(Non) il solito rosato per l’estate

Arriva l’estate e cosa deve fare il buon critico enologico? Ma suggerire bianchi leggeri, rosati, bollicine, che altro? Così come, simmetricamente, verso il 3 o 4 dicembre è tenuto a proporre spumanti per le feste di fine d’anno e vini dolci per il panettone.
Andare per forza controcorrente?
Per un radicato bastiancontrarianismo, a ogni ricorrenza dei riti stappatori tendo da decenni a fare l’opposto: parlare di aciduli e viperini bianchi valdostani a Natale, per esempio, o recensire poderosi Primitivo di Manduria per la cena di Ferragosto. Non c’è molto di acuto in questo, anzi alla fine risulta un’ostinazione quasi comica. Ricorda quel personaggio di Woody Allen che una volta cadde dal loggione in platea: “Troppo orgoglioso per ammettere che si era trattato di un errore, tornò a teatro e replicò la stessa caduta tutte le sere successive”.
Oggi arrivato a capire – in tarda età – che quando fa caldo non è solo una banalità suggerire vini snelli, agili, poco alcolici, facili da mandare giù, ma un legittimo servizio ai lettori. E perciò eccoci. 36 gradi oggi a Roma, mentre scrivo queste righe. Che faccio, descrivo un Amarone Riserva Doppia Maturazione Ragionata? Ma no, tratteggio in modo sintetico le virtù di un vinello scattante e molto beverino. Un vinello francese fuori dei circuiti classici (e quindi costosi) della Borgogna, della Loira, del Jura. Un vino rosa – come lo chiamano i Cataldi Madonna padre e figlia, per evitare giustamente gli usurati “rosato” e “rosé” – di una semisconosciuta appellation della Provenza, Coteaux-Varois: il Rosé Patricia Ortelli 2024 dello Château La Calisse.
Aria di Provenza
Coteaux-Varois-en-Provence è una denominazione che dirà poco all’appassionato anche esperto, ma è stata creata più di trent’anni fa, nel 1993. Non è quindi una novità degli ultimi tempi.
L’areale di produzione è esteso a ventotto comuni del Var, e ospita un’ampia tavolozza di vitigni: clairette, ugni blanc (che poi sarebbe trebbiano), grenache blanc, grenache, cinsault, mourvèdre, syrah, tibouren, carignan, oltre all’onnipresente cabernet sauvignon.
Come recita lo spocchioso* Wikipedia in lingua francese, “i Coteaux Varois sono vini che vengono dall’assemblaggio di diverse varietà di uve. Questo è giustificato dalle caratteristiche climatiche della regione, con estati molto calde, se non torride, che contribuiscono alla surmaturazione dei vitigni. Tutte le prove di vinificazione monovitigno hanno dimostrato che questi vini non possono raggiungere l’alta qualità e la vera espressione del terroir.”

Coteaux-Varois-en-Provence Rosé Patricia Ortelli 2024
Lo Château La Calisse si trova a Pontevès, una sessantina di chilometri a nord-est di Marsiglia. Lavora una decina di ettari di vigne – a un’altezza non trascurabile, quasi 400 metri sul livello del mare – in agricoltura certificata biologica dal 1996. La figura centrale della tenuta, Patricia Ortelli, ne ha risollevato le sorti a partire dal 1991, quando ne ha rilevato la proprietà. Qui lo stile dei vini è sobriamente moderno. “Moderno”, perché tecnico in cantina e nella scolpitura delle diverse cuvée; “sobriamente”, perché emendato dagli eccessi dimostrativi dell’enologia anni Novanta e Duemila. Uno stile quindi prevedibile ma espressivo, senza toni troppo morbidi e fruttati.

Il Coteaux-Varois-en-Provence Rosé Patricia Ortelli 2024 ha spettro aromatico forse un po’ ovvio nelle note di mandarino e uva spina, ma gioca le sue carte migliori al gusto, dove ha grip deciso e preciso, timbro di frutto tonico e un finale dove lavorano in sinergia una corrente acida rinfrescante e una delicata vena sapida.
Per una ventina di euro, o poco più, un buon affare.

* Evitate di leggere le voci che riguardano l’Italia e gli italiani (posso all’occorrenza portare decine di esempi di spocchia gallica wikipedica, peraltro anacronistica e degna di miglior causa).
La prima e la seconda foto sono rispettivamente di Corina Rainer ed Emma Hong su Unsplash