tante sfaccettature, si può ricorrere agli emoji, quelle faccine con la mimica umana che basta guardarle e sanno già dirci tutto.

Gabriele Gorelli MW
Lorenza Cerbini
Lorenza Cerbini

Giornalista e sommelier, sono nata e vivo in Toscana, cresciuta tra i filari della vigna di famiglia tra grappoli di sangiovese e colorino. Ho trascorso parte della vita adulta a New York. Scrivo per il Corriere della Sera. @bacco_eretico

Vitae Online logo
  • Home
  • Chi siamo
  • Contatti
  • Rinnova la tua quota
  • Associati ad AIS
  • Modifica i tuoi dati
Vitae Online Lights Newsletter
  • Legal
  • Cookies
  • Privacy
©Vitae Online 2025 | Partita IVA 11526700155