Le vigne dell’eterna giovinezza
Sin dall’antichità l’uomo ha desiderato trovare un elisir di lunga vita, una pozione magica capace di garantire, tra le altre cose, l’eterna giovinezza.
La leggenda che immediatamente ci torna alla memoria è quella di Re Artù che, insieme ai suoi cavalieri, è andato in cerca per lungo tempo del Santo Graal, una coppa o contenitore che si ipotizza fosse stato il calice di Gesù durante la sua Ultima Cena, che aveva le proprietà di ringiovanire e di curare ogni tipo di ferita. E se invece del contenitore, il Santo Graal fosse il liquido contenuto? E se si trattasse ‘semplicemente’ di un certo tipo di bevanda o di un elemento contenuto in essa?
Il resveratrolo
Serge Renaud, uno scienziato dell’Università di Bordeaux, negli anni ’70 aveva osservato che in Francia, rispetto agli altri paesi analizzati, c’era un minor tasso di mortalità legato a problemi cardiovascolari nonostante la popolazione facesse uso di un elevato consumo di grassi saturi: questo è conosciuto come ‘il paradosso francese’. L’unica spiegazione allora trovata a questo enigma era che la stessa popolazione beveva quotidianamente vino rosso.
Ad oggi, relativamente a questo paradosso non esiste una risposta unica e concorde da parte della comunità scientifica anche se è stata individuata una sostanza (soprattutto nel vino rosso) che oltre ad aiutare il corpo umano a contrastare alcune malattie, stimola il sistema immunitario con proprietà antinfiammatorie ed esercita un’azione antiossidante che contrasta l’invecchiamento cellulare. Questa sostanza, che in natura è presente in circa dodici famiglie oltre che nella vitis vinifera, è il resveratrolo, un polifenolo della classe degli stilbeni, che viene prodotto naturalmente dalle piante in risposta agli attacchi di agenti patogeni quali batteri o funghi.
Il resveratrolo, inoltre, stimola anche la produzione di altri elementi quali le sirtuine, proteine prodotte già dal nostro organismo, che tra gli effetti principali: rallentano l’invecchiamento cellulare, inibiscono la proliferazione di cellule cancerogene, attivano il funzionamento metabolico delle cellule e contrastano l’insorgenza di disturbi come diabete e obesità.
Inoltre, sembra che l’assunzione di resveratrolo è in grado di aumentare l’espressione del recettore ACE2, enzima convertitore dell’angiotensina, inibendo il progredire dell’infezione da MERS, virus appartenente alla stessa famiglia del COVID-19 (Coronavirus) e responsabile della ‘Sindrome Respiratoria medio-orientale’, e di incrementare la sopravvivenza cellulare.
Insomma, questo elemento potrebbe essere un vero e proprio elisir di lunga vita, per questo motivo le aziende farmacologiche da tempo stanno cercando di capire dove e come estrarne la percentuale più alta possibile.
Nello stesso tempo, anche alcune aziende vitivinicole stanno lavorando per produrre un vino che abbia una elevata percentuale di resveratrolo. Ad oggi, per concorde opinione della comunità scientifica, per avere un reale effetto antiossidante e antitumorale, occorrerebbe assumerne una quantità tra i 250 e i 280 grammi al giorno che corrisponderebbero a molte bottiglie di vino rosso il che significherebbe introdurre nel nostro organismo oltre che il suddetto polifenolo anche molto alcol, cosa che a lungo andare produrrebbe effetti tutt’altro che benefici.
Quindi, per creare il ‘prodigioso vino’ la strada è tutt’altro che facile.
Una azienda californiana della Napa Valley sta già da qualche anno conducendo studi per produrre vino ad alto contenuto di resveratrolo e sta ottenendo anche ottimi risultati anche se siamo ancora lontani dalle quantità ipotizzate. In Italia dobbiamo andare in Oltrepò Pavese per incontrare una donna illuminata che, grazie alla curiosità medica trasmessa dal padre e al fatto di avere a disposizione vigne importanti, ha sentito la necessità di approfondire e mettere in pratica questo argomento.
Ho conosciuto Isabella a maggio di quest’anno durante il Best Wine Star, l’evento legato al beverage più importante del capoluogo meneghino, durante il quale la sua azienda è stata premiata come Best vinum innovation. Isabella è una donna di carattere che, nonostante una vita nel mondo finanziario come private banking, soprattutto in banche anglosassoni, si è buttata qualche anno fa a capofitto nella meravigliosa avventura come produttrice di vino, prima persona della sua famiglia a farlo. È riuscita ad entrare a testa alta in questo mondo che, per quanto sembra semplice ed accessibile, è ancora chiuso e legato alle tradizioni, senza considerare che, anche se siamo nel XXI secolo, rimane un mondo prettamente maschile da ogni punto di vista.
Una storia da raccontare
Era il periodo della Grande Guerra quando la famiglia Fugazza decide di comprare queste terre e cominciano a gestirle come si faceva una volta cioè tutta la famiglia unita e un numero variabile di anno in anno di coloni che lavoravano per loro: producevano uva ma non vinificavano, tutto il raccolto andava alla cantina sociale del posto, che era il fulcro dell’economia della zona. Poco dopo la Seconda Guerra Mondiale la proprietà viene divisa, un pezzo a ognuno dei tre fratelli: uno di questi il nonno di Isabella, e anche in questo periodo la famiglia non si dedica alla vinificazione diretta. Poi passa al papà, che di mestiere fa il medico, ma che ama questa terra e non la abbandona, quindi, prende a lavorare per lui un salariato fisso a tempo pieno. Il papà muore nel 2009 così la terra viene ereditata dalle due figlie, Isabella e Cecilia, anche lei lontana da questo mondo, per questo la danno in affitto ad un colono fino al 2019, anno in cui scade il contratto. A questo punto le due sorelle decidono di tenere le terre ereditate (e tanto amate dal padre) per sé ed in particolare Isabella, nonostante il suo lavoro fatto di numeri e persone, ha un’idea: vuole produrre vino, ma non uno qualsiasi, vuole produrre un vino che abbia al suo interno maggiore percentuale di resveratrolo possibile.
Ad accompagnarla in questa avventura c’è Fabrizio Rossi, amico di infanzia di Isabella, ed enologo oltre che proprietario di una azienda familiare vitivinicola del posto.
Dai vari studi i due hanno potuto appurare questi elementi:
- Solo da vigne vecchie è possibile estrarre la maggior quantità di resveratrolo;
- normalmente le varietà a bacca rossa hanno contenuti più alti di resveratrolo rispetto a quelli a bacca bianca;
- la varietà dell’uva è importantissima. I vitigni che producono resveratrolo in maggiore quantità sono il Pinot nero e il Cabernet Sauvignon, tipologie presenti nella zona;
- l’effetto del clima, inteso come latitudine, altitudine ed esposizione, sembra essere cruciale. Tra questi elementi l’altitudine è l’elemento che scientificamente trova tutti d’accordo: gli stilbeni aumentano fino a 300 m s.l.m. per poi diminuire ad altitudini più elevate. Inoltre l’umidità durante la maturazione che va dal 70 all’80% fa scatenare la sintesi degli stilbeni nella bacca;
- anche i terreni sono importanti. È stato studiato che alte concentrazioni di resveratrolo si avevano in uve che crescevano su terreni argilloso-calcarei.
In sintesi, tutti questi elementi rispecchiano perfettamente le caratteristiche della zona e delle vigne delle sorelle Fugazza per questo motivo è stato possibile effettuare questo tipo di esperimento. Il 2024 è stato l’anno che, per la prima volta, questo vino è stato presentato al pubblico e subito ha ricevuto plausi dagli appassionati oltre che il riconoscimento da quelli che di vino se ne intendono. Così Isabella e Fabrizio capiscono di essere sulla strada giusta.
Qualche settimana fa mi sono recata nel comune di Santa Maria della Versa in Oltrepò Pavese per visitare le ‘vigne di Isabella e Cecilia’ e per prima cosa Fabrizio mentre mi saluta, mi dice sorridendo “Fare un vino ad alta concentrazione di resveratrolo, questo era il primo obiettivo, che fosse anche buono è stata una impresa non da poco”.
L’Oltrepò Pavese
L’Oltrepò Pavese è una zona in provincia di Pavia, la parte più meridionale della Lombardia, a forma di triangolo che si estende per più di 1.000 kmq e confina con Piemonte, Emilia e Liguria. Questa zona è attraversata dal 45° parallelo Nord, il famoso “parallelo del vino” che percorre le zone più vocate alla viticoltura, come anche il Piemonte e la zona di Bordeaux, se pensiamo all’Europa.
Questo territorio è uno dei quelli italiani più importanti come estensione e produzione, infatti si sviluppa su circa 13.000 ettari di vigneti in cui sono coltivati più di trenta varietà di uve: dal pinot nero alla croatina, dal pinot grigio alla malvasia, dal moscato alla barbera e così via. C’è da dire che questa regione è strettamente legata alla realtà delle cantine cooperative anche se sono presenti circa 350 aziende.
Le vigne di Isabella e Cecilia
Nell’attraversare la zona mi ritrovo immersa in un paesaggio stupendo: vigne sparse ovunque. Arrivo nella loro cantina e mi sento come se fossi in un ambiente protetto che mi fa pensare a qualcosa di bello, “c’è aria di casa” mi dice Isabella indovinando i miei pensieri. Fabrizio comincia ad illustrarmi la loro filosofia nel produrre vino. La cura meticolosa dei dettagli parte già dai trattamenti in vigna. Il loro vino fa minor uso di sostanze possibili, anche se non si può definire ‘naturale’ perché, dalla definizione classica di questi vini non ci dovrebbero essere né trattamenti in vigna né durante la vinificazione. Qui ci sono solo alcuni leggeri trattamenti in vigna esclusivamente con prodotti di copertura, perché solo in questo modo possono essere rimossi tramite agenti atmosferici non rimanendo all’interno della pianta. Non si effettuano ‘trattamenti sistemici’, neppure quelli ad azoto, i più usati in questo periodo, elemento facilmente e velocemente assorbito dalla vite. Per legge, per poter cominciare con la raccolta dell’uva per la vinificazione devono passare circa venti giorni dall’ultimo trattamento e loro, quando li effettuano, ne fanno passare più di cinquanta.
I vini
I vini ad oggi prodotti e messi in commercio sono tre: due rossi (RES) ed un bianco (VIS), anche se a breve avremo anche un rosè (ROSAE).
I nomi usati per i vini sono tutte parole latine, oltre che per assonanza alla parola resveratrolo anche per il significato intrinseco delle stesse: così RES diventa ‘la cosa’ intesa come oggetto di studio ma anche come obiettivo raggiunto e ‘VIS’ naturalmente la forza e la potenza che è esattamente ciò che questo vino esprime. Per ROSAE è facile capirlo.
“Per produrre un vino ad alto contenuto di resveratrolo si devono portare alcune uve in sovramaturazione, teoricamente la più alta concentrazione è nei passiti ma la nostra idea è di ottenere un vino che possa accompagnare un pasto completo” così Fabrizio comincia con lo spiegarmi il loro obiettivo e continua “Bisogna andare in sovramaturazione solo con alcune varietà e curarle giorno per giorno per capire a quanta percentuale di alcol si arriva. Il minimo di cui si ha bisogno è 13,5%. Ad esempio quest’anno poiché ha piovuto fino a metà di luglio e avendo terra tendenzialmente argillosa (quindi ancor oggi ricchissima di acqua) ci vorrà più tempo”.
In sintesi, in tutti i vini da loro prodotti un vitigno è lasciato qualche giorno in più sulla pianta in modo da ottenere una leggera vendemmia tardiva (per la vendemmia del 2021 è stato lasciato per circa 18 gg) per aumentare anche se di poco la percentuale di resveratrolo, naturalmente, controllando l’uva almeno due volte al giorno in questo periodo di tempo affinché resti intatta. I tre vitigni, ciascuno per ogni vino, lasciati sulla pianta sono: pinot nero, barbera e malvasia.
Dopo la raccolta tardiva ed esclusivamente manuale si procede alla vinificazione con pigiadiraspatura in vasche di cemento sia per i rossi che per i bianchi. Stesso processo.
I rossi, come detto precedentemente, sono due:
RES rosso da blend unico 2021 (detto “da blend unico” perché non c’è alcun vino al mondo, come ha tenuto a sottolineare Fabrizio, che nasca dall’incrocio di questi due vitigni nelle percentuali utilizzate): Pinot nero (60%) + Cabernet franc (40%), allevati a casarsa (13,5% vol.).
Il pinot nero è in leggera sovramaturazione.
Si usa solo del metalisolfito in pigiatura per azzerare i batteri acetici, che va via nel giro di poco tempo e che rilascia circa 30mg di solforosa per litro contro i 200 consentiti dalla legislazione.
Relativamente alla vinificazione c’è una lunga macerazione con fermentazione naturale (per velocizzare il processo) in cemento alla temperatura di cantina esclusivamente su lieviti autoctoni per un periodo che va dai dodici ai quindici giorni per assorbire solo i tannini più eleganti e con affinamento minimo due anni in acciaio prima dell’imbottigliamento.
Non c’è separazione immediata delle vinacce ma un contatto che dura qualche giorno e poi viene travasato.
Il vino presenta una struttura robusta, sapore armonicamente tannico e persistente.
Cosa importante il livello di resveratrolo totale è pari a:
23,90 mg/l per l’annata 2021
30,5 mg/l per l’annata 2023
RES rosso da uvaggio antico (perché ottenuto dalla vinificazione di uvaggi antichi tipici della zona): Croatina (50%) + Barbera (30%) + Uva rara + Cabernet Sauvignon (tot 20%), allevati a guyot (13% vol.).
La barbera va in sovramaturazione.
Stessa procedura di vinificazione dell’altro rosso. Anche qui la macerazione è lunga circa 12 o 13 giorni. Dei due questo è più morbido ed è la croatina a farla da padrona.
Il vino presenta una struttura armonica ma robusta, sapore morbido, pieno e persistente, con note di mandorla amara e tannini eleganti.
Il livello di Resveratrolo Totale qui è pari a:
19,97 mg/l per l’annata 2021
17,30 mg/l per l’annata 2023
I vini rossi, appena fatti, risultano essere aggressivi e molto tannici anche passati i tre anni di affinamento in bottiglia, infatti nel servizio Fabrizio li aveva aperti circa un’ora prima. È stata fatta la scelta di non effettuare affinamento in legno né piccolo né grande per non standardizzare il gusto. Il vino secondo la loro filosofia deve esprimere al meglio il terroir di appartenenza.
VIS bianco al contrario (“al contrario” perché è vinificato come fosse un rosso): riesling italico (30%) + pinot grigio (15%) e malvasia (55%), allevati a guyot (13% vol.).
In questo vino è la malvasia ad essere colta in sovramaturazione ed essendo un vitigno bianco, oltre a caricare gli zuccheri deve anche concentrare i flavonoli, altrettanto potenti come il resveratrolo nella cura antiage. Si raccoglie a settembre mentre il periodo ideale sarebbe fine agosto. La raccolta viene fatta a mano perché se fosse fatta a macchina il tempo che intercorre tra raccolta e messa nel carrello e poi pigiata si potrebbe ossidare ed essendo un bianco non si può rischiare.
Relativamente alla vinificazione si effettua pigiadiraspatura anzichè la classica pressatura, a contatto con le vinacce durante la fermentazione per circa quattro giorni in acciaio con soli lieviti autoctoni, secondo procedimento completamente naturale.
L’affinamento è di circa tre anni in bottiglia.
Non ci sono chiarificanti né filtrazioni né lieviti.
Questo vino pur essendo un bianco ha un po’ di resveratrolo (dovuto alla presenza del pinot) cioè 5 mg/l che è poi quanto troviamo normalmente nei rossi in commercio.
Il vino presenta un sapore fragrante, persistente e armoniosamente complesso.
Colore giallo intenso con riflessi dorati, per effetto della concentrazione di flavonoidi.
Profumo tipicamente aromatico, intenso e fruttato.
Si abbina perfettamente a formaggi o pesce saporito.
Quest’anno che non solo è piovuto tanto ma si è avuto anche l’attacco della peronospera lo si è colto un pochino prima.
Il pinot grigio viene inserito in minor quantità perché colora troppo. Nella vinificazione dello scorso anno era stato inserito circa il 50% e il vino prodotto è risultato essere molto carico, sembra vino ossidato all’apparenza non dando visivamente quel livello di buono che poi ha.
ROSAE nettare di rosa: pinot grigio (50%) + malvasia (30%) + riesling italico (15%) e pinot nero (5%), allevati tra casarsa e guyot (13% vol.).
In questo vino è la malvasia che è in leggero appassimento e che predomina come gusto, mentre i pinot danno il colore. È lasciato invecchiare circa un anno in acciaio.
Vino da dolci o formaggi sicuramente da collocarsi a fine pasto anche se non ‘dolce’, il residuo zuccherino infatti è zero.
È un rosè più scuro quasi un dolcetto o nebbiolo, dal profumo delicato ma potente come i rosè pugliesi (>13 gradi). Vino particolare, lo definirei quasi elitario, sicuramente si differenzia dagli altri della stessa tipologia.
Il processo di vinificazione è come i bianchi e come tutti gli altri non è chiarificato né filtrato ma solo travasato.
Prima di essere messo in commercio si faranno anche i test per calcolare la percentuale di resveratrolo per litro, ma si ipotizza superare i 15 mg/l.
C’è stato uno studio attento anche del tappo, che non è di sughero semplice ma il corpo centrale è fatto di sughero tritato e compattato a cui poi vengono aggiunte due testine di sughero naturale, parte che va a contatto diretto col vino. Questo tappo a differenza di quello a sughero naturale ha una tenuta maggiore e un passaggio di ossigeno del vino inferiore perché la testina viene attaccata tramite collante a base di silicone, quindi, non permette al vino di ossigenare come un tappo naturale (che da test effettuati, circa il 5% delle bottiglie vanno a male) e siccome il passaggio di ossigeno è quasi 0 ci dà la possibilità di non usare un quantitativo alto di solforosa. Si è stimato che il vino del 2021 può durare fino a 5 o 6 anni, mentre quello dello scorso anno, essendo più alcolico (15/15,5 gradi) può essere bevuto anche tra vent’anni.
La visita è finita qui ma mentre ci accingiamo ad uscire vedo sorridere Isabella che mi fa “questo non è solo l’odore del mosto (guardandosi intorno e respirando il profumo della cantina) ma è quello delle mie colline”. E a quel punto sorrido anche io cercando di immaginare quello che solo lei può sapere.
È ancora lunga la strada da fare per avere molti degli effetti benefici da una bottiglia di vino ma sicuramente il tentativo di Isabella e Fabrizio può essere considerato un primo tassello.
Il desiderio di trovare il Santo Graal o l’elisir di lunga vita ha attraversato tempi e popolazioni: è un mito e come tale è più l’idea dello stesso a darci quella spinta nella ricerca che il trovare l’oggetto; semmai si riuscisse ad ottenerlo da un vino bisognerà ringraziare solo la tenacia e la caparbietà di questi spiriti visionari.