Qualche etichetta didascalica da stappare per San Valentino

Nonostante il bombardamento continuo e implacabile di informazioni proprio dell’era digitale, quasi tutti ignorano che San Valentino fosse un religioso italiano: di Terni, più precisamente.
Lo sanno in pochi in Italia, figuriamoci negli Stati Uniti, dove il Valentine’s Day è vissuto come una vera festa nazionale.
Intorno al 14 febbraio in America vengono inviati quasi duecento milioni di cartoncini augurali, e prima si attende la data con ansia crescente.
Da noi San Valentino è una festa in trentaduesimo rispetto alla tradizione anglosassone. Ma, negli States come qui, rimane una delle migliori occasioni per l’acutizzarsi di disturbi del comportamento legati alla sfera degli affetti.
Per consolarsi dell’ennesimo litigio, o – se proprio si vuole essere originali a tutti costi – per festeggiare con il/la proprio/a innamorato/a, si può stappare una bella bottiglia di vino. Così, aumentando il tasso alcolemico nel sangue, le discussioni con la propria metà possono svolgersi in modo più libero e creativo.
Di vini che offrano per rimando analogico la possibilità di brindare all’innamoramento, all’amore maturo, ai legami più duraturi, se ne possono scegliere diversi, pescando da aree produttive italiche o andando in terra straniera. Di seguito segnalo alcune etichette utili allo scopo.
Champagne Amour de Deutz
I più facoltosi possono optare per una cosiddetta cuvée prestige di Champagne: Amour, prodotta da Deutz, una maison – oggi nel portafoglio di Roederer, altro nome eccelso – estremamente apprezzata dagli addetti ai lavori. Ricordo a questo proposito che un responsabile negli anni Novanta della regione sciampagnotta per la storica Revue du Vin de France (mi pare si chiamasse Jean Pierre Peyrolou) aveva come marca del cuore proprio Deutz, “perché fa vini di estrema classe e di grande discrezione, mai ammiccanti”.
Si tratta di un millesimato che proviene da sole uve chardonnay e proposto – solo nelle annate ritenute all’altezza – a un costo abbastanza inavvicinabile dal portafoglio dell’appassionato medio, sui 200 euro. Ma li merita tutti per la magnifica delicatezza del tocco, la grande finezza della carbonica, la notevole complessità aromatica.

Le Vin des Amants, Le vin de l’A
Gli enofili più vicini alla psicopatia maniacale possono mettersi alla ricerca di questo quasi introvabile rosso svizzero, prodotto in piccole quantità nel Valais. Da uve cornalin (vitigno presente anche in Val d’Aosta, dove dà rossi di colore saturo ma raramente in debito di freschezza e slancio) coltivate in biodinamica e fermentate parte in anfora e parte in legno, ha intensità aromatica e significativa densità al palato. Ciò che però non si traduce in pesantezza e difficoltà di beva. Dinamico, succoso, tonico, va giù in modo pericolosamente facile. Circa 70 euro.

Chambolle-Musigny Les Amoureuses
Non indico subito un produttore specifico perché si tratta di una vigna borgognona posseduta da diversi proprietari, e presente quindi sul mercato in diversi imbottigliamenti. Cru celeberrimo, Les Amoureuses si traduce “gli innamorati” ed è perciò il vino più telefonato da stappare per San Valentino, sebbene il suo costo medio possa disamorare subito la più ardente delle coppie: sui 700 euro per la rarefatta versione di Groffier, sui 2.000 per la lirica interpretazione di Mugnier; ma per l’introvabile etichetta di Roumier spesso non bastano 3.500 euro.
Bertheau, Amiot-Servelle, Domaine de la Pousse d’Or, altre note firme per Les Amoureuses, si trovano tra i 400 e i 500 euro.
Le bottiglie più economiche – si fa per dire – vengono proposte da Bichot, Rion, Serveau, e viaggiano sui 300 euro.
Perché mai lo Chabolle-Musigny Les Amoureuses è tanto costoso? Perché si tratta di uno dei rossi più quintessenziali della Borgogna, e sebbene sia formalmente un Premier Cru, nei fatti i bevitori – e di conseguenza il mercato – lo percepiscono da tempo come un Grand Cru.

Ma è possibile che non si possa brindare a San Valentino con un vino dall’etichetta didascalica per l’occasione, ma abbordabile come prezzo finale? Gli enofili più giovani e squattrinati possono provare a trovare un buon Pinot Nero neozelandese, il Wild Rock Cupid’s Arrow, “Freccia di Cupido”: con 25 euro se la cavano.

La foto di apertura è di Becca Tapert su Unsplash.