L’’Astemia… non è più pentita: da anticonformista a simbolo delle Langhe
Se sulla collina di una delle zone più storiche e tradizionaliste del Piemonte e dell’Italia, poco più di 10 anni fa fosse comparsa una struttura totalmente diversa dal panorama delle cantine presenti, secondo voi cosa sarebbe successo? Si, la risposta è quella che avete immaginato. Dubbi e critiche a profusione.
Perché fino a poco tempo fa, sulla collina di Cannubi, nel territorio di Barolo, parte delle Langhe, Patrimonio Mondiale dell’Unesco dal 2014, mai era stata concepita, e neanche pensata, una cantina come quella de L’’Astemia Pentita.
Un nome già provocatorio di per sé, con le virgolette al posto dell’apostrofo, o due apostrofi, per essere ancora più penetrante. Un inizio di avventura condito da polemiche e indignazione da parte della maggioranza dei viticoltori. Una cantina pop, “anticonformista”, nel cuore della zona più conservatrice delle Langhe, non poteva che portare a questo.
Due enormi parallelepipedi a Cannubi, una delle zone più famose, prestigiose e vocate, che rappresentavano due cassette di vino sovrapposte, e dove il design la faceva da padrone, per poi proseguire con le bottiglie a forma di donna e uomo stilizzati pensate per il barolo, fecero gridare allo scandalo chi per anni aveva visto quel territorio come austero e tradizionalista.
Sandra Vezza, dall’amore per il design al ritorno alle origini
A sfidare la tradizione, ad inizio secolo, ci aveva pensato Sandra Vezza, piemontese originaria di Lerice, paesino dell’Alta Langa, imprenditrice di società leader nel settore alimentare e farmaceutico e di Gufram, celebre marchio di design (avete presente il divano rosso a forma di labbra, simbolo del surrealismo e del movimento Pop Art negli anni Sessanta? Ecco.). Ma a questo punto viene già da chiedersi cosa abbia portato un’appassionata di design nel mondo del vino. In realtà in un primo momento l’intenzione non era proprio quella. Si, perché ad inizio degli anni 2000 aveva conosciuto una coppia di anziani signori, fratello e sorella, Teobaldo e Livia De Magistris, che, avendo quasi 90 anni, da tempo volevano vendere i loro terreni, e lei era andata ad accompagnare un amico per la loro compravendita.
Alla fine invece successe il contrario, e proprio lei si ritrovò nel ruolo di acquirente, diventando proprietaria di quelle terre, tanto ambite e contese da molti vicini “di collina” e non solo.
Se a questo aggiungiamo che il nome dell’azienda descrive bene un’altra caratteristica della protagonista di questa storia, il quadro è quasi completo. Si, perché Sandra Vezza era, ed è, veramente astemia. Per lei, acquistare quell’appezzamento di quella collina era stato semplicemente un ritorno alle origini, memore di quando il nonno l’accompagnava a passeggiare tra i vigneti, insegnandole i suoi segreti.
Una vera e propria dichiarazione d’amore per questa terra, e anche una personale sfida come donna, decisa a dare vita a un progetto totalmente diverso e rivoluzionario attraverso l’architettura e il design. E tutto questo lo fa uscendo dalla tradizione langarola, mescolando vino, industria, arte e turismo, soprattutto dal 2018 quando la cantina apre definitivamente le porte al pubblico. Diventa immediatamente un successo, proprio grazie a questa forma strana e particolare, i suoi arredamenti un po’ fuori dal comune, e le tante opere d’arte distribuite nei vari spazi, che nell’era di Instagram e “dell’instagrammabile” sono una vera e propria calamita. Se in più accompagnate da un’accoglienza di qualità e cura altissime, leggere poi i sorprendenti risultati dell’afflusso turistico, che raggiunge i 10.000 visitatori annui, diventa molto semplice.
Negli anni questo successo in qualche modo diminuisce le polemiche e i dubbi, ma di fatto rimangono sempre le voci – eufemismo – dei langaroli nei bar dei paesi.
Ma, a parte le questioni sul design e sulle installazioni d’arte, con diatribe annesse, parliamo di una cantina di 4.000 mq super efficiente e moderna, con una struttura in cemento, dipinta (a mano!) con i colori autunnali delle foglie di viti.
All’interno le vasche d’acciaio nella sala di vinificazione, dove le uve vengono fatte scendere per caduta e dove ogni serbatoio è etichettato con il nome di una canzone famosa… si, quella che i ragazzi della cantina stavano ascoltando mentre le riempivano. D’altronde non abbiamo detto che è la cantina anticonformista per antonomasia?
Nella stessa stanza, divisa da una enorme vetrata, c’è la barricaia a vista, con le file di barrique, tonneaux e botti grandi di rovere di Slavonia, dove affina e riposa il barolo.
Il trono del Barolo
Prima parlavamo di immagini instagrammabili? Allora è impossibile non accennare a uno dei simboli de L’’Astemia, che ormai da anni continua a fare il giro del mondo sui social.
Il “Trono del Barolo”, una poltrona gigante posta alla fine della barricaia, come richiamo al detto che vede il barolo “Re dei Vini”, e diventata il luogo principale per le foto dei turisti, perché è praticamente impossibile resisterle, e non sedersi sopra per uno scatto (si, anche per l’autore di questo articolo!).
A queste sale si aggiungono altri 400 mq di wine shop e sala degustazione nei piani superiori, dove il personale accoglie il pubblico e dà la possibilità di degustare i vini.
Parlando dell’azienda nel suo insieme, oggi ha 17 ettari vitati nei comuni di Monforte d’Alba e Barolo, due MGA (Menzione Geografica Aggiuntiva) a Terlo e Cannubi, e con un progetto già in stato avanzato che vedrà l’ampliamento dei terreni fino a 27 ettari entro il 2029.
Sono 15 le etichette al momento in commercio, tra dolcetto, barbera, nebbiolo e nascetta (unico vitigno bianco indigeno di queste colline) parlando di uve autoctone, e sauvignon blanc, pinot nero, riesling e chardonnay per quelle internazionali, con una produzione annuale di 70.000 bottiglie, di cui 15.000 di barolo. Ma dal 2010, prima annata di vinificazione, ad oggi, le cose sono cambiate molto, o, per meglio dire, stanno cambiando. L’azienda ha deciso di evolversi e compiere trasformazioni importanti, a cominciare dal nome che diventa semplicemente L”Astemia.
In realtà lo diventa definitivamente, perché l’abbreviazione da sempre è stato adottata in maniera spontanea dagli appassionati nel corso degli anni. Ironico, originale, provocatorio, il suo nome rimane comunque un marchio, nato da una scelta di inclusività, e che vuole spingere a visitare la cantina per vere e proprie esperienze sensoriali, culturali o gastronomiche, non solo legate al vino. Un passo decisivo nella sua crescita.
Il nome, la transizione biologica di tutti i suoi vigneti ormai definita, e la forma delle bottiglie che subisce un restyling, pur mantenendo uno stile distintivo. Sono cambiate anche la figura dell’enologo, affidata adesso alla consulenza di Gianpiero Gerbi, insieme a una nuova squadra in cantina, e la direzione commerciale nella figura di Marco Cossaro.
Gli obiettivi produttivi si ampliano perché, dalle attuali 70.000 bottiglie annue, l’azienda punta a raggiungere le 150.000 con la vendemmia 2029, grazie al già citato aumento degli ettari vitati, puntando sempre a mantenere alti gli standard di qualità e autenticità.
Cambia anche la gamma di vini, grazie soprattutto all’introduzione di un metodo classico, l’Alta Langa DOCG“ Charley” (nome del figlio di Sandra Vezza), a base chardonnay e pinot nero, con 36 mesi di affinamento sui lieviti, che entrerà in produzione proprio con la vendemmia 2024, e al nuovo viognier.
Nulla più di cui pentirsi
“L’’Astemia non ha (più) nulla di cui pentirsi. – ci spiega proprio Marco Cossaro –. Nel passato sono state fatte delle scelte, a volte provocatorie, a volte invece desiderate, proprio perché era la loro visione estetica di quello che voleva essere per loro il vino fatto da loro. E questi anni sono serviti per imparare, perché siamo un’azienda giovane, siamo un’azienda che non può raccontare di aver fatto la prima bottiglia di barolo o che il bisnonno della famiglia era tra i primi produttori. Non è una storia che potevamo narrare, quindi bisognava raccontare il valore che cerchiamo di portare nelle nostre bottiglie, nel calice, e dovevamo farlo in maniera diversa. L’’Astemia non è più pentita perché è maturata, ha capito cos’è che serve a rappresentarsi al meglio e cosa serve per portare avanti questo progetto. Questo si concilia con tre cose. La prima è la certificazione biologica di tutti i vigneti, il secondo è una bottiglia più fruibile, quindi più leggera, di una dimensione adatta per tutti, un’etichetta chiara che comunque rappresenta sempre l’identità che era già de L’’Astemia Pentita. E il terzo è la scelta di una produzione sempre più di qualità.”
L’’Astemia oggi è a un punto di svolta grazie alla maturità acquisita in questi anni, non avendo mai smesso di studiare, di svilupparsi e di migliorarsi, senza mai perdere di vista la propria identità e il legame con il territorio.
E Sandra Vezza rimarrà astemia, anche se “la mia passione sarà sempre quella di passeggiare tra i vigneti, rimanerci per assaporarne i profumi e i colori”.
Un amore, quello per le Langhe e per il vino che, fin da piccola, ha sviluppato grazie al nonno, e che continua a trasmettere ogni giorno alla sua azienda, ai suoi collaboratori, e a tutti gli ospiti che quotidianamente visitano L’’Astemia Pentita. Ops, pardon, forza dell’abitudine… che quotidianamente visitano… L’’Astemia.