Taste Alto Piemonte, la diversità abita qui
La rassegna enologica, giunta alla settima edizione, si è svolta al Castello Visconteo Sforzesco di Novara, con l’organizzazione del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte.
Nebbioli e non solo: il plurale ben introduce il concetto di diversità di questi territori, che oggi vivono una sorta di Rinascimento, una vera e propria riscoperta: qui ci sono tracce di viticoltura antecedente e in passato molto più estesa rispetto alle attuali Langhe. Novara, Vercelli, Biella e Verbania: uno straordinario poker geografico la cui forza è nella straordinaria varietà di suoli, di vitigni e di persone. Croatina, uva rara e/o vespolina aggiungono al nebbiolo sfumature nuove, complesse, preziose. Suoli e pietre dai colori diversi testimoniano la presenza di un patchwork geologico unico al mondo, ma anche culture e tradizioni che, apparentemente vicine, sono invece figlie di background differenti. Boca, Bramaterra, Colline Novaresi, Coste della Sesia, Fara, Gattinara, Ghemme, Lessona, Sizzano e Valli Ossolane: dieci denominazioni per un territorio a cui si guarda con sempre maggiore interesse e apprezzamento, come attesta l’affluenza nelle tre giornate della manifestazione. “È una manifestazione del Consorzio, con cui collaboriamo da sempre, legati da stima e disponibilità. Come Ais Piemonte e in prima persona abbiamo sempre creduto nelle potenzialità di questo territorio e lavorato per accrescerne visibilità, comunicazione e incentivare il miglioramento della qualità. In epoca non sospetta, quando di Alto Piemonte si parlava molto poco, come Ais Piemonte abbiamo realizzato più di vent’anni fa la prima manifestazione dedicata a questi vini. Oggi un pubblico sempre più qualificato rende merito all’impegno: un pubblico partecipe, curioso, desideroso di capire e apprezzare il territorio, i vini e le aziende. Siamo sulla buona strada”, commenta Mauro Carosso, Presidente Ais Piemonte e Responsabile della didattica nazionale.
Il terroir
Un paesaggio collinare e la vetta del Monte Rosa: con i suoi 4.637 metri di quota è il secondo monte più alto d’Europa. La montagna crea una barriera naturale ai venti che freddi che provengono dal Nord Europa, e le vallate alpine, grazie alla presenza di ghiacciai perenni, danno adeguata ventilazione, temperature nella media più fresche e forti escursioni termiche in grado di amplificare il profilo aromatico dei vini. Dal punto di vista geologico l’Alto Piemonte è una zona ricchissima di varietà, come testimoniano i colori dei terreni e delle rocce. Le morene, le sabbie e i porfidi conferiscono un’elevata acidità al sottosuolo, da cui affiorano sedimenti di colori diversi: Bramaterra è caratterizzata da blocchi di porfido e da depositi marini; Boca è invece caratterizzato da porfidi di colore rosa acceso, molto friabili e polverizzabili. Ghemme, Fara e Sizzano presentano terreni ghiaiosi o poco compatti, ricchi di ferro e magnesio; la Denominazione Costa della Sesia si distingue per la presenza di sedimenti marini adagiati su fondi alluvionali o su fondi porfirici, dove si trovano pietre di origine vulcanica. Nella Denominazione Valli Ossolane troviamo invece morene con una ampia varietà di suoli, graniti e sabbie. “Il terroir oggettivamente riveste il ruolo principale più importante. Non è una condizione che puoi creare e non si sono ancora viste situazioni in cui sono riusciti a replicarlo. Abbiamo un clima fresco con escursioni termiche più importanti rispetto ad altre zone; disponiamo inoltre di una grossa differenziazione tra i suoli, dove la componente vulcanica e la base acida danno una freschezza incredibile. I nostri produttori, sia nelle produzioni più semplici sia in quelle più importanti, lavorano su suolo vulcanico”, precisa Lorella Zoppis Antoniolo, Vicepresidente del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte e produttrice a sua volta.
I vitigni
Varietà anche nei vitigni, tra i quali il nebbiolo è sicuramente il protagonista assoluto, allevato in Alto Piemonte da secoli. Qui viene chiamato spanna, soprattutto nelle provincie di Biella e Vercelli, ma anche localmente viene prende il nome di prunet o picutender. I cloni presenti nei vigneti sono analoghi a quelli del Sud Piemonte, ma una importante selezione massale ha preservato nel tempo un patrimonio genetico profondamente identitario e legato a questi luoghi. La vespolina è un vitigno autoctono le cui origini risalgono al 1700. Il nome è legato al fatto che le vespe sembrano gradire gli acini dolci di quest’uva. La sua produzione in passato era molto più estesa, ma è diminuita a seguito della fillossera. Al nebbiolo in uvaggio regala colore, speziature preziose e intensità floreale. Conferisce una bella nota pepata, legata alla molecola del rotundone, che presenta una concentrazione molto elevata nella vespolina. L’uva rara è considerata un’ottima varietà da tavola in forza della sua dolcezza e dell’acidità contenuta. Viene impiegata in particolare negli uvaggi per conferire intensità cromatica, tannini e un retrogusto amarognolo. La croatina trova nel Bramaterra DOC la dimensione per esprimere il meglio di sé: regala aromi fruttati, un buon apporto polifenolico e una vivacità tannica nei diversi blend in cui è impiegata. Ed infine l’erbaluce, il vitigno a bacca bianca più diffuso in Alto Piemonte. Vitigno delicato e, al tempo stesso, caparbio, nativo e molto versatile nelle diverse vinificazioni, dalla spumantizzazione all’appassimento.
I produttori
“Circa 140 azienda associate. All’interno di questo numero ci sono anche i viticoltori puri, che non vinificano ma producono e rivendono le uve o alla singola azienda privata o alle due microcantine sociali del territorio. Tra i nostri associati ci sono circa novantacinque aziende a filiera completa e, oltre a queste, ci sono altre aziende ancora non associate, soprattutto nella zona del Colline Novaresi, e piccole rappresentanze nelle altre”, prosegue Lorella Zoppis Antoniolo.
Il Mercato
Tutte le aziende più o meno esportano: la percentuale media è di oltre il 50%. USA, Asia e Canada, con un buon inserimento anche in Brasile, oltre alle quote nei Paesi europei, in particolare Germania, Regno Unito e Svizzera. Sta crescendo da qualche anno anche il mercato domestico. “Nel secolo scorso, l’Alto Piemonte era la zona più produttiva di tutto il Piemonte. La nostra superficie all’epoca rappresentava quello che ora è quasi la totalità del Piemonte. Sembra incredibile, qui c’erano viti ovunquw. Circa 40.000 ettari solo in Nord Piemonte. Ora la Vigna Piemonte è intorno ai 50.000 ettari e quindi il nostro territorio rappresentava in passato una quota importante, al punto che quasi l’intera produzione piemontese veniva realizzata qua. Poi situazioni contingenti come la fillossera, l’abbandono progressivo delle campagne e l’industrializzazione del dopoguerra hanno comportato la contrazione della nostra produzione e la crescita della Langa”, racconta sempre Lorella Zoppis Antoniolo.
I vini
“I vini piacciono perché c’è grandissima varietà in questo territorio. Un territorio piccolo, con tante denominazioni che incuriosiscono il degustatore: tanto del successo dell’Alto Piemonte di questi anni lo si deve alla varietà del territorio oltre al nebbiolo che, alla fine, fa da traino perché è uno dei vitigni del momento. L’Alto Piemonte esprime un ‘altro’ Piemonte, un vero caleidoscopio di zone, di terreni, di persone e di culture diverse, che sono la vera chiave del successo. Nel calice troviamo prima di tutto tanta freschezza e sapidità, ma anche profondità olfattiva con, frutto, spezie, erbe. Una complessità in tantissimi vini e nelle numerose denominazioni che, alla fine, è ciò che riesce a dare il meglio in degustazione”: cosi racconta Luca Giordana, apprezzatissimo Relatore AIS che ha tenuto durante la manifestazione la Masterclass ‘Excursus in Alto Piemonte‘ con Guido Invernizzi, altro importante Relatore Ais, nativo peraltro di Novara. “Tutti i nostri vini hanno un’impronta spiccata e differente, seppur vicini e limitrofi. In un momento in cui il consumatore informato è alla ricerca di prodotti identitari ed evocativi dei luoghi, noi abbiamo qualcosa di importante da offrire”, prosegue Lorella Zoppis. Questa la testimonianza di Silvia Barbaglia dell’azienda che porta il suo nome, di Cavallirio, nel Boca: “Questi vini piacciono perché la freschezza, la sapidità, la mineralità di questi territori si percepiscono nel calice. Sono vini che riescono a parlare da soli del territorio dove nascono. Il Boca Doc è una zona meravigliosa all’interno della caldera di un vulcano che ha 280 milioni di anni e che regala caratteristiche uniche ai vini”. Daniela Drago è delegata di AIS Biella e lavora presso la cantina Tenute Sella: “I vini Lessona piacciono per la loro scorrevolezza di beva: hanno una bellissima freschezza di base, una particolare sapidità che invoglia il sorso e sono ideali nell’abbinamento a tavola: sono vini molto gastronomici, funzionano e piacciono”.
Le degustazioni in sintesi
Tra le tante referenze, la selezione degustata:
Colline Novaresi Doc Bianco Costa di Sera dei Tabacchei Rinaldi Riccardo 2023
Erbaluce in purezza, solo acciaio per un naso delicato e con un bouquet floreale intenso e di grande sapidità: erbe aromatiche, timo, toni agrumati in un sorso pieno, vibrante e di grande piacevolezza.
Colline Novaresi Doc Nebbiolo Opera 32 La Cappuccina 2019
Uve nebbiolo 100%, vinificato in acciaio e affinato per 15 mesi in botte di rovere di Slavonia, seguiti da 12 mesi in bottiglia. Noti di elicriso, sbuffi mentolati e sensazioni floreali di viola e iris blu. Trama di grande vivacità, elegantissimo nel colore filigranato. Finale piacevolmente ammandorlato.
Coste della Sesia DOC Nebbiolo Vallelunga 2021 Fabio Zambolin 2021
Nebbiolo in purezza vinificato in acciaio e affinato per il 50% in acciaio e il 50% in barrique di terzo passaggio, per un periodo complessivo di 12 mesi. Al naso petali di rosa e croccantezza di frutti rossi, con ribes, fragolina di bosco e gelée di lampone. Il legno non copre il varietale, con una bocca quasi borotalcata e con un finale sapido e molto fresco.
Coste della Sesia DOC Nebbiolo Il Castellengo Centovigne 2015
Anche in questo caso nebbiolo in purezza, vinificato in acciaio e affinato per 42 mesi in botti di rovere. Le sensazioni al naso sono più profonde e vanno dalla corteccia al pellame, dalla liquirizia scura al sandalo, con un finale di sbuffi incensati. Il sorso è caratterizzato da acidità e da tannini, che conferiscono al calice grande gioventù.
Boca Doc Boca Silvia Barbaglia 2020
Uve 80% nebbiolo, 20% vespolina, vinificate in acciaio, con affinamento di 30 mesi in botti di rovere. Bellissima luminosità cromatica, testimonianza di un vino sano, dal naso più austero rispetto ai precedenti, con note di pietra focaia, iodate, tipiche dei suoli ricchi di ferro. Il concetto di sapidità è molto presente, con una nota minerale e polverosa che rappresenta la linea conduttrice in degustazione. Qui i terreni hanno un ph inferiore a volte a quelli dell’aceto, e la freschezza è particolarmente distintiva. I tannini sono soffici e mai aggressivi, perfettamente valorizzati da una chiusura che ricorda l’arancia sanguinella, il timo e i fiori di zagara. Il pepe nero sul finale regala sprint e agilità al vino.
Bramaterra DOC Bramaterra Antoniotti Odilio 2020
I vitigni impiegati sono nebbiolo per il 70%, croatina per il 20%, vespolina 7% e uva rara a 3%. Florealità iniziale (viola e rosa canina), con evidenze di cannella, alloro secco e tabacco, con un finale salino e generoso, ben definito sul frutto.
Gattinara DOCG Gattinara Franchino di Raviciotti Alberto
Nebbiolo in purezza, vinificato in cemento e affinato per 10 mesi in cemento e 26 in botti di rovere. Al naso sensazioni di erbe aromatiche molto evidenti, di timo e di rosmarino, con ricordi di frutta in confettura, richiami ferrosi e terrosi. Il sorso è pieno, potente, slanciato da una acidità netta, accompagnata da una piacevole rotondità.
Gattinara Riserva DOCG San Francesco Antoniolo 2019
Uve nebbiolo 100%, vinificate in vasche di cemento. L’affinamento prevede 18 mesi in tonneaux seguiti da altri 18 in botte da 30 ettolitri e 12 mesi in bottiglia. Il manto è filigranato, le tonalità sono delicate ma molto vive. Nessun impatto invadente dal legno, ma sensazioni di frutta sotto spirito, sbuffi di cacao, ginepro, resina, ferro e cuoio, con un finale mentolato e con rimandi alla pietra focaia. La complessità è importante e la bocca è gentile, con un tannino incredibilmente delicato che dà volume e struttura, mai astringenza né sensazioni amaricanti.
Gemme DOCG Chioso dei Pomi Rovellotti Viticoltori in Ghemme 2016
Nebbiolo 85% a cui si unisce la vespolina per il 15%. La vinificazione è in acciaio e l’affinamento è di 36 mesi in botti grandi di rovere svizzero dello Jura, seguiti da nove mesi in bottiglia. Il naso è profondo e vira rapidamente verso sensazioni di radice di rabarbaro e di anice, di erbe officinali secche, con una buona balsamicità di base. Il lampone regala freschezza, l’eleganza arriva da un corredo speziato importante, in cui la cannella è protagonista. Il legno non è usato con finalità estrattive, ma micro-ossigenative, per un finale al palato piacevolmente setoso.
Lessona DOC San Sebastiano allo Zoppo Tenute Sella 2016
Da questo cru di Lessona nasce il vino da uve nebbiolo al 90% e vespolina 10%. La vinificazione è in acciaio e l’affinamento prevede 48 mesi in botte di rovere. Il naso è caratterizzato da eleganti note speziate con rimandi balsamici e floreali alla viola, ciliegia e pesca matura di vigna, per una bocca setosa e dalla limitata tannicità: uno sfondo sapido è il vero protagonista del vino, con un finale elegante e avvolgente, con una nota da aghi di pino e una grande proporzione di bocca.
Il nostro viaggio in Alto Piemonte termina qui: da un lato la diversità e dall’altro il desiderio di valorizzare i territori sono le chiavi vincenti di questi vini, finalmente sul palcoscenico delle grandi produzioni del nostro Paese.