La vigna va in città
Immaginiamo un vigneto sul tetto di un grattacielo della Grande Mela o filari di vite per le strade di Parigi, oppure ceppi d’uva all’interno di un silenzioso complesso ecclesiastico veneziano o nel cuore di Milano. Potrebbero apparire improbabili, ma nel mondo questi scenari esistono davvero, all’interno di molte città o poco distanti dal pieno centro, invitando i turisti su percorsi alternativamente suggestivi e, al tempo stesso, a godere la bellezza e la cultura di un luogo in un modo inaspettato.
A mettere insieme le vigne cittadine ci ha pensato qualche anno fa l’associazione internazionale Urban Vineyards Association, il cui acronimo è curiosamente U.V.A. e il cui obiettivo è tutelare il patrimonio rurale, storico e paesaggistico dei vigneti metropolitani; salvaguardando, al tempo stesso, la loro preziosa biodiversità nel rispetto dell’ambiente e conciliando passato e futuro, campagna e città, lavoro e tempo libero.
Le vincolanti condizioni per l’adesione all’associazione prevedono che il vigneto sia inserito in un contesto urbano, accessibile ai visitatori, connesso con la cultura e la storia della città e che sia percepito dalla popolazione come luogo di valore storico e culturale. Attualmente le vigne associate U.V.A. sono 13, sparse in numerose nazioni tra Europa e Stati Uniti, come precisa il sito dell’associazione.
I filari urbani: Siena e Milano
Sopravvissuti miracolosamente fino ai giorni nostri, nonostante l’abbandono e l’avanzata inesorabile del cemento, alcuni filari cittadini solo di recente sono tornati ad essere conosciuti e fruibili dalla collettività.
È il caso del progetto Senarum Vinea, una sorta di vigneto diffuso a Siena dedicato non solo alla riscoperta delle vigne antiche situate all’interno delle mura cittadine, ma anche al riconoscimento e valorizzazione di antichi vitigni autoctoni. Tra antichi orti conventuali, giardini privati e campi familiari dell’immediata periferia si nascondono uve come gorgottesco, tenerone, salamanna, rossone e tanti altri autoctoni minori sopravvissuti fino ad oggi, ma dimenticati da tempo e ad alto rischio di estinzione.
Altra vigna recuperata e restituita alla collettività è la celebre Vigna di Leonardo a Milano, appartenuta al grande genio toscano. Riscoperta nel 1922 e distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo anni di studi, grazie alla collaborazione con il professor Attilio Scienza, si è giunti alla conclusione che Leonardo allevava la profumata malvasia di Candia aromatica.
Venezia e Bergamo
Anche Venezia custodisce da sempre – fra le infinite bellezze naturali, artistiche e architettoniche – piccoli fazzoletti di terra dedicati alla produzione del vino, spesso all’interno di monasteri e conventi. Accade all’interno del complesso ecclesiastico di San Francesco della Vigna, nomen omen, all’interno del quale si trova il più antico vigneto urbano della città lagunare, un tempo tra i più estesi e produttivi di tutta Venezia. Qui dall’assemblaggio di glera e malvasia nasce lo spumante metodo Martinotti “Harmonia Mundi”. Altro membro di U.V.A. sempre a Venezia, è Laguna nel bicchiere, associazione che ha come obiettivo quello di recuperare e raggruppare le vigne abbandonate sparse tra gli isolotti, tutelando il paesaggio originale, a volte sconosciuto ai più.
Sempre nel nord Italia, a Bergamo, Cascina Moroni possiede vigne che si estendono da un lato ai margini della città e dall’altro si addentrano nei boschi, in una dimensione contemporanea, dove campagna e territorio urbano convivono armoniosamente. Il progetto contempla anche un percorso pedonale e ciclabile che attraversa i vigneti e la suggestiva zona dei castagneti.
Palermo e Catania
La Vigna del Gallo dell’Orto Botanico di Palermo ha invece origini più recenti, quando nel 2018 è stato avviato il progetto per la conservazione di 95 vitigni autoctoni siciliani, campioni identitari della biodiversità dell’Isola. Un vero e proprio museo a cielo aperto dove, accanto alle uve tradizionali siciliane, trovano spazio vitigni “reliquia” come prunella, muscaredda, corinto bianco, cutrera, zuccaratu, visparola.
Sempre in Sicilia, alla periferia di Catania, fa parte di U.V.A. la giovanissima Etna Urban Winery, realtà risalente alla fine del Settecento, recuperata da otto cugini e trasformata in una meta per enoturisti grazie al recupero dell’antico palmento (cantina storica), costruzione a cupola definita una “Cuba” etnea, con muretti a secco e sedili in pietra scolpiti a mano.
Avignone, Parigi e Lione
Fanno parte della Urban Vineyards Association pure tre vigne urbane francesi, fra cui svetta per grande tradizione storica il Clos du Palais des Papes, unico vigneto AOC intra moenia in Francia, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Di proprietà della città di Avignone, i vigneti sono stati rilevati dai Compagnons des Côtes du Rhône, i quali garantiscono la cura dell’appezzamento durante tutto l’anno.
Altra celebre vigna urbana è Clos Montmartre a Parigi, piantata nel 1933 e gestita dagli abitanti della zona. Lodevole l’iniziativa benefica di mettere all’asta il ricavato della vendita del vino che viene devoluto all’Associazione Montmartre per opere sociali.
La terza vigna urbana francese, Clos des Canuts, si trova su una collina di Lione ed è dedicata a 300 viti di Gamay. Ai turisti può capitare di prendere liberamente parte alla vendemmia e di unirsi ai successivi festeggiamenti.
Salonicco, Barcellona e New York
Anche la Grecia a Salonicco nel 2013, grazie al contributo dell’Università, ha creato su un’area di due acri il primo Vigneto biologico urbano del paese egeo. Qui viti di malagouzia, golden robola, xinomavro e agiorgitiko hanno preso il posto di un’ex officina meccanica del Comune.
In Spagna a Barcellona, l’azienda Oliveira ha recuperato il vigneto Can Calopa de Dalt, ultima traccia della cultura del vino della città catalana. Oltre al vino, l’azienda promuove un progetto no-profit a favore delle persone a rischio di esclusione sociale.
Sui grattacieli di New York c’è chi ha creato un piccolo orto, ma c’è anche chi produce vino. È il caso dell’azienda Rooftop Reds che, come il nome lascia intendere, è collocata sul tetto dell’edificio Brooklyn Navy Yard, con vista panoramica su lower Manhattan. In circa 40 vasi che coprono complessivamente una superficie di circa 1.375 metri quadrati, Rooftop Reds produce tra le 200 e le 250 bottiglie di vino ottenute dalle principali varietà a bacca rossa bordolesi.
Insomma, la vigna è dovunque, basta cercarla.