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Trend e Mercati
15/10/2024
Di Redazione AIS

L’enigma del vino sfuso: un’abbondanza di qualità che nessuno sa sfruttare

Un articolo di John Sumners sul mercato americano rivela un’enorme eccedenza di vino di qualità a basso prezzo. Un’occasione d’oro per nuovi marchi che però non decollano, in uno scenario dove il vino sfuso europeo, Italia in testa, resta sorprendentemente competitivo.

Le notizie dal mondo del vino, negli ultimi anni, suonano come una sinfonia cupa che annuncia un destino avverso. I consumi sono in calo e le eccedenze di prodotto aumentano, generando un’ansia economica diffusa. Mentre il “lago di vino” europeo ha richiesto interventi politici drastici, neanche gli Stati Uniti sono immuni da questo scenario. La California, che rappresenta oltre i tre quarti della produzione nazionale, si trova in una situazione critica. I dati di gennaio 2025, come analizzato dal giornalista John Sumners per la testata VinePair, mostrano un oceano di vino sfuso sul mercato, una quantità senza precedenti negli ultimi vent’anni. I principali broker del settore usano eufemismi come “scorte difficili da smaltire” per descrivere una realtà più brutale: “stiamo annegando nel vino”.

Eppure, sotto questa cappa di negatività, dovrebbe celarsi un’opportunità. Secondo le leggi fondamentali dell’economia, un aumento dell’offerta dovrebbe portare a un calo dei prezzi. Se a questo si aggiunge l’alta qualità delle recenti annate, si creerebbe il terreno fertile ideale per la nascita di nuovi marchi di valore, capaci di offrire ottimi vini a prezzi competitivi, tra i 10 e i 20 dollari. Perché, allora, questo non sta accadendo?

La storia insegna che i momenti di crisi possono generare grandi successi. Durante la recessione post 11 settembre, nacque una leggenda dei supermercati come Two Buck Chuck di Fred Franzia. Dalla crisi finanziaria del 2008 emerse il modello di successo di 90+ Cellars, basato sull’acquisto di eccedenze di alta qualità da cantine rinomate per imbottigliarle con il proprio marchio a un prezzo inferiore, una versione moderna del modello del négociant europeo. “Questo ciclo si ripete ogni tot anni“, conferma Liz Thach, Master of Wine, “e questo è uno di quei momenti unici“. La situazione attuale, con dazi al 15% sul vino sfuso europeo e un dollaro debole, dovrebbe teoricamente favorire ancora di più i produttori nazionali.

Tuttavia, questa volta lo scenario è diverso. Il primo ostacolo è il consumatore. “I bevitori più giovani sono più scettici nei confronti della categoria vino“, spiega Kevin Mehra, fondatore di 90+ Cellars. “Cercano accessibilità, autenticità e praticità, non solo il prezzo basso“. L’opportunità, quindi, non risiede semplicemente nell’offrire vino a poco prezzo, ma nel creare un prodotto che parli il loro linguaggio. Il secondo, e forse più insormontabile, è il nodo dei costi. Anche sotto la pressione di un’enorme eccedenza, il vino sfuso di provenienza americana rimane relativamente costoso. “I costi di produzione e vendita sono aumentati drasticamente: terra, manodopera, burocrazia, energia, marketing, distribuzione“, elenca Sid Patel, CEO del Beverage Trade Network.

Qui emerge il paradosso più scioccante, che rappresenta una sfida cruciale per gli USA ma un’opportunità strategica per l’Europa e l’Italia. Liz Thach lo riassume senza mezzi termini: “ciò che mi preoccupa per i produttori statunitensi è che ci hanno detto di poter acquistare vino sfuso importato, comprensivo di dazi, a un prezzo più economico del vino nazionale“. Questa realtà disinnesca in gran parte il vantaggio teorico della produzione interna e mantiene altamente competitivi gli esportatori europei, Italia in testa.

L’ultimo ostacolo è l’inerzia di un settore tendenzialmente conservatore e poco propenso al rischio. “Ho l’impressione che tutti stiano seduti ad aspettare che qualcun altro faccia la prima mossa”, osserva la Thach. Lanciare un nuovo marchio su larga scala richiede un volume e un capitale significativi, oltre alla capacità di navigare le complessità burocratiche e distributive. È un compito per i grandi attori consolidati o per startup con ingenti finanziamenti, non per piccoli imprenditori.

La finestra di opportunità, però, non resterà aperta per sempre. Il mercato, in un modo o nell’altro, si riequilibrerà. Il rischio, come avverte Patel, è enorme. “Se perdiamo questa occasione, rischiamo di perdere un’intera generazione a favore di altre bevande“. Il costo per acquisire nuovi consumatori di vino è ai minimi storici, perché l’offerta è disposta a essere flessibile. Ignorare questa chiamata all’azione non significa solo mancare un’opportunità di business, ma forse compromettere il futuro stesso del settore.

Redazione AIS
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