Pio Cesare, il “Bricco del bricco” compie 30 anni
“Per noi l’assemblaggio di nebbioli provenienti da più vigne, di più comuni, è sempre stato il nostro modo classico di fare vino, è una filosofia che fa parte della classicità delle stesse Langhe”. La fierezza con la quale sia Federica Boffa Pio che il cugino Cesare Benvenuto Pio sottolineano questo modo di continuare a intendere il loro approccio al fare vino nelle terre del Barbaresco e del Barolo, non passa in secondo piano. Un po’ perché vivono e lavorano in luoghi dove ormai da tempo il culto, se non la dittatura, del cru si è ormai impossessata dei pensieri di un po’ tutti i produttori locali, nonché di tutti gli appassionati e di tutta la critica mondiale. Un po’ perché i due rappresentanti al timone di Pio Cesare, storica realtà del vino piemontese nata più di 140 anni fa nel 1881, non nascondono il loro pensiero proprio nel giorno nel quale hanno deciso di radunare un gruppo di rappresentanti della stampa per festeggiare i 30 anni di un loro vino iconico, il Barbaresco il Bricco, emblema di un preciso cru aziendale.
Una contraddizione? In realtà no, secondo i due cugini, perché quelli che erroneamente molti sono soliti chiamare i “vini base” dell’azienda, ovvero i “semplici” Barbaresco e Barolo senza indicazione di una vigna, nascono a loro volta dal culto del cru, in questo caso da una meticolosa selezione e successiva cuvée di vini provenienti da differenti vigneti. “I nostri cru servono anche per i vini non cru. Non c’è una filosofia migliore, sono solo modi differenti di interpretare un territorio”.
La nascita del Barbaresco Il Bricco
Il Barbaresco Il Bricco di Pio Cesare nasce da una specifica parcella di questo cru che si trova a sud del comune di Treiso. Viene acquisito dal nonno Giuseppe nel 1974 e di fatto dà il via a una nuova fase della storia di Pio Cesare, nella quale la proprietà dei terreni diventa prioritaria, magari proprio quelli dai quali nascevano le uve che venivano precedentemente acquistate sino a quel momento, “per dare continuità alla produzione”, sottolineano i due cugini.
Commercializzato per la prima volta nel 1990 con l’indicazione della vigna, si affianca al Barbaresco Pio Cesare, se vogliamo una sorta di fratello maggiore (anche dal punto di vista quantitativo) del Bricco, perché per quasi il 50% composto, comunque, dalle uve di questo cru. La sostanziale differenza risiede nel fatto che le uve di nebbiolo per il vino che porta il nome di questa vigna derivano da specifiche porzioni poste sulla sua sommità, una sorta di “bricco del bricco”. Qui i terreni hanno pendenze maggiori, un suolo con più erosione, calcareo, composto dalle famose marne blu, ma con meno componente sabbiosa rispetto al resto della vigna. Il cru, nel suo complesso, si estende per circa 11 ettari, 6 dei quali destinati a nebbiolo e il resto a dolcetto, pinot nero, chardonnay e sauvignon blanc. Il Barbaresco Il Bricco viene prodotto in circa 5000/7000 bottiglie a seconda delle annate e costa circa il 30% in più del Barbaresco Pio Cesare.
La degustazione
“Il Bricco è un vino per amanti dei tannini, della struttura e dell’acidità” sostengono i due cugini. Certamente ha una personalità alquanto differente se confrontato con il fratello, frutto invece dell’unione di uve provenienti per la maggior parte da il Bricco, come si è detto, ma anche da San Stefanetto e Bongiovanni, sempre a Treiso, e poi da Rocche di Massalupo a San Rocco Seno D’Elvio. A parità di annata, nei due casi che abbiamo avuto la fortuna di poter testare nel bicchiere, 2009 e 2015, Il Barbaresco Pio ha un incedere più classico, meno intenso, con un frutto vivo ma meno dominante e più delicato rispetto al Bricco, note che ricordano già il sottobosco, quindi più evolute, e soprattutto una grana dei tannini meno poderosa. Insomma, come giustamente rimarcato dai due cugini, si tratta di un altro stile, non per questo inferiore, che mette in evidenza peculiarità figlie di terreni e posizioni differenti, pur a parità di tecnica di vinificazione, che dal 2011/2012 è identica: vinificazione in acciaio, macerazione sulle bucce per circa 30 giorni, maturazione in botti di rovere francese e di Slavonia per circa 30 mesi ed in piccola parte in barrique.
A proposito di barrique, sempre il periodo a cavallo tra il 2011 e il 2012 rappresenta una data importante per il Bricco, perché l’uso di questo piccolo contenitore diventa molto ridotto rispetto agli anni precedenti, nei quali aveva invece dominato la scena, qui come, d’altronde, in molte altre realtà delle Langhe. “Abbiamo anche abbandonato il rimontaggio e optato per le sole follature”. Obiettivo: maggior finezza e delicatezza. I tempi cambiano, cambiano anche mode e interpretazioni.
Barbaresco Il Bricco 1997
L’annata è di quelle che hanno lasciato il segno nella storia recente dell’enologia italiana, osannata dalla critica nostrana e mondiale, sia in Toscana che nelle Langhe. Una fama, secondo alcuni meritata, secondo altri sopravvalutata, se vista oggi, a 27 anni di distanza. Pio Cesare raccolse le uve per questo Barbaresco ai primi di ottobre con grande soddisfazione. È un vino quasi didattico, ben identificativo di un’epoca nella quale anche da queste parti la ricerca di concentrazione e ricchezza erano un obiettivo prioritario. Intenso, a tratti quasi liquoroso, sfodera tuttora note di tabacco e cioccolato, con un frutto che ricorda la composta di amarene. Al palato non manca una freschezza ancora ben vivace, ma è il tannino a catalizzare l’attenzione, serrato, forse un po’ troppo asciutto, con sensazioni di liquirizia che dominano il finale.
Barbaresco Il Bricco 2004
Annata classica, tra le più celebrate per via di un andamento stagionale quasi perfetto, con la giusta neve invernale, le giuste piogge primaverili, il giusto caldo da agosto in poi. La vendemmia, tra il 20 e il 22 ottobre come da manuale vorrebbe da queste parti. Al naso non ha certo bisogno di ossigenazione per mostrare un carattere deciso, di grande stoffa: il frutto ondeggia tra la confettura di prugne e quella di lamponi, stratificata e ricca la presenza di spezie, di fiori in forma di pot-pourri. Al palato la trama tannica è ancora poderosa, masticabile, le sensazioni finali sono balsamiche e mentolate. Ha ancora svariati lustri davanti a sé da regalare a coloro che ne conservano qualche bottiglia.
Barbaresco il Bricco 2009
Il meteo non è stato dei più tranquilli durante la stagione, con una primavera particolarmente piovosa, ma un’estate particolarmente calda che portato a una vendemmia anticipata verso il 25/30 di settembre. Le note fruttate di ciliegia insieme a quelle di liquirizia dominano un quadro olfattivo ricco, compatto, intenso, di bella fattura. La ricchezza tannica è contraddistinta da una grana di bella definizione, tuttora pimpante e che lascia spazio a freschezza, sapidità e un’ottima persistenza. Vino ancora in fieri e in questo momento in ottimo stato di grazia.
Barbaresco il Bricco 2011
Annata ancora contraddistinta dal calore, con la vendemmia che viene anticipata al 22/23 settembre e che portò il vino, uscito poi nel 2015, ad avere una prontezza di beva inusuale, spiegano sempre i due cugini. È il campione che probabilmente fatica di più a emergere in questa verticale. Il frutto è certamente ricco, particolarmente concentrato, ma il quadro olfattivo complessivo è forse un po’ troppo monocorde e meno sfaccettato di altri. La trama tannica è serrata, ma poco scattante e dinamica, non agevolata da una freschezza che non è presente con forza come in altri campioni.
Barbaresco il Bricco 2015
Come affermano sempre i cugini Federica e Cesare, forse la grande fama acquisita dall’annata 2016 ha messo in ombra, come spesso capita in questi casi, un millesimo che invece ha svariate frecce al suo arco da donare. Le uve sono state raccolte a partire dal 1° ottobre e nel bicchiere emerge un profilo olfattivo ricco ma che non manca di finezza. Le note fruttate sono meno potenti delle altre annate, ricordano le gelée di lamponi e lasciano spazio a quelle più delicate floreali, con una speziatura di ottima fattura e tocchi di erbe aromatiche. Il tannino è quello del Bricco, scalpitante, serrato, con una grana gessosa in questo caso. In ottima forma.
Barbaresco Il Bricco 2020
Annata simile alla 2015, con una raccolta iniziata sempre all’inizio di ottobre, uscirà in commercio a breve con etichetta e capsula celebrativa. È un Barbaresco già molto pronto in questo momento, caratteristica che può far storcere il naso a chi esige sempre, e immediatamente, austerità da un nebbiolo che affina per tre anni prima della commercializzazione, come in questo caso. In realtà, non significa che avrà vita più breve. Le note fruttate sono ovviamente più fragranti in questo momento, ricordano quasi le fragoline di bosco e ha dalla sua una facilità di approccio che certamente ne caratterizza il suo incedere. La freschezza, non preponderante, lascia spazio a un tannino più docile, rotondo, sebbene sia sempre ben presente e vivo.