Il mercato del vino è davvero in crisi? Tre donne del settore svelano tendenze inaspettate

Nonostante le preoccupazioni generali, emergono segnali positivi e nuove tendenze nel mondo del vino, con un occhio all’innovazione e alla sostenibilità, scrive Victoria Flexner.
Si parla spesso di un rallentamento nel consumo di vino, attribuito a diversi fattori come il minor consumo di alcol tra le nuove generazioni, l’inflazione e le recenti dichiarazioni dell’OMS sui rischi legati all’alcol. Ma qual è la situazione reale? Prendendo spunto da un articolo che ha intervistato tre donne imprenditrici del settore vinicolo, già protagoniste del progetto “1.000 Storie”, analizziamo come stanno affrontando il mercato attuale e quali tendenze emergono dalle loro esperienze.
Un quadro sorprendentemente positivo
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le attività delle tre imprenditrici stanno andando bene. Per Jon’ll Boyd, proprietaria di Boyd Cru Wines, il 2024 è stato un anno “eccezionalmente positivo”, con un aumento del fatturato del 46% rispetto al primo anno di attività. Questo successo è attribuito a una “maggiore presenza sul mercato e a strategie di vendita mirate”, oltre all’ottenimento di nuovi accordi di distribuzione.
Anche Holly Berrigan di MYSA Natural Wine, piattaforma di e-commerce specializzata in vini naturali, registra una crescita, seppur contenuta. “Siamo in leggera crescita rispetto all’anno scorso, cosa di cui ci sentiamo molto fortunate dato che il settore nel complesso sta subendo forti cali”, afferma Berrigan.
Polly Hammond, fondatrice dell’agenzia di marketing digitale 5forests, conferma una “crescita costante” per la sua attività, pur sottolineando le preoccupazioni dei suoi clienti, legate soprattutto a “vendite, personale e gli effetti del cambiamento climatico, che sono le maggiori preoccupazioni per i produttori di vino in questo momento”.
Tendenze in atto: vini naturali, sostenibilità e attenzione alla salute
Una tendenza chiara che emerge dalle interviste è la crescente popolarità dei vini naturali. “Essere in… una delle poche aree che è ancora in crescita nel settore del vino… ha aiutato molto”, dichiara Berrigan, che nota anche il successo continuo di “vino orange e pet-nat [pétillant naturel]”.
A proposito di vini naturali, spesso si sente parlare di vini “funky”. Questo termine descrive vini che si discostano dai canoni tradizionali, presentando note olfattive particolari, a volte rustiche o “animali”, che ne caratterizzano una vera e propria estetica. Non si tratta di vini difettosi, ma di una precisa scelta stilistica che ricerca l’originalità e la sorpresa. Questi vini, apprezzati soprattutto da un pubblico giovane, offrono un’esperienza sensoriale diversa e stimolante.
Berrigan esprime in proposito il desiderio che si smetta di usare l’aggettivo “funky” per descrivere questi vini, preferendo termini più precisi e descrittivi.
Anche Boyd osserva una maggiore attenzione dei consumatori verso la sostenibilità e i prodotti locali. “C’è il desiderio di sostenere i piccoli produttori e i marchi locali perché i consumatori possono vedere dove vanno a finire i loro soldi, e i consumatori stanno diventando più orientati all’impatto e socialmente consapevoli”. Per questo, Boyd utilizza “uve coltivate al 100% nel Maryland” e adotta “pratiche agricole sostenibili e zero zuccheri in molti dei nostri vini”, rispondendo alla crescente domanda di prodotti salutari.
Hammond conferma questa tendenza, sottolineando come “la tendenza maggiore è stata la richiesta di offerte a basso contenuto alcolico. Sebbene questo sia attribuito ai Millennials e alla Gen Z, ci sono anche molti Boomers che stanno riducendo il loro consumo di alcol”.
L’impatto della pandemia e la digitalizzazione del settore
Tutte e tre le intervistate concordano sull’impatto significativo della pandemia sulle abitudini di acquisto del vino, con un’accelerazione della digitalizzazione del settore. “Abbiamo riconosciuto che l’industria del vino è cambiata permanentemente, con maggiori opportunità di vendita diretta al consumatore attraverso la distribuzione nei negozi e online”, afferma Boyd.
“Le aziende che in precedenza avevano resistito ai canali digitali si sono improvvisamente rese conto che questi potevano essere la loro ancora di salvezza”, aggiunge Hammond. “Il risultato è stato una rapida adozione del digitale nel campo delle vendite dirette al consumatore e del marketing digitale”. Tuttavia, questa transizione non è stata priva di sfide, con alcune aziende ancora alla ricerca di strategie efficaci.
Diversità, equità e inclusione: una sfida ancora aperta
Nonostante i progressi, il settore vinicolo ha ancora molta strada da fare in termini di diversità, equità e inclusione (DEI). “Le aziende vinicole di proprietà di neri rappresentano solo l’1% del settore negli Stati Uniti”, sottolinea Boyd, che si dice comunque incoraggiata da una maggiore richiesta di inclusività.
Hammond evidenzia il problema della “pipeline che perde” per le donne nel settore. Questa espressione descrive una situazione in cui, nonostante un buon numero di donne entri nel mondo del vino, la loro presenza diminuisce drasticamente man mano che si sale di livello, verso posizioni dirigenziali. Questo fenomeno è attribuito a “un accesso limitato al tutoraggio, alle barriere di networking e alle sfide di conciliazione tra lavoro e vita privata”. In altre parole, molte donne iniziano una carriera nel vino, ma poche raggiungono posizioni di potere a causa di ostacoli che incontrano lungo il percorso.
Un segnale positivo arriva dal mondo del vino naturale, dove, secondo Berrigan, “ci sono così tante donne in posizioni di leadership che mi sembra sempre di essere in ottima compagnia”. Questo dimostra che, sebbene la strada sia ancora lunga, i cambiamenti positivi sono possibili.