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Vini del Mondo
11/03/2025
Di Fabio Rizzari

Il più sottovalutato tra gli Château

Come si sa, Bordeaux è da secoli il centro del commercio mondiale del vino. Sebbene la sua produzione sia inesorabilmente calata negli ultimi tempi – come del resto sta capitando a pressoché tutto il resto del pianeta che ospita vigneti – l’areale rimane un colosso nei numeri: nel corso del 2023 sono state vendute ben 500 milioni di bottiglie di Bordeaux sui vari mercati internazionali, per un valore complessivo che sfiora la bella cifra di 4 miliardi di euro. Una rivista anglosassone ha calcolato che nel mondo vengono vendute 16 bottiglie bordolesi ogni secondo.

Nel mare magnum del vino di Bordeaux, una fetta crescente di produttori delle appellations regionali meno note – Canon-Fronsac, Entre-deux-mers, Blaye Côtes, e simili – deve fare i conti con una crisi di vendite.
Il ridotto drappello degli Château famosi che ancora vendono discretamente, i Cru Classé, è solo la punta emersa dell’iceberg, mentre a pelo d’acqua si muove il gruppo dei Cru Bourgeois, una denominazione intermedia che conta firme di spicco accanto a nomi pressoché sconosciuti dall’enofilo anche esperto.

Château Cantemerle

Tra i Cru Classé scommetterei qualche decina di euro (somma commisurata al mio portafoglio) che lo Château Cantemerle sia il meno noto agli appassionati; o comunque il meno presente nelle loro dotte conversazioni. Di sicuro, nella mia opinione, è il più sottovalutato. 
Eppure, Cantemerle, da qualsiasi punto di vista lo si osservi, ha diversi punti di forza.

La tenuta stessa, per cominciare, è tra le più scenografiche dell’intero bacino del Médoc. Creato nel 1700, il parco si estende per 28 ettari e conta numerose essenze rare. Basterebbero i due monumentali platani di 40 metri d’altezza – conosciuti come Les Jumeaux, i gemelli – ad alimentare il cosiddetto turismo arboreo a Cantemerle. Ma sono presenti anche un’imponente magnolia risalente al Secondo Impero e il colossale “Solitaire”, la cui circonferenza del tronco arriva a sei metri.
E soprattutto, gioiello della corona, Cantemerle ospita un tasso che ha raggiunto la venerabile età di 420 anni.

Cantemerle vanta secoli di tradizione anche per la produzione viticola ed enologica, che rimonta al 1340 come primo attestato storico.

Tenero, squisito, sottile

Presso gli addetti ai lavori e i conoscitori più attenti il vino di Cantemerle ha da sempre un’ottima reputazione. Non tanto e non soltanto perché lo Château è stato incluso nella celebre classificazione del 1855 come Cinquième Cru Classé, ma soprattutto per la finezza che esprime il suo rosso nelle annate più favorevoli al genius loci. Michel Bettane, capofila dei critici enologici francesi e rispettatissimo guru internazionale, lo descrive sinteticamente così nel 1997: “(nelle vendemmie migliori) Cantemerle non è mai robusto ma tenero, squisito, sottile”.

Una sorta di Lafite-Rothschild: in trentaduesimo, beninteso, perché di Lafite non ha – e non ambisce ad avere – la profondità e la complessità.
E tuttavia un piccolo Lafite, certo.

Il vigneto si estende per oltre 90 ettari, l’encepagement – ovvero la composizione delle diverse varietà – è 68% cabernet sauvignon, 22% merlot, 5% cabernet franc e 5% petit verdot.
La vinificazione e l’affinamento sono classici e non presentano peculiarità rilevanti da segnalare. Ciò che conta è il risultato finale, che si traduce in rossi “avec une belle finesse de structure, une matière élégante, et des tanins fondus”, “con una bella finezza di struttura, un corpo elegante e tannini morbidi”, nelle parole della guida della Revue du Vins de France.

Della riuscitissima triade 2018-2019-2020 caldeggio in particolare il 2018, che non ha la pienezza del 2020 o la struttura tannica del 2019, ma che è deliziosamente fresco, agile, longilineo, di bevibilità irresistibile.
Per una trentina di euro di costo finale, difficile bere meglio: a Bordeaux e forse anche fuori Bordeaux.

Fabio Rizzari
Fabio Rizzari

Giornalista professionista. Si è dedicato dalla fine degli anni Ottanta ad approfondire i temi della degustazione e della critica enologica professionale. Ha collaborato con Luigi Veronelli Editore, casa specializzata in critica enologica e gastronomica, e dal 1996 ha lavorato come redattore ed editorialista presso il Gambero Rosso Editore. È stato collaboratore e redattore per la Guida dei Vini d’Italia edita da Gambero Rosso Editore e Slow Food. È stato per diversi anni curatore dell’Almanacco del Berebene del Gambero Rosso Editore. È stato titolare, in qualità di esperto di vino, di diverse rubriche televisive del canale tematico Gambero Rosso Channel. È stato relatore per l’AIS, Associazione Italiana Sommelier. È stato membro del Grand Jury Européen. Dal 2003 al 2015 è stato curatore, insieme a Ernesto Gentili, della Guida I Vini d’Italia pubblicata dal gruppo editoriale L’Espresso. Del 2015 è il suo libro “Le parole del vino”, pubblicato dalla Giunti, casa editrice per la quale ha firmato anche – insieme ad Armando Castagno e Giampaolo Gravina – “Vini da scoprire” (2017 e 2018). Con gli stessi due colleghi è autore del recente “Vini artigianali italiani”, per i tipi di Paolo Bartolomeo Buongiorno. Scrive per diverse testate specializzate, a cominciare da Vitae, il periodico ufficiale dell’AIS. È relatore per l’Accademia Treccani.

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