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Olio
30/04/2025
Di Carmen Buongiovanni

Max D’Addario, lo stilista dell’olio

“La mia visione del mondo dell’olio è molto particolare. Personalmente mi sento più simile ad un sarto” queste sono le parole di Massimiliano (o, come preferisce farsi chiamare, Max) D’Addario, proprietario dell’azienda agricola Marina Palusci conosciuta soprattutto per i suoi eccellenti oli ma che è presente anche sul mercato enologico con la produzione di una gamma sempre più varia e numerosa di vini naturali.
Un conoscente comune mi ha presentato Max durante una cena nel corso del Merano Wine Festival dello scorso anno e qualche tempo dopo ho scoperto che oltre ad essere stato proclamato “Campione d’Italia Sommelier dell’Olio” pochi anni fa anche i suoi oli si stanno facendo sempre più notare durante le varie kermesse dedicate al mondo dell’extravergine di oliva ottenendo premi via via più prestigiosi.

Mi hai appena detto che ti senti più vicino ad essere un sarto. Puoi spiegarti meglio?

Un sarto prima di consegnarti un abito ‘su misura’ ti fa andare nel suo atelier, ti prende, appunto, le misure e poi opera, magari facendoti tornare per ulteriori prove prima di darti il prodotto finito che ti andrà di sicuro a pennello. Praticamente è quello che faccio io con gli oli per la ristorazione. Ogni ristorante ha un tipo di cucina diverso e il mio compito è quello di esaltarla, come fossi un sarto, adatto l’olio a chi lo usa rendendolo perfetto per la propria cucina.

Perché ritieni che sia così importante “produrre un olio su misura”?

L’olio può trasformare completamente un piatto. A differenza del vino che se anche sbagli abbinamento puoi continuare a mangiare cambiando bottiglia o semplicemente scegliendo di non bere, se si sbaglia olio il piatto potrebbe risultare completamente diverso da come era stato concepito dallo chef e sicuramente meno equilibrato o armonico.

Cosa ti ha spinto ad intraprendere questa attività? È una tradizione familiare o nasce con te?

Con me parte la quarta generazione dei produttori di olio in famiglia.
L’azienda nasce quando cominciavano a sparire in Italia i latifondi. Il mio bisnonno comprò la terra dal marchese di Pianella e da lì iniziò tutto. Loro curavano oliveti e vigne, producevano cereali e avevano anche un piccolo allevamento, anche se fino ad allora non era stato commercializzato nulla come prodotto finito: vendevano olive ma anche olio e vino non imbottigliato. Da circa vent’anni, cioè da quando sono entrato io in azienda in maniera preponderante aiutato dai miei genitori, è scomparso l’allevamento e ho deciso di puntare soprattutto sull’olio oltre che sul vino. Inizialmente abbiamo affrontato un periodo molto caotico e, nonostante gli sforzi, i costi superavano il profitto. Ma ci abbiamo creduto! La nostra società è nata come una sfida ma con la consapevolezza di avere in mano come materia prima “l’oro della terra“.
Negli anni Ottanta ci furono dei fondi per l’imprenditoria femminile per questo l’azienda ha il nome di mia madre anche se apparteneva alla famiglia paterna.

Quindi una azienda nata di fatto negli anni Ottanta ma con tradizioni che vanno indietro nel tempo.

Mio nonno paterno mi ha trasmesso la passione dell’olivo mentre quello materno mi ha insegnato che oltre al prodotto esisteva una problematica di vendita dello stesso e sin da piccolo mi portava con sé ai mercati generali a scaricare ortaggi e frutta, per avere una visione a 360 gradi.
Entrambi i miei nonni sono stati importantissimi per la mia crescita personale oltre che per la mia formazione professionale. In particolare, Mauro, mio nonno paterno, mi ha insegnato il rispetto per la natura. Nelle nostre lunghe passeggiate in campagna spesso ci fermavamo sotto le piante di olivo più vecchie (anche più di 500 anni!) e proprio in questi luoghi mi diceva che il nostro obiettivo era quello di prendere in consegna quelle piante: “Noi siamo custodi di ciò che abbiamo per questo il nostro compito è quello di curare queste piante e di renderle alle prossime generazioni meglio di come le abbiamo ricevute”.

Nonni che hanno lasciato un segno. Quindi il tuo modo di concepire l’agricoltura è quello di una volta?

Per natura sono meticoloso e maniacale nel lavoro ma chi mi ha aperto la mente su come concepire l’agricoltura è stato l’incontro fortuito e fatale con Stefano Bellotti (morto nel 2018) pioniere dei vini naturali prodotti con il metodo della biodinamica. Con lui ho capito che la biodinamica non è solo un modo di concepire l’agricoltura ma è una filosofia di vita, il cui obiettivo principale è far sviluppare le difese interne delle piante. Oggi siamo in molti a seguire questi principi e ci comportiamo con le nostre piante come un genitore con un figlio, cioè con cura e dedizione ma con l’obiettivo di renderlo forte per affrontare la vita quando non ci saremo più.

Hai parlato di vino naturale. Che tipologia di viti avete?

Naturalmente Montepulciano d’Abruzzo ma anche Passerina, Pecorino, Trebbiano e da pochi anni abbiamo impiantato anche dei Piwi, una nuova tipologia di viti che hanno una elevata resistenza alle malattie fungine e consentono una significativa riduzione dell’uso di pesticidi. I Piwi da noi scelti sono vicini al Riesling, al Friulano e allo Zibibbo.
Tutte le viti tradizionali che abbiamo sono state selezionate sul loro materiale secolare e ogni singola talea è stata fatta da quelle del posto già stabilizzate e acclimatate.
Il nostro è tutto vino naturale. Un vino così fatto ti dà emozione, ti fa vibrare perché c’è la vita dentro, e, ti assicuro, non è semplice portare l’energia della terra nel calice e nello stesso tempo rendere un vino estremamente piacevole, ma questo è il nostro obiettivo.
Come dicevo oggi la nostra azienda produce solo olio, vino, e naturalmente anche aceto. Infatti, per chi fa davvero il vino naturale questo è un incidente che può accadere spesso.

Che tipo di aceto producete?

Fortunatamente produciamo solo aceto bianco (perché essendo il vino bianco più delicato è più facile che possa andare a male): un aceto da monovitigno di pecorino. Pensa che la madre ha più di 100 anni!
Amo dire che il mio aceto è ignorante cioè quello di un tempo. Per molti è irruento per nulla pacato, quello che ti spacca le gengive, ma sono tutti d’accordo che risulta essere un grandissimo fine pasto, come digestivo.

Agricoltura biodinamica. Vini naturali. Quindi niente prodotti chimici?

Tutto quello che usiamo in campagna sono solo pochi elementi:

  • lo zolfo, utilizzato in agricoltura per la lotta contro funghi e insetti. Io lo uso principalmente contro la peronospora della vite e l’occhio di pavone (malattia causata dal fungo Spilocaea oleaginea) per l’ulivo.
  • la bentonite, polvere di minerali resi fini meccanicamente, che funziona come una sorta di ostacolo meccanico all’azione dannosa di alcuni parassiti, senza provocare effetti collaterali negativi sull’ambiente.
  • Il caolino, un minerale argilloso che, oltre a proteggere la pianta da funghi e parassiti, essendo bianco riflette la luce solare riducendo l’assorbimento di troppo calore e offrendo una barriera protettiva contro le radiazioni ultraviolette dannose.

Noi non abbiamo inventato niente, sono tutti procedimenti e metodi ripresi dalla tradizione.

Oggi come è strutturata la tua azienda?

Oltre me e i miei genitori abbiamo due dipendenti: una è la segretaria, che lavora part time, e l’altro è un operaio fisso. Ci tengo particolarmente alle mie piante e cerco di occuparmene io nella cura quotidiana e anche per le potature ma durante i periodi di raccolta abbiamo circa venti operai stagionali che ci aiutano, altrimenti sarebbe impossibile.
(Poi sorridendo)
Mi rendo conto di avere grossi problemi di delega cerco di fare tutto io con i miei genitori dalla trasformazione, il frantoio, l’imbottigliamento. Mamma ha 61 anni e papà 66, ma sono più forti e tenaci di me, a volte.

Quanti ettari sono di tua proprietà e come sono suddivisi?

Abbiamo circa ottanta ettari di ulivo e dodici di vigne, tutto in collina intorno ai 280 mt slm.
A differenza del vino che necessita di escursioni termiche o altitudine per esprimere profumi e aromi, per l’olio ha più influenza la tipologia del terreno. I terreni dove si trovano i nostri oliveti sono prevalentemente argilloso-calcarei, che fa sviluppare più polifenoli.

Ottanta ettari sembrano tanti. Quante e quali tipologie di cultivar avete?

Oltre alla Dritta, cultivar autoctono per eccellenza, abbiamo deciso di puntare anche su altre come il Leccio del corno, Intosso, Frantoio, Leccino, Maurino, Pendolino, Moraiolo, Casaliva, Ghiacciola e Ghiandaro perché ognuna di queste, con le sue caratteristiche intrinseche, ci serve per produrre i famosi “oli sartoriali“.
Quindi, come un sarto che mette insieme anche tessuti diversi, io unisco i vari oli per produrre quello specifico per ogni tipo di ristorazione.

Si parla di blend anche per l’olio come per il vino?

Ci sono due modi per unire oli diversi: blend e olivaggi.

  • Si parla di blend quando si lavorano le uve separatamente e si ottengono gli oli monovarietali poi si procede agli assemblaggi avendo alla fine un risultato scientifico, molto regolare, senza errori.
  • Si parla di olivaggi quando si lavorano insieme i vari tipi si olive ottenendo così un olio unico con un risultato meno scontato e regolare ma sicuramente in questo modo vien fuori un olio più intenso con un flavour unico proprio perché il lavoro degli enzimi durante la lavorazione viene fatta insieme e si sviluppa alla massima potenza la sua espressione aromatica.

A differenza del vino che necessita di macerazioni lunghe o brevi e, in alcuni casi, di affinamenti, per l’olio il processo è più rapido.

Mi racconti il vostro modo di fare olio?

Per la produzione dell’olio, oltre alla bontà delle olive, le due cose fondamentali sono avere buone macchine e fare la molitura al massimo entro le dodici ore dalla raccolta. Noi raccogliamo le olive per brucatura manuale per gli olivi secolari e per vibrazione per i nuovi impianti.
Le olive si sciacquano quasi tutti i giorni l’anno sulla pianta quindi quando le cogliamo preferiamo non lavarle per mantenere batteri ed enzimi importanti per la definizione dell’olio, ma se il terreno è umido e le olive arrivano sporche di terra, in questo caso, non possiamo fare a meno di sciacquarle.
Quindi, raccogliamo le olive e le portiamo in frantoio dove vengono tagliate dalle macchine in pezzi piccolissimi. Se ti capita di mettere il naso in quei contenitori senti un profumo che non dimenticherai più! Naturalmente si taglia tutta l’oliva (anche l’osso è importante) sia per l’estrazione degli aromi ma anche per la fermentazione che avviene già nell’atto del mescolamento della pasta. Per un periodo c’è stata la moda degli oli denocciolati ma risultano essere troppo delicati e con poca personalità.
Come dicevo, tagliamo le olive, procediamo da impastarle e subito dopo questo impasto viene messo in mega centrifughe per eliminare pesi specifici differenti dovuti a elementi ancora divisi. I pesi specifici che vengono fuori da questo mix sono di tre tipologie: pasta delle olive, olio e nocciolino.
A questo punto estraiamo l’olio usando un decanter in asse orizzontale che produce un olio non puro che ha ancora l’acqua dell’oliva, dopo di che c’è un’altra centrifuga, in asse verticale, che separa l’acqua di vegetazione dall’olio, che sale a galla.
A questo punto l’ultima cosa da decidere è se filtrarlo o semplicemente farlo decantare e si aspetta circa un mese. Ci sono oli che filtriamo, altri decantiamo e altri, come il Novus, l’olio novello, che mettiamo direttamente in bottiglia. La filtrazione ti porta un risultato molto buono senza problemi, mentre la decantazione naturale è un risultato incognito ma quando il processo è fatto bene e non ci sono difetti di stoccaggio risulta eccellente.
Quando vengono imbottigliati tutti gli oli risulteranno puliti, solo il novello sarà un pò torbido.

Dopo la produzione si passa direttamente all’imbottigliamento?

La migliore conservazione dell’olio si ha in contenitori più grandi possibili, più sono grandi più si conservano. In una cisterna ci possono essere anche 10.000 litri. Poi, quando è necessario si procede all’imbottigliamento. Il contenitore che noi usiamo, oltre la bottiglia, è il bag in box che ci dà la sicurezza di avere un olio integro e fresco.
In azienda abbiamo eliminato le lattine più di venti anni fa e sempre un numero maggiore di produttori non le usano più principalmente per due motivi:

  • si arrugginiscono facilmente con un minimo di umidità
  • hanno un grosso difetto cioè che una volta aperta la lattina l’olio non può più rimanere dentro ma deve essere messo in vetro, altrimenti si ossida.

Con il bag in box tutte queste problematiche non ci sono più. L’unico problema è il costo delle macchine (e non dei contenitori) che è molto alto per questo ancora non è usato da tutti. Il processo risulta essere semplice e rapido. La macchina del bag in box prende il sacco, crea il vuoto, lo riempie di olio mettendo l’azoto e tappandolo, tutto nel giro di pochissimo tempo e senza introduzione di aria.

Parlami dei tuoi oli.

Oltre agli oli sartoriali noi produciamo tredici tipologie di olio: sette per il mercato italiano e sei per quello estero. Esportiamo soprattutto in est Europa (negli ultimi anni con richieste sempre più importanti) e in centro-nord Europa ma anche in Australia, USA, Corea, Giappone. In Italia la richiesta maggiore ci arriva dalla ristorazione.

Gli oli italiani sono:

  • L’uomo di Ferro, monocultivar di Dritta, raccolta a fine settembre. 

L’olio, dal colore verde brillante, risulta essere complesso al naso con note di carciofo, mandorla verde, rucola, ravanello, cicoria, cardo, note balsamiche di menta, basilico e prezzemolo. Il carciofo ritorna nell’assaggio accompagnato da un amaro molto spiccato e piccante e un finale speziato di pepe e mandorla amara.

  • Rinascimento, monocultivar Dritta Cru raccolta a metà ottobre.

Questo olio è classificato come Cru perché le olive che vengono utilizzate per ottenerlo provengono esclusivamente dal nostro oliveto storico monumentale dove regna sovrana la Pianta Madre, la capostipite di tutte le nostre attuali piante di dritta. Proprio da quella pianta sono state prese le talee per fare le altre che compongono attualmente i nostri oliveti.
L’olio Rinascimento alla vista si presenta di un verde brillante con toni dorati, all’olfatto ha note estremamente mandorlate, mallo di noce su tutto, carciofo, cicoria e cacao. In bocca il gusto è netto, intenso, pulito, lineare, sorprendentemente tannico, amaro e piccante. Vino armonico e con elevata persistenza gustativa.

  • I – Monocultivar Intosso, 100% Intosso, raccolto a metà ottobre.

Olio dal colore giallo verdolino, all’olfatto spiccano note di pomodoro, mandorla verde, peperone, erbette aromatiche con una chiusura speziata, al gusto mediamente amaro e piccante in grande armonia.
Sull’etichetta (iOIL) c’è un evidente omaggio a Steve Jobs.

  • Alchimia, 100% Leccio del corno, l’unico che ha una raccolta tardiva, a fine novembre.

Il colore è giallo dorato, al naso si sentono leggeri cenni di frutta e note più intense di fiori ma anche mandorla, che si ripresenta in bocca con un finale lievemente amaro e piccante.
Il nome ricorda le alchimie sensoriali inebrianti.

  • L’Extravergine, formato dal 60% Dritta e dal 40% Leccino, raccolti tra fine ottobre e fine novembre.

Alla vista l’olio presenta un colore giallo dorato con riflessi verdolini. All’olfatto note mandorlate, carciofo ed erbe aromatiche. In bocca intenso e persistente. Mi piace definirlo Olio Milleusi.

  • Novus, come l’Extravergine formato dal 60% Dritta e dal 40% Leccino, raccolti tra fine settembre e metà ottobre. Dopo un’estrazione a freddo si procede ad un imbottigliamento immediato allo stato di “Mosto” senza decantazione.
  • Oliomania, formato dal 40% Dritta, 20% Leccio del corno, 20% Intosso, 20% Frantoio, raccolti a fine ottobre. Unica etichetta certificata ‘bio’.

Tra i miei oli misti c’è un blend (l’Extravergine, il nostro olio di ingresso quello che è sempre uguale per tutti, l’olio che definirei ‘universale’ per tutti i giorni) e due olivaggi detti anche Coupage, che sono:

  1. Oliomania, la cui peculiarità è quella di essere formato dall’insieme di quattro cultivar diverse raccolte lo stesso giorno da quattro uliveti differenti e quattro punti di maturazione differenti. Olio armonico con profumi unici proprio per il fatto che la molitura viene fatta insieme per tutte le tipologie di olive.
  2. Novus è l’olio novello, appena fatto viene messo in una bottiglia trasparente senza decantazione nè filtraggio. In genere gli oli sono messi in bottiglie scure per evitare di essere attaccati dalla luce del sole quindi quando si usa la bottiglia trasparente è per evidenziare il senso di genuinità e rusticità. Un ricordo ancestrale dell’olio del frantoio. L’unico problema è che deve essere consumato il prima possibile, massimo a marzo. È l’unico olio che ha tridimensionalità nella degustazione infatti in questo si percepiscono anche sensazioni tattili. L’olio risulta essere opaco, denso quasi pastoso, meno fine ma molto impattante per le microparticelle dell’acqua dell’oliva. Il novus non è un olio tecnico ma emozionale e dà sfumature sempre diverse.

Ora dimmi, tra i tuoi oli, quale è quello del cuore?

L’Uomo di Ferro, è stato il mio primo olio progettato. Con questo olio ho massimizzato la potenzialità della cultivar Dritta con una raccolta estremamente precoce a fine settembre.
Volevo un olio che mi rappresentasse e che rappresentasse l’Abruzzo: forte e gentile.

Processo semplice, materie prime eccellenti, tanto lavoro e grande dedizione. Oli per ogni occasione e oli cuciti su misura. Dato il meticoloso e dettagliato lavoro fatto sugli oli, soprattutto quelli sartoriali specifici per la ristorazione, te la senti di dare un consiglio ai ristoratori?

L’olio va messo in cottura ma, a mio avviso, dovrebbe andare anche a fine cottura, sul piatto caldo dove esprime ancor di più il suo bouquet. Il mio consiglio ai ristoratori è quello di versare un ultimo filo di olio nel piatto direttamente a tavola dinanzi agli ospiti per far valutare il ventaglio aromatico dello stesso, altrimenti chi sta a tavola sentirà solo il gusto invece che apprezzare tutta l’armonia degli elementi che lo compongono e che partono dall’olfatto, dove si concentra maggiormente la parte emozionale. Un po’ come nel vino o nei distillati. Quindi perché ridurci solo ad una piccola percentuale con l’olio?
Capisco che molti ristoranti si trovano ad affrontare problemi di sala enormi e, in questo caso, non è possibile fare tutto questo percorso a tavola ma ritengo estremamente importante far capire al cliente quale è la filosofia che c’è dietro ad un piatto e all’olio che lo accompagna.

Max, un’ultima domanda, ma questa riguarda un avvenimento straordinario che riguarda la tua vita, la tua nuova vita. Da pochi giorni sei diventato papà per la prima volta di una bellissima bambina dal nome altrettanto bello: Beatrice Fiamma.
Cosa speri di trasmettere a lei?

A mia figlia vorrei semplicemente cercare di tramandare tutta la passione, l’amore e il rispetto (così come hanno fatto con me i miei avi e che cerco tutti i giorni di mettere in pratica) per la Natura. La Natura integrata in un concetto più ampio di amore circolare. Tutto quello che facciamo di buono in campagna, tutta la cura che abbiamo nei confronti delle piante si trasforma in splendidi frutti.
Questo, però, è un concetto e un augurio che va oltre l’agricoltura.
Non è solo l’amore per l’olivo, per la vite, per l’olio o per il vino.
Cercherò di tramandare alla mia bambina, con tutto me stesso, l’amore per la vita.

Carmen Buongiovanni
Carmen Buongiovanni

Dovessi definirmi in un modo sarebbe sicuramente con il nome della famosa cantina di Barolo “L’Astemia Pentita”. Ho cominciato a bere vino poco più di dieci anni fa per una scommessa con una amica, che non finirò mai di ringraziare, ho cominciato il corso di sommelier per condividere la passione che cominciava a nascere con il mio primogenito e tra i tanti corsi ho scelto l’AIS per una precisa indicazione di Alessandra, amica del cuore. Laurea in Statistica computazionale, master di economia e finanza e più di 20 anni come manager in TIM. Doveva essere una pausa, ma questa è stata l’inizio di una nuova vita. Ad oggi sommelier AIS, SAKE sommelier e Master of Whisky, domani… chissà!

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