Il Marsala: 250 anni di un vino che rinasce
Sono trascorsi 250 anni da quel 1773 in cui John Woodhouse, mercante di Liverpool, approdò a Marsala e fece la la fortuna di un vino già eccellente, prodotto in Sicilia da tempo immemore (il pittore Pieter Paul Rubens ne faceva già scorta durante un viaggio del 1606) e reso famoso grazie ai proficui contatti con la flotta inglese dell’ammiraglio Horatio Nelson. Nel 2023, anche grazie alla rinascita del proprio Consorzio di Tutela, finalmente unito e capitanato da Benedetto Renda delle cantine Pellegrino, il Marsala lavora sodo per riconquistare il meritato prestigio, come abbiamo avuto modo di apprendere durante un incontro organizzato da due delle più importanti cantine della denominazione, Florio e Pellegrino, durante il quale i membri del Consiglio Nazionale di AIS hanno avuto modo di esplorare le nuove iniziative a beneficio del grande vino fortificato siciliano. La missione è chiara: veicolare la cultura del Marsala. I punti di forza su cui fare leva non sono pochi: oltre a una eredità storica che travalica quel fatidico 1773, il magnifico terroir, una severa filiera agronomica, la duttilità nelle occasioni di consumo, la presenza di coreografiche cantine e, naturalmente, il valore aggiunto del tempo, quello trascorso dal vino all’interno delle ciclopiche bottaie.
Il Consiglio Nazionale AIS, in visita alle cantine Florio e Pellegrino, ha avuto la preziosa occasione di ascoltare dalla viva voce dei produttori le iniziative di una denominazione in forte crescita.
Tutto questo, però, non è sufficiente se non si interviene sulla percezione del consumatore. Per farlo è necessario sottrarlo a una visione angusta, che per troppo tempo lo ha vincolato al ruolo di ancella della cucina, e valorizzarne le occasioni di consumo, grazie al ventaglio di tipologie disponibili, quest’ultima croce e delizia della denominazione. La revisione di un dendritico disciplinare, che conta a oggi 29 tipologie, è infatti un passaggio obbligato per una agevole comunicazione. Le cantine Florio, in questo senso – ha spiegato il direttore Roberto Magnisi – hanno avviato un salomonico taglio, dividendo l’universo Marsala in due grandi categorie: i vini a sola fortificazione di alcol (i Vergine) e quelli conciati, nei quali all’alcol si aggiungono mosto cotto e mistella (i Superiore). A ciò si aggiunge l’enfatizzazione dei millesimi in etichetta, ove previsto, riducendo le generiche indicazioni “20 anni”, “10 anni” o “5 anni”. Il prossimo passo necessario? La valorizzazione delle zone più vocate, i cosiddetti cru (Birgi, Spagnola, Triglia, Petrosino e Biésina, per citare i più noti) dai quali sia possibile intuire a colpo sicuro le caratteristiche predilette.