L’anima della Guascogna: cronaca di un ambasciatore dell’Armagnac

Il racconto di Giulio Benvenuto, relatore AIS Puglia, ora uno dei sette nuovi educatori internazionali certificati di Armagnac. La cronaca di un viaggio nel cuore della Guascogna, un’immersione profonda nel mondo del distillato più antico di Francia, per scoprire la passione che unisce un intero popolo al suo spirito immortale.
Un nuovo ambasciatore italiano per l’Armagnac
Ho l’orgoglio di comunicare che il 4 luglio 2025, a seguito di un master sull’Armagnac tenutosi a Eauze, in Francia, presso il BNIA (Bureau National Interprofessionnel de l’Armagnac), sono divenuto uno dei sette educatori internazionali certificati di Armagnac. La selezione per partecipare al corso-concorso si è svolta a livello mondiale nel maggio 2025 e ha previsto una valutazione per titoli e curriculum, seguita da un colloquio in inglese con Maeva Vidonne, direttrice della comunicazione del BNIA, l’organo che gestisce e promuove l’Armagnac.

Ritratto della Guascogna: terra di cultura, terroir e tradizioni
Mi piace raccontare l’atmosfera e i luoghi di questa splendida esperienza. Le prime immagini che colpiscono della Guascogna (un’entità culturale e storica, non una realtà amministrativa, come ti insegnano appena arrivi) sono le distese di terreni coltivati a mais, grano e vite. Questi campi, spesso circondati da boschi, sono popolati da animali di ogni tipo: cervi, cinghiali, cavalli e una moltitudine di splendidi uccelli.
Si percepisce poi un fortissimo sentimento di coesione culturale: sono tutti profondamente guasconi, in ogni senso, come dimostra la loro particolare ironia, espressa al meglio in francese. L’inglese, come da noi, è parlato soprattutto dai giovani e, salvo ottime eccezioni, con un deciso accento locale.
Tutto ciò che è food and wine è spesso protetto da un’Indicazione Geografica o un’Appellation d’Origine Controlée: dalla frutta deliziosa al vino locale, dai formaggi a tutto ciò che è commestibile. Questo è già un punto da cui noi italiani potremmo imparare. E poi c’è l’Armagnac, vero amalgama culturale e identitario della regione, insieme a D’Artagnan.
Dentro il master in Armagnac: lezioni, degustazioni e incontri
Appena entrati nel Bureau National Interprofessionnel de l’Armagnac, situato in una sede moderna e architettonicamente gradevole a Eauze, nel cuore del Bas-Armagnac, ti insegnano a conoscere a memoria le tre differenti realtà geografiche e territoriali dell’Appellation. Ti spiegano dove si trovano i produttori e quali sono i diversi terroir del Bas-Armagnac, della Ténarèze e dell’Haut-Armagnac, quasi a farti masticare il limo e le pietre delle singole zone, ad assaporarle e ad ascoltare le storie e i meravigliosi sentori che esse raccontano attraverso lo spirito di vino.
Siamo in sette, selezionati a livello mondiale da Maeva, la simpaticissima e colta direttrice della comunicazione del Bureau, nata a Parigi ma vissuta per quasi diciotto anni tra Polinesia e Nuova Zelanda. Il gruppo è composto da due tedeschi, un russo, un giapponese che vive da ventitré anni a Los Angeles, un irlandese, un inglese ed io. Ognuno con la sua specializzazione: chi insegna distillati, chi importa Armagnac, chi produce e vende whisky irlandesi, chi offre consulenza per aprire distillerie ovunque, chi, insomma, commercia e diffonde il verbo degli spirits. Ognuno porta il suo contributo culturale e la sua sensibilità di naso e palato, affinata in nazioni differenti, a volte ufficialmente anche in lotta politica tra loro. Ma qui siamo tutti accomunati dal desiderio di conoscere, approfondire e respirare l’Armagnac.

L’esperienza quotidiana: dalle cantine storiche alla tavola guascone
La routine è intensa: la mattina Maeva ci preleva alle 9 per portarci a “scuola”, dove ci indottrina con teoria e pratica, facendoci degustare almeno 10-15 Armagnac selezionati in base all’argomento del giorno. Al pomeriggio, partiamo per le visite ai produttori, almeno due diversi, con altre dieci bottiglie da “ascoltare” in degustazione. Intanto, il produttore, con il suo cappello, i suoi deliziosi abiti campestri o la sua tenuta da lavoro, ci espone storia e tecniche e, trasudando orgoglio, ci spiega perché il suo prodotto è unico, frutto del lavoro di quattro o cinque generazioni. Di queste generazioni rimangono i ricordi tramandati, ma soprattutto le bonbonnes, damigiane di meravigliosi spiriti lasciate a riposare in “Paradis”, una zona riservata, in genere la soffitta o le profondità della cantina. È un luogo dove si accede solo per grande amicizia e dove riposano, come gli affetti più cari, contenitori su cui vengono scritti, romanticamente, gli anni: 1878, 1890, 1920…
La sera, stanchi ma felici, siamo al ristorante per imparare le specialità del luogo. Si comincia con il Floc de Gascogne come aperitivo (due terzi di mosto d’uva fresco e un terzo di armagnac giovane), accompagnato dai vini della Côte de Gascogne, tra cui preferisco quasi sempre il colombard, con i suoi sentori acidi ma strutturati. E poi via con l’anatra, declinata in ogni sua forma, le zuppe fresche d’entrée, il pane davvero ottimo e il pastis gascon, una meravigliosa sfogliata di mele. Per non parlare degli altri dolci, soprattutto a base della frutta eccellente della Guascogna. E, ovviamente, un po’ di Armagnac per chiudere, tanto guida Maeva…
Oltre il distillato: le tradizioni culturali tra Spagna e Guascogna
Durante il corso approfondiamo le funzioni del BNIA, le differenze che distinguono l’Armagnac dal Cognac, e perché i négociants qui sono diversi da quelli della zona di Bordeaux. Scopriamo anche come produttori e négociants si alternino alla guida del Bureau, in una costante ricerca di sinergia, pur lottando contro le lentezze burocratiche proprie di una nazione latina come la Francia.
Ah, quasi dimenticavo l’influenza spagnola. Si avverte nel caldo ferocemente umido, nei ventagli che le signore di ogni età sventolano durante le Courses Landaises, a una delle quali partecipiamo. Si tratta sostanzialmente di corride senza spargimento di sangue, in cui l’attore protagonista, l’écarteur, deve schivare l’attacco di mucche esperte dalle grandi corna in arene ovali o rettangolari. Le premiazioni finali vanno a chi ha effettuato più schivate. E poi ci sono le Ferias, feste che si tengono in ogni piccolo villaggio con musiche, balli e vestiti tradizionali, spesso attese tutto l’anno per socializzare, fare amicizia o iniziare qualche love affair tra i villeggianti. E noi dovremmo anche studiare la notte, perché poi ci attenderà il giorno finale un esame scritto e orale, che scopriremo non semplice.
Segreti della distillazione: l’alambicco Armagnacais e la sua magia
Il corso è stato dunque una full immersion in Guascogna, basata sulla teoria, sulla degustazione del distillato probabilmente più antico d’Europa, su numerosi incontri con produttori e commercianti di Armagnac, e sulla visita a una famosa tonnellerie – dove si producono le botti per l’affinamento – e a una fabbrica di alambicchi armagnacais.
A tale proposito, direi che l’Armagnac è soprattutto un popolo, quello di Guascogna, unito da una passione storica e rappresentato dallo spirito che lo porta nel mondo in una bottiglia. Forse uno degli aspetti più essenziali di questa unità è la distillazione e, ovviamente, lo strumento che la realizza: l’alambicco armagnacais. Questo magico strumento, solitamente a otto piatti nella parte di selezione dei vapori, smentisce la superficiale e ormai superata distinzione tra una distillazione di qualità, che sarebbe offerta solo dall’alambicco a ripasso, e una più “industriale”, associata alla distillazione a colonna.
Il cuore nomade della Guascogna: il rito dell’alambicco ambulante
Ma ciò che esprime, ancora una volta, l’unità del popolo dell’Armagnac è il concetto di alambicco ambulante (Alambic Ambulant). Questo alambicco gira per villaggi, paesi e aziende agricole per distillare il vino dei produttori, poiché non molti, soprattutto i più piccoli, ne possedono uno. L’arrivo dell’alambicco ambulante è un momento rituale e solenne in cui si celebra la nascita dello spirito. È una festa per il fatto che anche quest’anno la famiglia che distilla è riuscita nell’intento di creare un liquido dalle origini antiche, che si degusterà nel tempo, centellinandone le emozioni. E sarà festa, emozione, passione. Poi l’alambicco ripartirà verso un altro produttore, continuando il rito per le poche settimane dedicate alla distillazione.

Incontro con i maestri: la filosofia dei produttori e l’importanza di fare squadra
Solo divertimento? No, come detto, è stato divertimento e studio, con un esame finale difficile. Ma ciò che più conta è stato il colloquio con produttori e négociants, tra cui il mitico Darroze, che ci ha incantato narrandoci gli inizi dell’interesse della sua famiglia per l’Armagnac e ciò che continua a spingere l’azienda a selezionare etichette, annate e cru che rispondano alla propria filosofia. Una filosofia non ispirata alla semplice vendita, ma a emozionare e fidelizzare la clientela con “pepite” di gran livello.
Il giro tra i produttori, oltre a essere un modo interattivo di apprendere, ha trasmesso un grande insegnamento a chi, come me, viene da un mondo di grandi eccellenze come l’Italia, che però non sempre riesce a fare squadra. Esiste certo una sana rivalità, la voglia di creare uno spirito migliore degli altri, ma è una competizione sempre consapevole di fare parte dello stesso team: quello dell’Armagnac, un vero sistema che fa vivere un territorio e tutto il suo indotto. Insomma, l’unione fa la forza.
Le sfide future e la missione di un educatore: comunicare la passione
Tutto perfetto? No. Le esportazioni sono in calo e chissà come andrà quest’anno, con le incertezze legate a dazi e tariffe doganali. Come reagiranno il mercato americano e quello russo?
Bisogna comunicare meglio la passione per l’Armagnac, fare comprendere a chi non ha ancora visitato le terre di D’Artagnan perché questo è un mondo unico. Bisogna raccontare cosa c’è dietro un calice, cosa spinge un produttore a venire a cenare con alcuni appassionati alla fine di una dura giornata di lavoro nei campi, tra ugni blanc e colombard, e a fare tardi, condividendo aneddoti secolari e storie di come le bottiglie di famiglia siano state sottratte alla furia alcolica dei nazisti, affinché nipoti e pronipoti potessero degustare quello straordinario patrimonio domestico. E tutto questo cominciando le cene, immancabilmente, con una Blanche d’Armagnac e terminando, inevitabilmente, con un Armagnac d’annata e un ottimo pastis gascon.
Divulgare la cultura dell’Armagnac in Italia
Ora, dunque, come contribuire a comunicare l’Armagnac? Innanzitutto, continuando a fare squadra, sentendosi parte di essa. Io, però, dal 4 luglio sono parte di questo mondo e, come relatore AIS, spero di contribuire a diffondere la conoscenza di questo antico distillato francese ed europeo nella nostra Associazione, che così bene promuove il mondo del vino italiano.
Giulio Benvenuto