L’enoturismo in Cile è in crescita

L’ascesa dell’industria enoturistica cilena negli ultimi anni è stata a dir poco notevole. Come documenta un recente articolo di Louis Thomas, se nel 2015 solo il 28% delle cantine del paese apriva le porte ai visitatori, oggi, superato l’inevitabile rallentamento dovuto alla pandemia, questa percentuale è balzata al 61%. Significa che 219 delle attuali 358 aziende vinicole cilene sono pronte ad accogliere turisti da tutto il mondo. Un cambiamento che sta ridefinendo le strategie commerciali di molte realtà, puntando con decisione sulle vendite dirette al consumatore (DTC).
Storicamente, la Valle del Maipo, culla del cabernet sauvignon cileno, ha fatto da apripista, ma altre regioni stanno rapidamente recuperando terreno, come Colchagua e, più a sud, la sorprendente Itata, che ha visto decuplicare le cantine aperte al pubblico in meno di un decennio. Man mano che l’enoturismo matura e si espande oltre i dintorni della capitale Santiago, i produttori investono somme significative in sale degustazione, negozi, ristoranti e persino hotel, con l’obiettivo di attrarre enoturisti e, naturalmente, di incrementare il fatturato.
Il valore dell’esperienza: creare legami (e vendite) in cantina
Uno dei vantaggi chiave dell’enoturismo è l’opportunità unica di conquistare nuovi appassionati direttamente “alla fonte”. Laura Leiva, direttrice marketing di Viña Maquis, ne è convinta: “crediamo fermamente che l’enoturismo aiuti ad avvicinare più persone al vino, trasformandole magari in veri amanti desiderosi di viaggiare ed esplorare. Se vivono esperienze memorabili nella tua cantina, con uno storytelling forte e differenziante narrato da un team appassionato, non ti dimenticheranno più e compreranno i tuoi vini ovunque si trovino”.
La speranza per le cantine non è solo che i turisti paghino per visite e degustazioni, ma che acquistino anche qualche bottiglia durante la loro permanenza. “Questa connessione più profonda si traduce in una maggiore fedeltà al marchio e in una più alta probabilità di coinvolgimento a lungo termine”, spiega Pilar Peñafiel, Chief Marketing Officer di MontGras. “A differenza delle vendite al dettaglio, dove una bottiglia compete per prezzo e visibilità a scaffale, la vendita diretta in cantina ci permette di comunicare il nostro impegno per la sostenibilità, l’agricoltura rigenerativa, le pratiche biologiche e la certificazione B Corp. Gli ospiti se ne vanno non solo con il vino, ma con un legame emotivo che incoraggia acquisti futuri e il passaparola”.
Oltre all’aspetto esperienziale, aggiunge Peñafiel, le vendite in cantina rappresentano un canale altamente redditizio. “I visitatori che interagiscono con il nostro marchio in loco tendono ad acquistare vini con margini più alti e spesso optano per selezioni premium che non troverebbero facilmente altrove. È un modello ben compreso e sfruttato da tempo in California e altre regioni chiave, e il Cile dovrebbe continuare a rafforzarlo. L’enoturismo non è solo vetrina, è un canale di vendita strategico che costruisce lealtà, valorizza il marchio e guida la redditività”.
Vendita diretta e vini di pregio: un binomio vincente
I dati confermano questa strategia. “In media, ogni visitatore di MontGras acquista da tre a quattro bottiglie di vini ultra-premium e superiori”, continua Peñafiel. “In termini di valore, le vendite del nostro centro visite rappresentano oltre un terzo delle nostre vendite totali sul mercato domestico. Inoltre, è di gran lunga il canale più redditizio, non essendoci intermediari”.
Non è solo MontGras ad aver notato questa tendenza. Anche Viña Santa Rita, che gestisce i marchi Santa Rita e Carmen, ne beneficia. Elena Carretero Gómez, direttrice Relazioni Esterne e Sostenibilità, afferma: “quando le persone vengono in cantina per vivere un’esperienza, vogliono assaggiare i vini più prestigiosi, non quelli che trovano al supermercato. È quindi una grande opportunità per le vendite di vini di alta gamma“. Gómez rivela inoltre piani per raggiungere i consumatori di vini pregiati attraverso nuove partnership: “Stiamo lavorando per raggiungere gruppi di collezionisti in mercati chiave come Brasile e Regno Unito, ad esempio collaborando con 67 Pall Mall a Londra per creare un legame diretto”.
Attrarre il turista esigente
I produttori stanno scoprendo che esistono molti modi per affascinare un turista ben disposto a spendere. Una strada è quella del lusso e dell’esclusività. Vik, stella nascente nella Valle di Cachapoal, ha puntato su una cantina ipermoderna – spesso paragonata al covo di un cattivo di James Bond – e un hotel ricco d’arte, trasformandosi in una destinazione di lusso. Gastón Williams, CEO di Vik, descrive l’offerta come “un’esperienza olistica che connette gli ospiti alla cultura del vino” e che, aspetto cruciale, “incoraggia gli acquisti di vino sia in cantina che al ristorante”, permettendo di controllare la distribuzione e offrire prodotti esclusivi.
Anche altri puntano sulla ristorazione di alto livello. Montes, nella Valle di Apalta, ha aperto nel 2017 il ristorante Fuegos de Apalta, che propone piatti sudamericani cotti a legna tra i vigneti, accompagnati dai vini di punta dell’azienda come il celebre Purple Angel. “Accogliamo tra i 15.000 e i 20.000 visitatori all’anno in vigna e al ristorante, e oltre il 60% sceglie l’esperienza combinata”, afferma Danilo Buvinic, CMO di Montes.
L’importanza del mercato brasiliano, argentino e inglese
I dati di Montes evidenziano un fattore chiave: il ruolo preponderante dei turisti internazionali (75% del totale), e in particolare dei brasiliani (ben il 53% degli stranieri). Il Brasile è vitale per l’enoturismo cileno (oltre 787.000 visitatori brasiliani l’anno scorso). Come spiega Buvinic, “dato che il Brasile ha dazi molto alti sul vino (27%), e le persone possono importare fino a 24 bottiglie a testa, solitamente [i brasiliani] comprano molto vino in Cile e se lo portano indietro in valigia”. È una forma di risparmio.
Tuttavia, la composizione dei visitatori internazionali sta cambiando. La quota brasiliana, pur rimanendo maggioritaria, è scesa dal 64.6% del 2015 al 52.2% del 2023. Al contrario, i visitatori dal Regno Unito sono più che raddoppiati (dall’1% al 2.4%), un aumento sicuramente favorito dai voli diretti di British Airways introdotti nel 2017. Si registra anche un forte afflusso di turisti argentini (oltre 2 milioni nel 2024), attratti dal cambio favorevole che rende conveniente l’acquisto di vino cileno. José Eyzaguirre, direttore marketing di Emiliana Organic Vineyards, conferma questa tendenza.
Un cambiamento significativo avvenuto dopo la pandemia è l’esplosione del turismo domestico. Se nel 2019 i visitatori cileni rappresentavano solo il 25% del totale nelle cantine, nel 2023 hanno superato gli internazionali, raggiungendo il 59%.
Portare il vino cileno nel mondo
Per superare le difficoltà di trasporto per i visitatori internazionali, alcune cantine offrono servizi di spedizione tramite corriere, come fa Santa Rita (anche se con qualche complessità burocratica verso il Regno Unito post-Brexit). Colossi come Concha y Toro hanno sviluppato piattaforme e-commerce proprietarie che spediscono in Cile, Brasile e Messico. Fondamentale è anche il marketing digitale.
Vendite dirette: cruciali ma non esclusive
Le vendite dirette (in cantina o online) sono diventate un canale cruciale, sebbene per molte aziende rappresentino ancora una quota minoritaria del fatturato totale. Per Morandé Wine Group, ad esempio, il negozio fisico Cava Morandé incide per il 4% sulle vendite domestiche, mentre lo store online raggiunge il 10%. Cifre importanti, ma lontane da quelle di MontGras (oltre un terzo del mercato interno).
Le vendite dirette, quindi, non sono la panacea universale. Elena Carretero Gómez (Santa Rita) avverte: “il canale DTC è più difficile in tempi di crisi e richiede uno sforzo maggiore. Nel 2025 ci concentreremo sui canali tradizionali con importatori e distributori, perché offrono maggiore sicurezza”. Verónica Hahn (Errazuriz) aggiunge che il canale B2B garantisce una copertura di mercato più ampia senza investimenti ingenti in marketing e logistica, oltre a beneficiare del supporto promozionale dei rivenditori.
Anche quando non si traduce in acquisti immediati in cantina, l’enoturismo svolge un ruolo promozionale fondamentale. Clos Apalta, nella valle omonima, con la sua lussuosa residenza attrae un pubblico internazionale di alto profilo (1.344 ospiti nel 2024, principalmente da USA, Brasile, UK e Cile). Il general manager Joaquin Larrain spiega: “i visitatori internazionali – eccetto i brasiliani – di solito non comprano nel nostro negozio, preferendo non viaggiare con le bottiglie. Tuttavia, questi ospiti stimolano le vendite di vino nei loro paesi d’origine“.
Verso il futuro
In sintesi, l’enoturismo si conferma una piattaforma promozionale potentissima per le cantine cilene. Nonostante l’interruzione causata dalla pandemia (che ha visto un calo temporaneo di alcune strutture aperte tra il 2020 e il 2024, forse dovuto anche a una riorganizzazione strategica), il Cile si sta affermando come una destinazione di primo piano per i viaggiatori enologicamente curiosi. La notevole distanza geografica da Europa e Nord America, che potrebbe sembrare uno svantaggio, si rivela un punto di forza: i turisti che affrontano il lungo viaggio tendono a fermarsi più a lungo, visitando molteplici cantine e regioni, generando benefici diffusi per l’intero settore. L’adattamento post-Covid, come dimostra l’esempio di Cono Sur con il suo focus sugli spazi all’aperto, testimonia la vitalità e la capacità di innovazione dell’enoturismo cileno.