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Innovazione
10/12/2024
Di Redazione AIS

Il Riesling si salva col sole: in Germania i pannelli solari entrano in vigna

Un reportage della Deutsche Welle esplora il concetto di “VitiVoltaic”, una fusione tra vitis vinifera e fotovoltaico sperimentata in Germania. L’obiettivo è duplice: salvare vitigni storici come il Riesling dal riscaldamento globale (grazie all’ombreggiamento dei pannelli) e garantire ai vignaioli una seconda rendita energetica. Tra filari riscaldati elettricamente contro il gelo e robot autonomi, emerge un modello che potrebbe recuperare anche le vigne eroiche abbandonate.

Immaginate un vigneto che produce due raccolti contemporaneamente: uno liquido, che finisce nel calice, e uno invisibile ma altrettanto prezioso, che finisce nella rete elettrica. In Germania, dove il cambiamento climatico sta mettendo a dura prova la viticoltura tradizionale, questa non è più fantascienza ma una risposta concreta chiamata “VitiVoltaic”.

Il termine, un ibrido tra il latino vitis vinifera e fotovoltaico, descrive una tecnologia che noi italiani stiamo iniziando a conoscere come agrivoltaico avanzato. Ma se da noi il dibattito è spesso acceso sull’impatto paesaggistico, nel Rheingau tedesco l’Università di Geisenheim (HGU) ha deciso di passare ai fatti, trasformando i filari in laboratori a cielo aperto per salvare il loro tesoro nazionale: il Riesling.

Il problema è serio: il riscaldamento globale fa maturare l’uva troppo in fretta. Risultato? Troppi zuccheri, acidità in crollo e un profilo aromatico che perde la sua tipica freschezza “tagliente”. La soluzione tedesca è radicale: montare pannelli solari semitrasparenti sopra le viti. Queste strutture non solo producono energia, ma agiscono come uno scudo intelligente. Proteggono dai chicchi di grandine (sempre più violenti), dalle piogge torrenziali e, soprattutto, filtrano il sole in eccesso.

Il risultato enologico è sorprendente. I ricercatori hanno già imbottigliato due annate del cosiddetto “watt wine” (potremmo tradurlo come “il vino dei watt”): un Riesling che, grazie all’ombreggiamento controllato, è tornato ad essere leggero, fruttato e vibrante, proprio come lo stile classico imponeva prima che le estati diventassero torride.

L’impianto di Geisenheim, costato circa 350.000 euro e finanziato anche dall’UE, è un gioiello di tecnologia che farebbe invidia a una sala operatoria. Sensori ovunque monitorano umidità e temperatura. Ma la vera magia accade quando il clima diventa nemico: durante le gelate tardive di aprile, invece di accendere migliaia di candele inquinanti tra i filari (una pratica costosa e faticosa ben nota anche ai nostri vignaioli piemontesi o friulani), il sistema utilizza l’elettricità immagazzinata per alimentare cavi riscaldanti che proteggono i germogli. L’energia prodotta alimenta anche i trattori elettrici e i robot autonomi che lavorano il suolo.

Non è solo un gioco per grandi istituti di ricerca. Nel sud-ovest della Germania, a Oberkirch, l’ingegnere e vignaiolo per hobby Christoph Vollmer sta portando questa tecnologia su terreni “eroici”. Il suo vigneto ha una pendenza del 30%, difficile da lavorare e costoso da mantenere. La sua idea? Installare pannelli speciali, alcuni sospesi su cavi d’acciaio, per rendere economicamente sostenibile la viticoltura in zone che altrimenti verrebbero abbandonate.

Qui il discorso tocca un nervo scoperto anche per l’Italia: quanti dei nostri terrazzamenti in Liguria o in Valtellina vengono abbandonati perché non più redditizi? Vollmer sostiene che la doppia rendita (vino + energia) sia l’unica via per salvare questi paesaggi culturali. L’elettricità “ha sempre un valore”, dice, mentre l’uva può subire annate disastrose.

Certo, non mancano gli ostacoli. La burocrazia per la connessione alla rete elettrica è lenta e i costi iniziali sono alti. Ma la strada sembra tracciata. E mentre la Germania accelera, anche l’Italia non sta a guardare: progetti simili stanno nascendo in Puglia e in Emilia-Romagna (pensiamo all’impegno di realtà come Caviro), segno che il futuro del vino potrebbe davvero passare per un “tetto” di cristallo che cattura il sole.

Redazione AIS
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