L’Alsazia oltre lo stereotipo
Un reportage dall’Alsazia firmato da Bradley Horne per The Buyer. L’autore racconta di una regione in pieno fermento, dove i giovani produttori sfidano il cambiamento climatico e sperimentano oltre i vitigni classici. Non solo Riesling: la nuova frontiera alsaziana include grandi pinot noir, una forte spinta biodinamica e Crémant d’eccellenza. Un equilibrio perfetto tra storia e innovazione che rende l’Alsazia una delle zone più dinamiche d’Europa.
Bradley Horne per la testata inglese The Buyer, reduce da un recente viaggio, si dice letteralmente “sbalordito” dalla qualità, dalla diversità e dalla passione che ha incontrato. Horne ci racconta di una regione dove i vignaioli più giovani stanno riuscendo a farsi un nome “rispettando la tradizione mentre guidano nuovi progetti e nuove direzioni”. È questo “equilibrio”, sostiene, che “rende l’Alsazia una delle regioni vinicole più eccitanti di oggi”.
Quando si pensa all’Alsazia, nota Horne, vengono in mente alcuni concetti chiave: la storia, la tradizione, le generazioni di vignaioli e, naturalmente, il Riesling. E non sarebbe sbagliato. Ma dopo aver trascorso una settimana in questa regione – francese, eppure con tocchi di carattere tedesco e persino svizzero – è chiaro che l’Alsazia sta cambiando.
I cambiamenti generazionali sono in corso. Giovani vignaioli, famiglie e abitanti del luogo stanno entrando nel settore con idee fresche. Anche il cambiamento climatico sta rimodellando la viticoltura. Ma, sottolinea l’articolo, non tutti i suoi effetti sono negativi: i produttori ora riescono a maturare in modo affidabile il pinot noir per i vini rossi, e stanno persino sperimentando con syrah, grenache e nebbiolo.
Horne cita Jacky Barthelmé del Domaine Albert Mann, il quale spiega: “il pinot in regione matura magnificamente ed esprime il terroir”. Il Grand Cru Hengst, ad esempio, è tra i luoghi migliori per il pinot in Alsazia, capace di produrre vini strutturati e longevi. L’autore racconta di aver assaggiato esempi di 12 e 15 anni, ancora eleganti, vivi e pieni di sapori stratificati. Barthelmé aggiunge: “abbiamo anche innestato del syrah su viti di 20 anni nei suoli granitici del Grand Cru Schlossberg, una prospettiva entusiasmante”.
Questa mentalità non è isolata. Un pomeriggio trascorso nello Schlossberg con figure come Eddy Faller (Domaine Weinbach), Frédéric Blanck (Paul Blanck) e Antoine Barthelmé (Domaine Albert Mann) ha reso chiaro perché questo sia stato il primissimo Grand Cru d’Alsazia, 50 anni fa.
Questi vignaioli credono fermamente che il “sito” (il terroir) sia il fattore più importante e vedono potenziale nell’impiantare nuove varietà. Avendo lavorato in tutto il mondo, portano in Alsazia prospettive globali, una rarità rispetto a molti loro colleghi francesi. Come dice Frédéric Blanck: “scoprire cosa succede in Australia mi ha solo aiutato a raffinare la mia vinificazione in Alsazia, nuovi approcci, tecniche e stili”. Assaggiare i vini dello Schlossberg, scrive Horne, ne rafforza la magia, con Riesling, Pinot Gris e Pinot Blanc di classe mondiale.
Bradley Horne identifica poi un’altra tendenza chiave nella biodinamica. L’Alsazia è al terzo posto in Francia per la viticoltura biodinamica, con grandi sostenitori come il Domaine Zind-Humbrecht e Olivier Humbrecht. Humbrecht, definito quasi un sinonimo di biodinamica, ha una passione ineguagliabile per la salute del suolo e imbottiglia persino in vetro leggero e vegano. L’autore riporta una sua citazione affascinante sul gewürztraminer: “è un vino bianco che vuole essere un vino rosso, quasi un vino trans, se vogliamo”.
Anche Jean-Frédéric Hugel concorda sulla grandezza di questo vitigno: “crediamo di avere il miglior terroir per il gewürztraminer”. La famiglia Hugel, ricorda l’articolo, occupa un posto speciale nel Regno Unito. Horne condivide un aneddoto: il nonno di Jean-Frédéric inviò una cassa di Gewürztraminer del 1934 a Winston Churchill. Un decennio dopo, Churchill rispose ringraziando, forse dopo aver finito l’ultima bottiglia. Incredibilmente, Horne ha assaggiato proprio quel vino, trovandolo ancora vibrante. Hugel ha anche presentato il nuovo Crémant della famiglia, spiegando: “amiamo lo Champagne… ma volevamo fare un vino in stile Champagne dall’Alsazia. se non funziona, ce lo berremo tutto noi”, dice ridendo. Fortunatamente, funziona.
Ma non si può parlare di Crémant in Alsazia, continua The Buyer, senza menzionare Dopff. “la nostra storia è lunga… siamo vignaioli dal 1574”, afferma Marlene Dopff. La tradizione è nel loro sangue, ma l’innovazione è viva: il loro “Wild Brut” (zero dosaggio) e la Cuvée Solera 12.19 sono esempi straordinari di Crémant moderno.
Il viaggio di Horne si è concluso nella suggestiva nuova cantina “cattedrale” di Rolly Gassmann. Con radici che risalgono al 1611, Pierre Gassmann e Lauriane guidano ora il domaine, producendo alcuni dei vini dolci più eleganti della regione e rilasciandoli solo quando sono perfettamente pronti.
L’Alsazia, conclude Bradley Horne, è ricca di storia, non solo nelle sue cantine ma nelle sue città da fiaba. Eppure, ciò che gli è rimasto più impresso è stata l’energia della generazione più giovane. Stanno rispettando la tradizione mentre guidano nuovi progetti e nuove direzioni. È questo equilibrio che rende l’Alsazia una delle regioni vinicole più eccitanti di oggi.