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Personaggi e Storie
19/05/2025
Di Gherardo Fabretti

Mad Men dieci anni dopo

Esattamente dieci anni fa, il 19 maggio 2015 (il 17 negli USA), con la quattordicesima puntata della settima stagione – Person to Person – si concludeva una delle serie più iconiche degli albori della cosiddetta peak tv era. Una serie dove il consumo di alcolici era parte integrante di una cultura fedelmente rappresentata, quella statunitense degli anni Sessanta.

C’è un prima e un dopo Mad Men nel racconto seriale televisivo.

Quando Don Draper accese la sua prima sigaretta sullo schermo nel 2007, spesso accompagnata dal tintinnio del ghiaccio in un bicchiere di Old Fashioned, non stava semplicemente inaugurando una delle narrazioni più sofisticate e visivamente impeccabili mai apparse sul piccolo schermo; stava, in un certo senso, scrivendo il prologo di un’era dorata, dove i rituali alcolici erano tanto parte della scena quanto i dialoghi penetranti, e, contemporaneamente, l’epitaffio di un certo modo di vivere la televisione.

In un’epoca in cui la definizione di “serie iconica” sembrava ancora ancorata a un consenso culturale ampio e condiviso, Mad Men si è imposta con la forza tranquilla della sua complessità – una complessità spesso esplorata tra i fumi dell’alcol e le verità sussurrate a tarda notte – ridefinendo le aspettative di pubblico e critica. Ma oggi, immersi come siamo in un oceano quasi innavigabile di offerte streaming, sorge spontanea una domanda dal sapore nostalgico e analitico: l’opera di Matthew Weiner è stata forse una delle ultime grandi cattedrali televisive capaci di aspirare a un’iconicità universalmente riconosciuta, prima che la frammentazione del panorama mediatico cambiasse per sempre le regole del gioco?

Ripercorrere la storia e l’impatto di Mad Men, analizzandone magari la sua onnipresente cultura del bere che ha definito personaggi ed epoche, significa non solo celebrare un capolavoro, ma anche interrogarsi sulla natura stessa del successo e dell’eredità culturale nell’era della Peak TV.

I’d like to buy the world a Coke

Dieci anni sono passati da quando abbiamo salutato Don Draper nella comunità di Big Sur, a sud di San Francisco. Gli anni Sessanta si sono appena conclusi, e i Settanta sono alle porte. A inaugurarli, uno degli spot pubblicitari destinati a racchiuderne almeno parte del senso. “I’d Like to Buy the World a Coke“.

La perfida ironia di Matthew Weiner, che ha scelto di impiegarlo, col suo coro multietnico e il messaggio di armonia globale, per invitare a una riflessione sulla capacità manipolatoria della pubblicità, suona ancora attuale a dieci anni dalla messa in onda di quell’episodio che ha chiuso per sempre le porte dell’agenzia Sterling Cooper & Partners (e le sue successive incarnazioni).

Multietnicità e armonia globale, entrambe impacchettabili e vendibili, con un jingle dietro, come un pacchetto di Lucky Strike. Perché in un mondo di nevrosi, poco importa se si parla di tabacco, di bevande o di benzodiazepine: ciò che si vende realmente è un momento di pausa dal rumore di fondo della vita, chiuso tra la guerra in Vietnam, il “Nixon Shock” e un clima generale di tensione e di incertezza.

“La pubblicità si basa su una cosa: la felicità. E sai cos’è la felicità? La felicità è l’odore di una macchina nuova. È libertà dalla paura. È un cartellone sul lato della strada che urla con rassicurazione che qualunque cosa tu stia facendo, va bene. Sei ok.” (Smoke Gets in Your Eyes – Stagione 1, puntata 1)

Mad Men non è solo un’opera di finzione, ma la meticolosa ricostruzione di un’epoca, dove ogni dettaglio, dai tagli sartoriali degli abiti ai cocktail consumati, riflette fedelmente lo spirito di quel decennio; un’era in cui l’alcol era un compagno onnipresente, parte integrante della vita sociale e lavorativa.

Ma cosa si beve esattamente in “Mad Men”?

Whisky: ancora del passato

Il whisky, soprattutto il Bourbon, è senza dubbio la bevanda più consumata in Mad Men, e il suo principale estimatore è Don Draper, che lo beve quasi sempre senza un goccio d’acqua. Ingabbiato in una corazza di virilità, Don non ha bisogno di diluire i suoi vizi, e il carrello dei liquori è un elemento costante nel suo ufficio, pronto per essere utilizzato in qualsiasi momento della giornata, che si tratti di festeggiare un successo, affrontare una difficoltà o semplicemente concludere una giornata lavorativa. Il whisky, del resto, è strettamente legato al lavoro: lo si beve durante le riunioni, le presentazioni e le trattative. Allenta la tensione, creare un’atmosfera informale e cementa i rapporti professionali.

Unico cocktail di norma ammesso al suo tavolo, non a caso, è l’Old Fashioned, che incarna la sua complessa personalità. In un’epoca di profondi cambiamenti, rappresenta un’ancora al passato, un richiamo a valori tradizionali e a un gusto raffinato, la proiezione della sua immagine di uomo di successo che trascende le mode. Come il cocktail, anche Don nasconde dietro un aspetto essenziale una realtà complessa, e dal retrogusto amaro.

Vodka: uno sguardo al futuro

Negli anni Cinquanta e all’inizio dei Sessanta, il whisky e il gin erano i distillati dominanti nel panorama americano, soprattutto nel mondo degli affari e tra le classi medio-alte. La vodka, pur essendo presente, era considerata una bevanda relativamente nuova e meno “tradizionale”, spesso associata a un’immagine più moderna e cosmopolita. Non è un caso, dunque, che il suo maggior consumatore sia Roger Sterling, anticonformista e strafottente, chiacchierone e aperto alle nuove esperienze.

Antitesi di Don, il cocktail prediletto di Roger, non a caso, è la sintesi del precetto “variare il classico”: la Vodka Martini. Associata a un’immagine di lusso e di raffinatezza, grazie anche a campagne pubblicitarie che la collegavano a uno stile di vita sofisticato, Roger sceglie la Vodka Martini per sottolineare il suo status sociale e il suo gusto per le cose belle, ma anche per distanziarsi da una tradizione verso la quale non prova alcuna soggezione.

Il vino in Mad Men

Il vino in Mad Men non fa certamente la parte del leone, ma è comunque ben presente; anzi, il suo consumo varia notevolmente a seconda del personaggio e del contesto, diventando un vero e proprio marcatore sociale e di genere. Durante le stagioni compaiono Borgogna e Champagne, sottolineando la forte dipendenza culturale degli statunitensi nei confronti del vino francese, ma sono soprattutto due le denominazioni che ricevono maggiori attenzioni.

Il Chianti di Peggy Olson: un movimento in ascesa

Peggy Olson, all’inizio della sua carriera, è spesso vista sorseggiare Chianti (nella Stagione 1, durante l’episodio intitolato “Nixon contro Kennedy”), all’epoca inquadrato come vino economico e popolare, spesso presentato nel caratteristico fiasco impagliato. Questa scelta non è casuale: riflette le sue origini modeste e il budget limitato, coerente con la sua posizione sociale iniziale. Tuttavia, man mano che Peggy avanza nella sua carriera, acquisisce sicurezza e indipendenza, il suo gusto si evolve e la vediamo bere vini diversi, abbandonando progressivamente il Chianti. Questo cambiamento simboleggia la sua ascesa sociale e la sua emancipazione. Il fiasco di Chianti, spesso riutilizzato per creare candele, diventa anche un simbolo della sua intraprendenza e della sua capacità di adattarsi e reinventarsi.

Il Bordeaux di Betty Draper: un percorso in discesa

Betty Draper, la moglie di Don, incarna l’immagine della casalinga benestante degli anni Sessanta, sempre attenta all’eleganza e alle convenzioni sociali. Il suo consumo di Bordeaux, e in particolare di etichette prestigiose come Chateau Lafite, da un lato sottolinea il suo status sociale elevato e la sua aspirazione a una vita lussuosa, tipica di un’élite, e dall’altra il tentativo di compensare le insoddisfazioni della sua vita apparentemente perfetta, trasformando il vino in una forma di evasione dalla noia e dalla frustrazione che la pervadono.

Bere alcol non faceva glamour

Mad Men ci mostra una cultura del bere profondamente radicata nel mondo del lavoro e nella vita sociale americana degli anni Sessanta. L’alcol è onnipresente, un compagno costante che promette fughe e assenze, momentanee e dunque bisognose di continue ricariche. Certo, in quel decennio la percezione dell’alcolismo era molto diversa da quella odierna. La dipendenza era spesso considerata un vizio o una debolezza morale. Nonostante questo, Mad Men, pur essendo ambientata in quel periodo, offre uno sguardo più moderno e consapevole, mettendo in luce le complesse dinamiche e le gravi conseguenze della dipendenza.

Weiner, creatore e produttore della serie, noto per la maniacale precisione con cui ha riprodotto luoghi e stilemi degli anni Cinquanta e Sessanta nelle puntate, in una intervista del 2007, l’anno della prima stagione, fu categorico: “sto cercando di raccontare una storia di quell’epoca. Non lo faccio per abbellirla. All’epoca la gente beveva di più e in ogni momento. Bevevano in macchina, al lavoro, la mattina stessa a lavoro. Non era una questione di fare scena.“

L’alcolismo non è un mero sfondo in Mad Men, dunque, ma un tema centrale che la serie esplora con profonda attenzione, andando ben oltre la semplice rappresentazione di persone che bevono. La dipendenza è mostrata come una vera e propria malattia che corrode i personaggi dall’interno, isolandoli e spingendoli verso scelte autodistruttive.

Don Draper incarna in modo emblematico la figura dell’alcolista: il suo consumo di whisky è costante, spesso eccessivo, e funge da molteplice via di fuga. Per Don, l’alcol è prima di tutto un tentativo di oblio di un passato traumatico, della sua vera identità e del senso di colpa per aver assunto l’identità di un altro uomo. È un anestetico per il presente, un modo per affrontare le pressioni del lavoro, le difficoltà relazionali e quel vuoto esistenziale che lo pervade costantemente. Ma soprattutto, l’abuso di alcol è un motore di comportamenti autodistruttivi che lo portano a tradire la moglie, a trascurare i figli e a mettere a repentaglio la sua carriera e la sua stessa salute.

Anche altri personaggi della serie mostrano un rapporto problematico con l’alcol, sebbene con manifestazioni diverse. Roger Sterling, ad esempio, vive all’insegna dell’edonismo e dell’eccesso, e l’alcol è parte integrante di questo stile di vita, un mezzo per divertirsi e sfuggire alle responsabilità.

Peggy Olson, soprattutto all’inizio della sua carriera, ricorre all’alcol per gestire l’ansia e lo stress derivanti dal lavoro in un ambiente fortemente maschilista e competitivo.

Betty Draper trova nel vino un conforto alle sue insoddisfazioni e alla noia che la opprime. Il suo consumo, benché meno ostentato rispetto a quello di Don o Roger, rivela un profondo disagio interiore e una difficoltà ad affrontare le proprie emozioni.

La serie non edulcora le conseguenze della dipendenza. Anzi, le mostra in tutta la loro crudezza: problemi di salute, difficoltà relazionali, ripercussioni sul lavoro, isolamento. La serie ci invita a un approccio più maturo e consapevole al consumo di alcol, che tenga conto delle conseguenze e che non si limiti alla ricerca di un’evasione temporanea.

Siamo liberi di bere, ma questa libertà deve essere esercitata con responsabilità e consapevolezza. Il “patto coi fatti e il senso della realtà” significa conoscere i limiti, ascoltare il proprio corpo, considerare il contesto e dare priorità alla propria salute e al proprio benessere. Mad Men ci offre uno spunto di riflessione su questo tema, mostrandoci le conseguenze di un approccio all’alcol basato sull’illusione e sull’eccesso. La moderazione, in questo senso, non è una rinuncia alla libertà, ma una sua espressione più matura e responsabile. Allo stesso tempo, il fenomeno della peak TV, con la sua abbondanza che a volte sfocia nell’eccesso, ci interroga sulla necessità di un approccio più consapevole e selettivo sia nella fruizione che nella creazione di contenuti. In entrambi i casi, la vera libertà non sta nel consumo indiscriminato, ma nella capacità di scegliere con discernimento per il proprio benessere.

Gherardo Fabretti
Gherardo Fabretti

Sommelier e degustatore AIS, nel 2013 consegue il Master Alma-AIS in gestione e comunicazione del vino.

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