Mamoiada: il cuore della Barbagia rinasce dal cannonau e dalla granazza
Il mio viaggio – ancora per poco virtuale – è nato da un incontro, da uno scambio di parole e da un assaggio di “Istimau”, un cannonau in purezza, “stimato e amato”, una dedica a colui che ha trasmesso la passione per il vigneto e per il vino.
Avevo incontrato un produttore di Mamoiada che, nel tempo di una degustazione, mi ha raccontato di una realtà isolana, di una storia di riscatto e valorizzazione del territorio.
Di Mamoiada non sapevo nulla o quasi, riemerge dal cassetto della memoria un “ne avevo sentito parlare” che prima o poi avrei approfondito e quell’occasione era arrivata quasi per caso, come passando davanti ad una vetrina, quando si viene catturati da qualcosa di interessante ma si va troppo in fretta per poter entrare e toccare con mano.
Il “gancio” che ha catturato la mia attenzione è un logo, come uno stargate che mi ha trasportato in un viaggio ideale a Mamoiada. Un simbolo, una stilizzazione di un campanaccio, un nuraghe come batacchio e diversi cerchi concentrici in una spirale che indirizzava l’attenzione ad una figura grottesca e inquietante. Poi un payoff: “Mamojà. Vino di Mamoiada”. Oserei dire quasi un brand che definisce un prodotto.
Mamoiada: una storia di comunità in un logo
Questo logo mi segue, lo noto che campeggia su alcuni stand e sulle etichette delle bottiglie, come marchio identificativo di un territorio. Una simbologia che racconta e accoglie.
I cerchi concentrici rimandano a “sa Perda Pintà”, ossia la pietra decorata. È una grande pietra sacra, un megalite di granito lavorato e inciso con cerchi concentrici, ha quattromila anni ed è unico in Sardegna.
La figura grottesca, quasi tenebrosa, è quella di un Mamuthones, una maschera protagonista del Carnevale mamoiadino che, insieme agli Issohadores, scandiscono la danza sacra propiziatoria, curvi sotto il peso dei campanacci, quegli stessi campanacci appesi al collo dei buoi che ancora oggi sono utilizzati nell’aratura delle vecchie vigne.
Ed ecco che il vino è l’altro protagonista del Carnevale di Mamoiada: i dolci tipici e il vino Cannonau fanno parte integrante della festa e vengono offerti ai mamoiadini e ai visitatori, non solo maschere ma convivialità e unione.
Mamoiada: realtà geografica e territoriale
Siamo a Mamoiada, un piccolo centro di 2.500 abitanti che si trova nella parte più interna della Barbagia di Ollolai, nel nuorese, una vasta regione montuosa che si estende sui fianchi del massiccio del Gennargentu, un territorio aspro e articolato che rappresenta il nucleo più selvaggio della Sardegna.
Qui il vino è il protagonista assoluto ed ha sempre rivestito un ruolo centrale nella cultura e nella tradizione del paese, è un elemento di unione sociale e di condivisione, un mezzo per affrancarsi da un passato difficile, quando la Barbagia saliva agli onori della cronaca per le faide, i delitti e i sequestri.
Una nuova alba sorge negli anni duemila, quando la comunità di Mamoiada ha voglia di rinascere e lo fa partendo dal vino: nel 2015 un gruppo di vignaioli decide che è il momento di reagire, di difendere e promuovere quel territorio al di fuori dei confini regionali e lo fa dando vita all’associazione “Mamojà”, costituita oggi da 70 soci – di cui 30 cantine imbottigliatrici.
Il territorio e la tradizione in un calice di cannonau e di granazza
A Mamoiada si fa vino da sempre, tutti hanno un piccolo appezzamento di vigna e vinificano, anche solo per autoconsumo.
I viticoltori di Mamoiada vogliono preservare un territorio vocato alla viticoltura e ricco di biodiversità, hanno imparato da sempre a proteggerlo e a rispettarlo, portando avanti la lezione dei nonni e dei padri, continuando a produrre vino in modo tradizionale. A Mamoiada ci sono ancora vigneti centenari allevati ad alberello e lavorati anche con l’ausilio dei buoi.
I soci di Mamojà hanno stabilito un disciplinare interno di autocontrollo per tutelare il carattere identitario e territoriale dei vini, utilizzando solo uve di Mamoiada, fermentazioni spontanee, conduzione biologica e la produzione di vini di Ghiradas, – le singole vigne, i cru – frutto della zonazione del territorio.
Il marchio Mamojà sulle etichette di vini identitari
Puntare sul cannonau – decidere di imbottigliarlo e commercializzarlo – è stata la scelta e l’obiettivo primario ma, nel momento in cui c’è stato bisogno di affiancare al cannonau una varietà autoctona a bacca bianca, la Granazza è diventata la referenza bianca, in un territorio dove il 95% è dominato dal cannonau e il 5% dalla granazza, quest’ultima da sempre presente nei vigneti più vecchi tra i filari di cannonau.
Fare impresa e generare ricchezza all’interno del territorio
I viticoltori di Mamoiada si presentano al mondo come una comunità unita e non in competizione, dove l’esperienza e la condivisione sono il volano per uno sviluppo in crescendo.
Questo spirito di “bene comune”, al di sopra di interessi personali e individuali, ha creato sviluppo e interesse e l’associazione Mamojà ha fatto da moltiplicatore.
Scommettere sulla risorsa vino attraverso la valorizzazione del territorio ha creato stimoli e opportunità anche alle nuove generazioni di vignaioli, radicati nella terra che amano, ma con la prospettiva di andare su nuovi mercati.
Percorrendo in un viaggio ideale le strade e i sentieri delle vigne di Mamoiada incontriamo persone che negli anni hanno custodito gelosamente tradizioni e antichi valori, un sapere antico che caratterizza i vini del territorio che hanno disegnato il futuro. La sfida è in divenire.
Photo Credits: Associazione Mamojà