Il nuovo “cult wine” che fa impazzire l’America è un Chianti Classico
La prestigiosa rivista americana Robb Report incorona “Ipsus”, il Chianti Classico Gran Selezione della famiglia Mazzei, come il nuovo oggetto del desiderio per l’élite mondiale del vino. Sfidando la moda dei Super Tuscan, Giovanni Mazzei ha creato un “unicorno” da uve Sangiovese in purezza nella tenuta Il Caggio. Il risultato è un’etichetta che unisce storia secolare e viticoltura di precisione, capace di strappare applausi e quotazioni stellari fin dalle prime annate.
C’è una notizia che dovrebbe inorgoglire ogni appassionato di vino italiano: la stampa americana, solitamente ossessionata dai grandi Cabernet della Napa Valley o dai blasonati Bordeaux, ha trovato il suo nuovo idolo. E, sorpresa delle sorprese, non è un Super Tuscan a base di merlot o cabernet, ma un Chianti Classico purosangue. Nell’ultimo numero di Robb Report, Bibbia del lifestyle di lusso, Mike DeSimone e Jeff Jenssen raccontano come Ipsus, la creatura di Giovanni Mazzei, stia spingendo l’intera denominazione verso vette mai raggiunte prima.
La storia di questo successo è, prima di tutto, una storia di coraggio e controtendenza. Mentre molti produttori toscani cercavano la gloria facile strizzando l’occhio ai vitigni internazionali e alle classificazioni IGT, Giovanni Mazzei ha scelto la via più impervia ma autentica: restare fedele al territorio. Con alle spalle seicento anni di storia familiare – il primo riferimento al “Chianti” appare proprio in una lettera del suo antenato Ser Lapo Mazzei datata 1398 – Giovanni era convinto che la denominazione potesse esprimere un vino allo stesso tempo raffinato e potente, profondamente legato al suo terroir.
Il teatro di questa rivoluzione è Il Caggio, una tenuta a Castellina in Chianti che la famiglia Mazzei ha acquisito nel 2006. All’inizio, ammette Giovanni, nessuno pensava a un singolo “cru”. Ma col tempo, studiando quei vigneti posti tra i 320 e i 350 metri di altitudine, è emersa la vocazione straordinaria del luogo. L’idea si è trasformata nella volontà di creare un “clos” che fosse l’espressione ultima di quel fazzoletto di terra. Così è nato Ipsus, un Chianti Classico Gran Selezione 100% Sangiovese.
Il segreto risiede in una combinazione geologica quasi magica: suoli profondi e ben drenati, dove si alternano scisti argillosi (il nostro amato galestro) e marne calcaree (alberese), punteggiati da arenaria che conferisce al vino una mineralità tagliente. L’esposizione e la ventilazione naturale fanno il resto, garantendo maturazioni perfette. L’approccio agronomico va oltre il biologico: Mazzei applica pratiche rigenerative per vitalizzare il suolo e ridurre lo stress delle piante, trattando la vigna come parte di un ecosistema complesso dove boschi e fauna convivono.
In cantina, la precisione è chirurgica. Ogni parcella viene vinificata separatamente (“micro-vinificazione”) per isolarne le sfumature. Per l’affinamento si usa un mix di grandi botti di rovere, tonneaux e vasche di ceramica, una scelta tecnica mirata a bilanciare la purezza del frutto con la struttura, senza soffocare la freschezza.
Il risultato nel calice? La vendemmia 2021 descritta da Robb Report è un inno all’eleganza: rubino profondo, con un naso che esplode in note di amarena, viola, scorza d’arancia candita e un tocco di grafite. Al palato, tannini setosi e una vibrante vena acida avvolgono sapori di mora, lavanda e chiodi di garofano, lasciando un finale lunghissimo che sa di timo e roccia di fiume.
Non stupisce che i collezionisti internazionali siano in fermento. Jakub Kolin, da Praga, ne possiede già 36 bottiglie di tutte le annate, considerandolo una nuova icona ultra-premium. Robert Smolens, che si divide tra Connecticut e Florida, lo definisce “l’espressione definitiva del Sangiovese”. Derrick Goodman, sommelier del ristorante Camille a Orlando, lo descrive ai suoi clienti come un “unicorno“: un vino che cambia la percezione stessa della regione.
Ed è proprio questo l’obiettivo di Giovanni Mazzei: dimostrare che il Chianti Classico non deve temere confronti. Con sole 6.000 bottiglie prodotte, Ipsus non è solo un vino raro; è la prova che la tradizione, se maneggiata con visione e rispetto, è la forma più alta di modernità.