Produrre un buon vino analcolico è una sfida complessa

Il critico del New York Times, Eric Asimov, esplora un mercato in crescita ma ancora pieno di insidie tecniche.
Produrre vino è un’arte complessa e faticosa. Ma creare un vino analcolico di qualità lo è ancora di più. È quanto emerge da una recente analisi di Eric Asimov, autorevole critico enologico del New York Times, che ha esplorato il mondo in rapida espansione, ma tecnicamente impervio, delle bevande senza alcol che mirano a replicare il vino.
Come Asimov sottolinea nel suo articolo, il processo è duplice: prima bisogna affrontare tutte le sfide della viticoltura e della vinificazione tradizionale. Poi, subentra la fase critica della dealcolazione. Questo processo, spesso realizzato tramite distillazione sottovuoto con coni rotanti (spinning cone), scompone il vino per rimuovere l’alcol, per poi tentare di ricomporre il resto. È una manipolazione tecnologica intensa, che “i buoni produttori aborriscono“, scrive Asimov, perché stressa enormemente il vino.
Cosa si perde oltre all’alcol
Il problema fondamentale, evidenzia il critico, è che rimuovendo l’alcol non si elimina solo qualcosa che si vorrebbe ridurre a un mero agente psicoattivo. Nel vino, l’etanolo gioca un ruolo cruciale: conferisce corpo, ricchezza e morbidezza, agisce come veicolo per aromi e sapori ed è essenziale per l’equilibrio e la struttura generale. Togliendolo, si crea un vuoto difficile da colmare. “Se viene rimosso, qualcos’altro deve fare quel lavoro,” nota Asimov.
Un mercato che attrae nonostante le difficoltà
Allora perché i produttori si cimentano in questa impresa? La risposta, spiega Asimov citando dati Nielsen, risiede nel mercato: mentre le vendite di bevande alcoliche tradizionali sono stagnanti, quelle del segmento analcolico sono esplose, con una crescita superiore al 30% nell’ultimo anno, trainata dalla crescente attenzione al benessere e alla moderazione.
È una tendenza che tutti, dai produttori di birra a quelli di liquori, cercano di cavalcare. Ma per il vino, la sfida è maggiore. I barman possono creare ottimi cocktail analcolici omettendo i distillati; i birrai possono controllare la fermentazione per limitare l’alcol e compensare con altri ingredienti. Il vino, però, ha generalmente più alcol e più acidità di partenza, e la sua struttura dipende maggiormente dall’alcol.
“Una volta tolto l’alcol dal vino, si perde gran parte del supporto“, conferma ad Asimov Aaron Pott (produttore di Missing Thorn). “È un elemento che dà dolcezza e densità, e molti ricorrono allo zucchero per rimpiazzarlo”, aggiunge, spiegando perché tanti prodotti risultino stucchevoli.
La degustazione di Asimov: luci e molte ombre
Asimov racconta di aver assaggiato decine di vini analcolici. La sua esperienza è stata in gran parte deludente: molti prodotti erano eccessivamente dolci, squilibrati, “vuoti“ al palato o sgradevolmente acidi.
Secondo il critico del Times, siamo ancora agli inizi: la soluzione per ottenere vini analcolici indistinguibili da quelli originali non è stata trovata. I produttori seri stanno capendo che non basta dealcolare un buon vino; è necessario ripensare l’intero processo, forse partendo da vini base creati appositamente, come si fa per il Cognac.
Nuovi approcci: French Bloom e le alternative
Asimov cita l’esempio di French Bloom, azienda co-fondata da Maggie Frerejean-Taittinger e Constance Jablonski, con il supporto tecnico di Rodolphe Frerejean-Taittinger (della maison di Champagne Frerejean Frères). Hanno scelto Limoux per ottenere uve più mature e “muscolose”, più adatte a sopportare la dealcolazione, puntando su ingredienti biologici e basso contenuto di zuccheri.
Anche i vini Missing Thorn di Aaron Pott sono stati giudicati positivamente da Asimov, che ne loda l’equilibrio e la completezza relativa, ottenuta anche grazie all’uso di gomma arabica per migliorare la densità. Pott sottolinea ad Asimov l’importanza di usare uve molto aromatiche per compensare le perdite del processo.
Le conclusioni di Eric Asimov
Questi prodotti, conclude Asimov, sono sempre più facili da reperire, specialmente in negozi specializzati, ma spesso assenti dalle enoteche tradizionali a causa di leggi specifiche (come quelle dello Stato di New York) che ne vietano la vendita accanto ai vini alcolici.
Il quadro che emerge dall’analisi di Eric Asimov è quello di un settore in piena evoluzione, spinto da una forte domanda, ma ancora alla ricerca della formula perfetta per offrire un’esperienza davvero paragonabile a quella del vino tradizionale.