La Maremma che non ti aspetti

Un tenace luogo comune sul vino italico riguarda il territorio della Maremma, e più in particolare la denominazione del Morellino di Scansano. Molti bevitori di una certa età – diciamo a grandi linee sopra il 45 anni – si sono formati un’idea piuttosto critica dei rossi maremmani, rubricandoli come pesanti, alcolici, dai tannini appiccicosi.
Dei mallopponi indigesti difficili da mandare giù, in altre parole.
Non è un pregiudizio apparso dal nulla, ovviamente. Nel quindicennio 1995-2010 (anche qui calcolando a spanne) molti vini di questo areale produttivo si offrivano nerastri nel colore, oleosi nella consistenza, marmellatosi nel timbro del frutto. Interpretavano cioè fin troppo entusiasticamente il modello del rosso ipertrofico tipico dell’epoca.
In questo aiutati, in tutta evidenza, da caratteri pedoclimatici che favoriscono la nascita di vini ampi e generosi.

Un’area ricca di sfumature
Eppure, la Maremma vitivinicola non è un monolite compatto e uniforme, ma una zona ricca di sfumature. La sezione più calda è costituita dalla fascia pianeggiante (o appena ondulata) che si estende dal confine della costa per una quindicina di chilometri. Qui in effetti le minori escursioni termiche e il calore dei terreni danno di solito rossi poderosi, alcolici, rugosi nella componente tannica.
La Maremma interna è o può essere tutt’altra cosa. Non sono un agronomo, né un ampelografo, né un climatologo, ma ci sono pochi dubbi sul fatto che le terre dei rilievi collinari di Manciano (370 metri sul livello del mare), di Montemerano (480 metri), di Scansano stessa (500 metri) o di altre frazioni locali possano propiziare la creazione di vini molto meno squadrati, e anzi – nei casi più virtuosi – di sorprendente grazia espressiva.

Un territorio da scoprire
Il vitigno principale del territorio è il sangiovese, che in una delle sue numerose declinazioni nominali qui si chiama morellino. Sempre più vignaioli ne propongono versioni schiarite nel colore, snellite nel corpo, alleggerite nell’estrazione tannica. Ma più in generale i rossi di questo circondario mostrano negli ultimi anni una delicatezza nei tratti che confligge con il cliché storico descritto all’inizio. Un palato anche esperto avrebbe attualmente qualche difficoltà a distinguere alla cieca alcune delle bottiglie più felici da parenti illustri come i rossi chiantigiani.
Gli esempi più compiuti vengono per me – e per molti commentatori – dai nuclei produttivi di Antonio Camillo (grande interprete del ciliegiolo) e Roccapesta, ai quali rimando gli appassionati più esigenti.
A chi invece vuole iniziare a esplorare la Maremma interna di Scansano e dintorni cominciando dai vini più facili da reperire, suggerisco le etichette più economiche dell’ampia gamma dei Vignaioli del Morellino – 170 soci per 700 ettari di vigneti coltivati –, vini di ottima correttezza formale e di piacevole, immediata bevibilità.

La seconda foto è di Grape Things su Pexels.